Accade nelle Marche ma può accadere ovunque

«Non è una comunità, ma un istituto», aveva denunciato il CAT (Comitato Associazioni Tutela) delle Marche, riferendosi ad una struttura di Loreto. E non era questa l'unica critica mossa ai recenti provvedimenti regionali volti a sanare le discriminazioni esistenti tra le comunità che ospitano persone con disabilità. Diamo ben volentieri spazio alla risposta del Comune di Loreto e alla successiva replica dello stesso Comitato marchigiano

Una comunità per persone con disabilitàNon è passato indenne il testo elaborato dal CAT delle Marche (Comitato Associazioni Tutela), a firma di Fabio Ragaini, ripreso qualche giorno fa anche dal nostro sito, nel quale venivano criticati in modo ampio e argomentato una serie di passaggi della Delibera Regionale n. 1168 del 16 ottobre 2006 (Criteri di compartecipazione alla spesa, tra gli enti e soggetti interessati, per la gestione di Comunità socio-educative-riabilitative residenziali per disabili gravi ad integrazione precedente deliberazione n. 406 del 10.4.2006 ed integrazione della medesima deliberazione n. 406/06), provvedimento volto a sanare le discriminazioni esistenti nelle Marche tra le comunità che ospitano persone con disabilità.

In particolare ha lasciato il segno quanto dichiarato dal CAT sull’inserimento dell’Istituto Divina Provvidenza di Loreto tra le CoSER (Comunità Socio-Educative-Riabilitative), con conseguente acquisizione del contributo regionale.
A tale questione avevamo dedicato in precedenza un altro spazio, ma vale la pena di riprendere per chiarezza alcuni passaggi del testo prodotto dal Comitato marchigiano: «L’assimilazione dell’Istituto Divina Provvidenza di Loreto tra le CoSER, con acquisizione del contributo regionale, è un grave errore per varie ragioni. Innanzitutto non siamo in presenza di una CoSER […] perché: 1) è una struttura di 52 persone; 2) non ha nulla in comune con il modello di comunità disegnato dal Regolamento 1/2004; 3) ospita utenti diversi da quelli di una CoSER; 4) gli operatori sono per la maggioranza suore dell’Istituto (ciò determina il così basso costo retta); 5) ha una gestione del tutto privata nel rapporto con gli enti. Per qualcuno paga l’ASUR [Azienda Sanitaria Unica Regionale, N.d.R.], per qualcuno paga il Comune, per qualcuno pagano entrambi, per qualcuno, infine, solo l’utente. Infine, rispetto al finanziamento delle altre CoSER, il contributo regionale (21 euro per utente) in questo caso non va a ridurre le rette degli enti (come nelle altre), ma è aggiuntivo alla retta praticata».

Fin qui il CAT, alle cui argomentazioni non ha tardato ad arrivare una risposta da parte del sindaco e dell’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Loreto, rispettivamente Moreno Pieroni e Francesco Baldoni.
Questi ultimi, dopo aver sottolineato «il giusto e doveroso riconoscimento del ruolo e del compito svolto dall’Istituto Divina Provvidenza di Loreto», si rivolgono direttamente al Comitato Associazioni Tutela nei seguenti termini:Il Santuario della Santa Casa di Loreto, simbolo della città marchigiana

«Forse il Comitato non sa che:
1. Istituti, o comunque Comunità (COSER o no non fa la differenza) come quello dell’Istituto Divina Provvidenza di Loreto e come tante altre hanno risolto problemi, le tensioni, le difficoltà e i drammi di tante persone e tante famiglie per più di mezzo secolo;
2. Forse il Comitato non pensa che attaccando il Welfare storico come l’Istituto Divina Provvidenza fa il gioco di una pseudo nuova imprenditoria sociale che nel modello “comunità a tutti i costi”  vede quelle sostanziose moltiplicazioni di costi (a carico della collettività) o delle occasioni di vero e ben pagato business come sta accadendo nel settore della Comunità per minori;
3. Se il problema fosse di territorialità della spesa, stia tranquillo il Comitato che la realtà stessa distribuisce bene questa spesa visto che le utenti provengono da tutte le provincie delle Marche e comunque se ciò fosse un problema, nessuna da Loreto;
4. Se il problema fosse che quello degli istituti (e non 5 Comunità Educative unite che fanno attività socio riabilitativa proprio come 5 COSER separate risparmiando pure soldi pubblici) sono gestiti da suore, con le suore e alla fine in qualche modo “per” le suore, stia tranquillo il Comitato che le suore sono dedite alla sola fase direttiva e alla sola accoglienza serale. Il resto è demandato a numeroso, preparato e professionalizzato personale laico, semplicemente come tutte le COSER (e ciò da decenni);
5. Se il problema fosse che Loreto rappresenta per storia, posizione e realtà da centinaia di anni un luogo e territorio dove, oltre che risposte dello spirito esistono risposte di problemi concreti e immani di tante persone e famiglie (strutture per disabili, figli di emigrati all’estero, orfani, ragazze madri, etc…) non si preoccupi il Comitato che la città intera, saprà difendere ciò che è stata da secoli la sua caratteristica: la solidarietà universale e in particolare la solidarietà verso gli ultimi».

