Il notevole aumento della spesa per le prestazioni d’invalidità civile è, da giorni, al centro dell’attenzione mediatica. La maggior parte dei commenti ne ha attribuito la responsabilità al proliferare dei falsi invalidi e ha individuato nei controlli straordinari che l’INPS sta realizzando la strategia su cui puntare. Sicuri sia la scelta giusta?
Che cosa sono le prestazioni d’invalidità civile
Sono trasferimenti monetari assegnati a persone con invalidità per sostenere i costi dovuti alla loro condizione, trasferimenti non legati a precedenti attività lavorative. Il quadro, piuttosto complicato, è riconducibile a due misure principali:
– la pensione d’invalidità: erogata a disabili con reddito inferiore a una certa soglia [si leggano nel nostro sito, cliccando qui, le varie quote di pensioni e indennità relative al 2010, N.d.R.]. Serve a compensare i redditi che l’impossibilità (totale o parziale) di lavorare impedisce di guadagnare e ammonta a 257 euro mensili [256,67, N.d.R.]. La ricevono persone entro i 65 anni, con disabilità dalla nascita o che hanno avuto un incidente (ad esempio automobilistico) o una malattia in giovane età;
– l’indennità di accompagnamento: fornita alle persone con il livello più elevato d’invalidità, che autonomamente non sono in grado di deambulare o di svolgere gli atti quotidiani della vita. È indipendente dalle loro condizioni economiche e dall’età; è pari a 480 euro mensili [480,87, N.d.R.] e serve a sostenere le spese aggiuntive dovute alla non autosufficienza. Chi ha la pensione e vive la disabilità più grave riceve anche l’indennità di accompagnamento. La grande maggioranza degli utenti (3 su 4) è anziana, prevalentemente oltre i 75 anni, e la utilizza per remunerare la badante.
La crescita della spesa
La prima tabella in calce pubblicata illustra l’incremento della spesa globale per prestazioni di invalidità civile nel tempo. Tra il 2002 e il 2009 è aumentata del 47%, cioè di oltre 5 miliardi di euro. È arrivata così – nel 2009 – a 16 miliardi, pari a poco più di 1 punto del PIL. Il decennio appena terminato, dunque, ha visto la spesa impennarsi.
Dov’è la crescita
Alcune elaborazioni che l’INPS ha gentilmente realizzato per «Il Sole 24 Ore» permettono di guardare dentro a questo fenomeno.
L’incremento complessivo del periodo 2002-2009 si divide tra 484 milioni per le pensioni d’invalidità e 4.605 milioni per l’indennità di accompagnamento (si veda la seconda tabella qui in calce). Il punto, dunque, è che la crescita dell’indennità di accompagnamento risulta nove volte superiore a quella della spesa per le pensioni d’invalidità (si veda la terza tabella qui in calce).
Perché è aumentata la spesa per l’indennità di accompagnamento
Diversi fattori spiegano la sua espansione. Primo, l’indennità è l’unica misura nazionale stabile a sostegno dei costi economici causati agli anziani dalla non autosufficienza. L’invecchiamento della popolazione porta con sé un ampliamento dell’utenza: tra il 2002 e il 2009 le persone con almeno 75 anni in Italia sono aumentate del 23%.
Secondo, in passato la misura era meno conosciuta dalla popolazione e a molti pareva impossibile che la non autosufficienza comportasse il diritto a un sostegno economico indipendente dal reddito (si pensava che i diritti si limitassero alla sanità). Nell’ultimo decennio sono aumentate sia l’informazione in proposito sia la consapevolezza dei propri diritti da parte di anziani e famiglie.
Terzo, l’accertamento dei requisiti per ricevere l’indennità è basato su criteri generici e non standardizzati. Agli operatori che, nei territori, devono decidere se una persona può ottenerla non è fornito alcuno strumento tecnico di valutazione della non autosufficienza da impiegare su scala nazionale né è indicata una soglia precisa di bisogno per accedere alla misura. Se a ciò si aggiungono alcune debolezze procedurali che incentivano l’incremento delle prestazioni concesse, si comprende come sia facilmente possibile assegnare l’indennità anche a chi non ne avrebbe necessità.
E qui s’innesta il problema dei falsi invalidi e si spiega perché la percentuale di utenti sia maggiore nelle aree meno sviluppate del Paese, dove l’indennità viene non di rado impiegata non come intervento a favore delle persone con disabilità, bensì come sostegno a famiglie in difficoltà economiche.
Qual è il problema?
La crescita della spesa, dunque, è dovuta sia all’evoluzione del contesto sia a criticità dell’accompagnamento. Queste ultime non sono che alcune tra le conseguenze del nodo di fondo decisivo: il persistere di una sua mancata revisione. Nata nel 1980, infatti, la misura non è mai stata modificata affinché potesse meglio rispondere ai bisogni della popolazione.
In questo quadro, aumento della spesa e ridotta qualità dell’intervento sono andati di pari passo, mentre uno sguardo a prestazioni simili in uso negli altri Paesi indica le aree su cui bisognerebbe intervenire. Una, già discussa, riguarda l’introduzione di criteri standardizzati e precisi che determinino chiaramente chi può ricevere l’indennità e chi no.
