Alcune persone con disabilità hanno redatto e consegnato al Papa un documento, in vista del prossimo Sinodo della Chiesa Cattolica. Si tratta dell’esito di un’iniziativa del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Santa Sede che, nello scorso mese di maggio, ha organizzato una Sessione di ascolto sinodale dedicata al tema della relazione tra persone con disabilità, fede cristiana e Chiesa Cattolica.
Il documento, intitolato La Chiesa è la nostra casa (disponibile a questo link), è il frutto di un’ampia consultazione che ha coinvolto decine di persone dai cinque continenti in rappresentanza di Conferenze Episcopali e di Associazioni Internazionali. In esso vengono affrontate alcune criticità e proposte alcune prospettive in merito alla piena inclusione dei fedeli con disabilità nella vita della Chiesa.
È la prima volta che un testo di questo tipo – frutto dei contributi offerti in prima persona da donne e uomini con disabilità – giunge al Sinodo. Esso è introdotto dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Santa Sede, che lo colloca nell’àmbito delle iniziative portate avanti da alcuni anni in questo quadro e che individua nella riscoperta della comune vocazione battesimale il presupposto di ogni rinnovamento.
Sin l’affermazione contenuta nel titolo del documento – La Chiesa è la nostra casa – è importante, se proposta da parte di rappresentanti di persone con disabilità provenienti da diverse parti del mondo, perché pur con tutte le differenze, legate alla storia e alla cultura dei diversi Paesi, essa deve ancora oggi essere ribadita, in quanto, evidentemente, non può essere ancora data per scontata.
Il documento ripercorre infatti – velocemente – lo stato dei rapporti tra Chiesa e disabilità, oggetto in questi ultimi anni di diverse riflessioni e confronto fuori e dento la Chiesa stessa, tra cui il saggio Noi, non loro (“Us” not “Them”: Disability and Catholic Theology and Social Teaching) di Justin Glyn [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Il primo paragrafo si intitola Esistiamo, anche questa, con tutta evidenza, un’affermazione necessaria. Il contesto è quindi quello di un rapporto difficile che nasce dalla constatazione che le persone con disabilità risultano ancora invisibili e irrilevanti nella vita quotidiana di molte realtà che compongono oggi la Chiesa Cattolica. Un ruolo marginale dove, seppure sottotraccia, rimangono vivi gli stereotipi e i pregiudizi che confinano i cristiani con disabilità o nel ruolo di “peccatori” o – più spesso – di “esseri angelicati”: in questi casi, risulta ancora difficile considerare le persone con disabilità semplicemente come persone, credenti o meno, con i loro dubbi e convinzioni e con la stessa dignità e responsabilità degli altri. Anche per questo, permangono in molti interventi sociali promossi da enti legati alla Chiesa, approcci di carattere assistenzialista che generano situazioni dove «la volontà della persona è raramente presa in considerazione».
Ma – e questo emerge con forza dalla lettura del documento – qualcosa si sta muovendo, da tempo, in diversi luoghi e in diversi modi. E non si tratta solo di una diversa considerazione che le persone con disabilità chiedono oggi alla Chiesa come al resto della società. Quello che viene chiesto e proposto è un cambio di mentalità e di visione complessiva, anche della vita di fede di chi si considera “normale” e che, ancora oggi, ritiene le sue buone capacità mentali, fisiche e sensoriali come fondamentali per il proprio cammino, anche di fede.
La proposta insita nel documento La Chiesa è la nostra casa è radicalmente diversa e insiste sull’uguale valore e sull’uguale dignità e appartenenza all’umanità e al popolo di Dio di tutte le persone, con e senza disabilità. Un’affermazione oggi sempre più condivisa, ma che trova un’applicazione ancora problematica, permanendo ancora – incredibilmente – difficoltà di accesso ai Sacramenti e – ancora di più – limiti e barriere nella partecipazione attiva, anche con ruoli di responsabilità, nella vita delle diverse comunità cristiane.
Significativo è il fatto che il testo individui come barriera fondamentale, ancora lontana dall’essere abbattuta, l’associazione tra disabilità e sofferenza: «Noi siamo considerati una croce per le famiglie», anche se «la nostra esperienza ecclesiale è molto spesso contrassegnata dalla gioia».
La speranza è che la Chiesa Cattolica sappia fare proprie le riflessioni e le indicazioni espresse da questo gruppo di cristiani e così bene presentate nel documento.
La LEDHA è la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Ricordiamo ancora il link al quale è disponibile il documento La Chiesa è la nostra casa. Tra coloro che hanno partecipato alla consultazione precedente all’elaborazione del documento stesso, persone provenienti da tutto il mondo, in rappresentanza di Conferenze Episcopali e Associazioni Internazionali, da segnalare anche, in rappresentanza della FISH, Nunzia Coppedé, presidente della FISH Calabria.
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