Pure con grande rapidità è arrivata la replica del CAT e naturalmente diamo spazio anche ad essa [grassetti redazionali, N.d.R.]:

«Con un certo imbarazzo rispondiamo alla Vostra lettera. Per quanto riguarda i contenuti delle nostre note non possiamo che rimandarVi alla loro lettura chiedendovi la pazienza di leggere con attenzione.
Forse riuscireste a capire, voi che siete amministratori e non gestori di strutture, perché è un grave errore che venga inserita in una delibera che finanzia delle Comunità un Istituto (ma poteva essere qualsiasi altro) come quello della Divina Provvidenza. Una comunità e un Istituto, almeno l’assessore ai servizi sociali dovrebbe saperlo, sono due cose diverse.
Per quanto riguarda invece le Vostre considerazioni di politica sociale sul ruolo degli Istituti (aggiungendo ai diversi tipi di welfare anche quello storico), vi preghiamo di essere cauti; dovreste sapere cosa ha prodotto la logica istituzionale in Italia. Andate a chiedere come si viveva nel welfare storico? Negli orfanotrofi,  nei manicomi, nei grandi istituti per persone disabili. Luoghi che hanno prodotto grande sofferenza nelle persone; che hanno segnato la vita di molti che vi hanno risieduto.
Il superamento della logica istituzionale, seppur con grande lentezza, ha accompagnato la legislazione italiana di questi anni; anche la nostra Regione ha lavorato in questo senso; un lavoro che deve continuare, come abbiamo cercato di motivare, senza confusioni.
Questo è quello che interessa le associazioni che aderiscono a questo Comitato. Non altro. Non serve richiamare il lobbismo della nuova imprenditoria sociale, né pregiudizi di tipo religioso.
Non dimenticate che questo Comitato è costituito per la gran parte di associazioni di familiari di persone in difficoltà. Sanno bene in quali luoghi vorrebbero che i loro figli risiedessero, quando non potranno più vivere nella loro casa. Vogliono luoghi che siano il più possibile simili a quelli in cui hanno abitato i loro figli; di piccole dimensioni e inserite nei normali contesti abitativi. Luoghi il più possibile normali. Questo è quello che chiedono e che chiediamo. Avreste dovuto capirlo.
Da parte di amministratori ci saremmo aspettati altri argomenti, è un peccato che non vi appartengano; state tranquilli non siete sotto assedio.
Alla Regione Marche che legge per conoscenza rinnoviamo la richiesta di modifica della delibera. Per un solo motivo: essa finanzia le comunità, non gli Istituti».

A questo punto, certi di trovarci di fronte ad una situazione che non riguarda “solo” le Marche, ma che altresì investe – per lo meno da un punto di vista culturale – gli stessi fondamenti delle poltiche sociali pubbliche, lasciamo ai lettori la facoltà di formarsi un giudizio sulla vicenda, della quale riteniamo di aver fornito molti elementi, tra testi originali e opinioni.
Come aggiornamento dell’ultima ora segnaliamo anche che nella prossima settimana vi sarà una visita all’Istituto di Loreto, da parte di alcuni esponenti della Regione Marche.
Naturalmente non possiamo esimerci, in conclusione, dal dichiarare il nostro incondizionato accordo con l’affermazione del CAT, rispetto alla necessità di superare comunque e dovunque la logica istituzionale, la si chiami welfare storico o in qualunque altro modo.
(Stefano Borgato)

Del Comitato Associazioni di Tutela (CAT) delle Marche fanno parte:
AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) Regionale
Alzheimer Marche
ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali) Jesi
ANGLAT (Associazione Nazionale Guida Legislazione hAndicappati Trasporti) Marche
ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) Marche
Associazione Free Woman
Associazione La Crisalide
Associazione La Meridiana
Associazione Libera Mente
Associazione Paraplegici Marche
– Centro H
Gruppo Solidarietà
Tribunale della Salute Ancona
UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) Ancona
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