Il fine di ogni servizio deve rimanere l’utente

di Michele Costa*
Una recente vicenda giudiziaria in provincia di Lucca, riguardante l'interruzione del servizio di trasporto ad una persona con disabilità, consente di riflettere su alcuni problemi non ancora risolti dalle leggi, in ambito di diritto alla cura e alla riabilitazione, tramite una presa in carico globale, efficace e coordinata

Persona in carrozzina vista di spalleVi è una recente vicenda, avvenuta nel territorio della Provincia di Lucca, che consente di trarre interessanti spunti di riflessione circa la sussistenza e l’esigibilità dei diritti delle persone con disabilità.
Capita infatti troppo spesso che determinati servizi non siano erogati a causa di incomprensioni – ovvero carenza di comunicazione – tra gli enti pubblici attori nella realizzazione del diritto alla cura e alla riabilitazione. A tal proposito, vale la pena ricordare che il sistema integrato di interventi e prestazioni istituito dalla Legge 328/2000 pone a monte proprio l’esigenza di un efficace coordinamento tra gli enti erogatori, le cui prestazioni si devono integrare per garantire una presa in carico globale ed efficace.
Spesso, invece, i ritardi nell’erogazione dei servizi possono determinare il rischio di vedere vanificati gli obiettivi della presa in carico e ciò vale soprattutto di fronte alla disabilità, dove il fattore temporale è fondamentale, dove non bisogna perdere tempo se si vogliono ottenere effettivi risultati di recupero fisico, mentale e sociale. La proliferazione dei ricorsi riferiti all’articolo 700 del Codice di Procedura Civile, in materia di tutela dei diritti delle persone con disabilità, è sicuramente una prova dei patologici ritardi della risposta assistenziale alle esigenze dell’individuo.
Applicazioni della tutela d’urgenza, peraltro, si riscontrano in molti settori che coinvolgono la disabilità: scuola, lavoro, servizi, cura e riabilitazione, a dimostrazione di un bisogno di tutela sempre più diffuso.
Anche la vicenda di cui parleremo qui nasce, dal punto di vista giudiziario, con un ricorso riferito al citato articolo 700 del Codice di Procedura Civile, proposto dai genitori di una minore disabile contro Azienda USL e Comune e nasce per tutelare un diritto peculiare, quello al trasporto verso centri terapeutici e riabilitativi.

La vicenda
Nel caso in esame, dunque, l’ASL 12 di Viareggio, per un certo periodo, aveva provveduto al trasporto della minore presso la struttura convenzionata in cui stava effettuando un ciclo terapeutico riabilitativo.
Successivamente il servizio era stato interrotto, asserendo l’azienda che il trasporto verso il centro di riabilitazione doveva essere inquadrato come trasporto sociale e quindi rientrare nella competenza del Comune di Viareggio.
Malgrado l’interruzione del servizio da parte dell’ASL, il Comune non era però subentrato nell’erogazione, determinando l’interruzione del ciclo terapeutico. Donde la vicenda giudiziaria, con i genitori che hanno richiesto e ottenuto un provvedimento d’urgenza ex articolo 700 del Codice di procedura Civile, per il ripristino del trasporto.
Contro il provvedimento l’Azienda ha presentato reclamo, ma inutilmente, poiché anche il tribunale, in sede collegiale (Tribunale di Lucca, 5 ottobre 2007), ha confermato la sussistenza e l’esigibilità del diritto in questione.

I punti in discussione
L’ASL ha basato le proprie argomentazioni sulla differenza fra trasporto sanitario e trasporto sociale: trattandosi nel caso in questione di trasporto sociale, il servizio doveva essere erogato dal Comune e quindi lo ha interrotto.
A questo punto, però, ci dobbiamo chiedere se in relazione all’handicap, che ai sensi di legge è stato definito anche in termini di “svantaggio sociale”, risulti possibile e plausibile operare una distinzione netta tra prestazioni sanitarie e sociali. E ci dobbiamo anche chiedere se il riconoscimento della titolarità di determinati servizi in capo ad un ente, possa legittimare quello che ne è di fatto l’erogatore ad interromperli, determinando vuoti assistenziali e vacanze della presa in carico, ovvero se sia più conforme alla legge continuare nell’erogazione del servizio ed eventualmente agire in regresso contro chi, pur essendone formalmente titolare, non abbia ancora provveduto a farlo.
Pulmino per trasporto di persone con disabilitàPossiamo rispondere alle seguenti domande, facendo riferimento all’iter logico argomentativo seguito dal Tribunale di Lucca nel dare la propria soluzione al caso in esame.