Bisognerebbe anche variare l’importo in base al grado di bisogno, cosicché coloro i quali hanno un livello maggiore di non autosufficienza ottengano più risorse rispetto a oggi. Attualmente, infatti, per le situazioni più gravi l’indennità è inadeguata.
Inoltre, si dovrebbe offrire a utenti e famiglie non esclusivamente un trasferimento economico, ma anche informazioni, suggerimenti e indicazioni riguardanti cosa fare e a chi rivolgersi. Le ricerche concordano nell’indicare il loro desiderio di non essere lasciati soli con l’indennità nell’affrontare la non autosufficienza. A tal fine si potrebbero coinvolgere gli operatori del welfare di Comuni e Regioni.
Bisognerebbe, infine, introdurre verifiche sull’utilizzo della misura. Il suo obiettivo è sostenere i costi dell’assistenza, ma oggi – non essendovi alcuna verifica – le risorse possono essere tranquillamente impiegate per retribuire la badante in modo irregolare, così come per finalità lontane da quelle dichiarate.
Il problema vero, pertanto, non è la crescita della spesa bensì la bassa qualità della prestazione. Alle politiche per le persone non autosufficienti (disabili adulti e anziani) in Italia sono dedicati assai meno stanziamenti pubblici rispetto al resto d’Europa. I cambiamenti menzionati dovrebbero collocarsi nella prospettiva di sviluppo del settore, rafforzando l’indennità e incrementando l’esigua offerta di servizi alla persona di Comuni e Regioni. Senza dimenticare che anche se le nuove modalità di accertamento suggerite permettessero di ridurre il numero di utenti inappropriati, le risorse così risparmiate costituirebbero solo una piccola parte di quelle addizionali necessarie.
Servono i controlli straordinari?
L’INPS ha attivato lo scorso anno un piano straordinario di verifica per tutte le invalidità civili, teso a scovare i falsi invalidi. I 200.000 controlli effettuati sinora hanno portato a una revoca della prestazione nel 15% dei casi.
Se accadrà come in passato, però, i numerosi ricorsi delle persone coinvolte faranno ridurre questa percentuale. Nell’accompagnamento la vaghezza dei criteri per assegnarlo rende a sua volta indeterminata la definizione di “falso invalido” e, quindi, espone facilmente a contestazioni.
I controlli non servono perché puntano ai sintomi di un sistema che non funziona (i falsi invalidi) e non alla sua origine (le caratteristiche stesse dell’indennità). Realizzare una campagna di controlli straordinari significa riconoscere che c’è un problema, ma poi intervenire esclusivamente sui suoi effetti, lasciando permanere le cause. Per altro è un’abitudine consolidata, pensando ad esempio al piano straordinario del Governo Prodi nel 1996-98.
L’enfasi sui falsi invalidi, nondimeno, trasmette un’immagine distorta all’opinione pubblica poiché sposta l’attenzione dal problema principale, cioè la debolezza degli interventi per i non autosufficienti in Italia.
Agire sui sintomi o agire sulle cause
I dati sulla crescita della spesa per le prestazioni d’invalidità civile indicano dunque la necessità di una riforma dell’indennità di accompagnamento finalizzata non a ridurre gli stanziamenti bensì a utilizzarli meglio e collocata in una prospettiva di sviluppo del settore, oggi finanziato in misura inadeguata.
Per migliorare la situazione, i controlli straordinari non servono, bisogna agire sulle cause. L’’INPS ha recentemente avviato un processo di modifica delle procedure, che potrebbe rappresentare un buon punto di partenza. Sarà il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, a decidere se rimarrà un’azione isolata o se costituirà il primo passo di una riforma.
Tabella 1. Spesa complessiva per le prestazioni di invalidità civile, in miliardi di euro
2002 2005 2009
– Spesa 10,911 12,927 16
– Crescita rispetto al 2002 – 18% 47%
Fonte: INPS
Tabella 2. Spesa per pensioni e per indennità, in miliardi di euro
2002 2005 2009 Incremento 2002-2009
– Spesa pensioni 3,314 3,462 3,798 0,484
– Spesa indennità di accompagnamento 7,596 9,465 12,201 4,605
– Totale spesa invalidità civile 10,911 12,927 16,000 5,089
Fonte: INPS
Tabella 3. Come si suddivide la crescita 2002-2009
2002
– Crescita totale invalidità civile 5.089 miliardi
Suddivisione percentuale
– Spesa indennità 90%
– Spesa pensioni 10%
Fonte: INPS
Nota: I dati nelle tre tabelle riguardano il totale della spesa pubblica per le prestazioni d’invalidità civile misurata dall’INPS. I dati sull’indennità di accompagnamento comprendono l’insieme delle diverse tipologie di prestazioni a essa riconducibili e lo stesso vale per i dati sulle pensioni. Per chiarezza, nel testo s’impiegano solo i termini pensione d’invalidità e indennità di accompagnamento, da intendersi come riassuntivi dei due insiemi. Per maggiori informazioni si veda il Rapporto Annuale INPS 2009.
*Testo pubblicato dal «Il Sole 24 Ore.com», con il titolo Cosa c’è dietro la crescita della spesa per l’invalidità e qui ripreso per gentile concessione.