Riguardo al primo aspetto è indubbio come in relazione all’handicap la presa in carico del soggetto debba avvenire attraverso un assetto integrato delle prestazioni e dei servizi. L’articolo 7 della Legge 104/1992 ha esplicitato infatti, con formula chiara e inconfutabile, come «la cura e la riabilitazione della persona handicappata» debbano realizzarsi attraverso «programmi che prevedono prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro», formula, questa, che indica il fisiologico e naturale sovrapporsi e integrarsi, di fronte all’handicap, del piano sanitario e di quello sociale.
Proprio in questi termini, per altro, si è espresso anche il Tribunale di Lucca, affermando che, nella fattispecie, il trasporto della minore non poteva essere disgiunto dalla prestazione sanitaria, poiché ad essa «servente ed accessorio», definendo l’interruzione del servizio come lesiva del diritto alla salute della minore stessa.
Circa poi la ripartizione delle competenza tra ASL e Comune in materia di trasporti sanitari e sociali, il Tribunale, pur riconoscendo la natura sociale del trasporto in questione e quindi la competenza del Comune per la sua erogazione, ha escluso che ciò potesse legittimarne l’interruzione da parte dell’ASL, la quale avrebbe dovuto continuare a garantire il trasporto finché il Comune non fosse subentrato.
In tal senso si può definire fuori da ogni logica che i problemi di organizzazione di un determinato servizio ricadano sugli assistiti. La continuità delle prestazioni è infatti imprescindibile quando in gioco vi è la salute della persona, assunto accolto pienamente dal Tribunale, che ha imposto all’ASL di continuare il trasporto fino alla presa in carico dell’obbligo da parte dell’ente comunale.

Uno “strappo” al sistema integrato
Sicuramente nella vicenda in esame si è verificato uno “strappo” del tanto decantato “sistema integrato”, strappo ricucito grazie all’intervento del giudice. La materia dei trasporti, per altro, è sempre stata una delle più delicate e confuse, incline a determinare conflitti di competenza tra enti.
Donna in carrozzina. ParticolareCiò che risalta dalla vicenda proposta è però il dato fondamentale che la corretta ed efficace presa in carico dell’utente, e quindi la continuità terapeutico-riabilitativa, non devono risentire delle eventuali problematiche di qualificazione tipologica dei servizi e delle prestazioni socio-sanitarie. Il fine di ogni servizio è e rimane l’utente, il bisogno principale – come in questo caso il ciclo riabilitativo – attrae nella sua orbita anche i bisogni secondari, accessori, che ugualmente, e potremmo anche dire contemporaneamente, devono essere soddisfatti.
La legge sul sistema integrato non ha forse ridefinito il contenuto delle prestazioni? Non ha forse fondato una nuova logica della presa in carico? Sembra proprio di sì, ma forse l’innovazione culturale che ne è derivata non è stata ancora elaborata, meditata, assorbita, poiché essa determina un approccio operativo diverso da quello del passato, se vogliamo molto più faticoso, sicuramente più efficace.
L’auspicio, in conclusione, è che i precetti della Legge 328/2000 – che poi in relazione alla Regione Toscana si ritrovano nella Legge Regionale 41/2005 – abbiano una corretta attuazione non solo a valle, nelle aule di giustizia, ma soprattutto a monte, nei servizi, affinché lo “Stato Sociale” non rimanga solo un miraggio.

*Informarecomunicando – Servizio di Informazione per la Disabilità – UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) Sezione di Pisa.

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