«Mio figlio può cadere, non parla, ma comprende. Il parroco, temendo che venisse rovinata la cerimonia, voleva che mio figlio facesse la Comunione da solo, nel retro della chiesa. Mi sono opposto e sono andato in un’altra parrocchia»: a raccontarlo al «Messaggero» è stato il padre di un bimbo di 10 anni con disturbo dello spettro autistico, riferendosi a quanto accaduto a Silvi Marina (Teramo).
Era successo infatti che durante le prove della celebrazione, come ha raccontato la madre del bimbo, «mio figlio, forse per stanchezza, non era stato fermo al suo posto. Il parroco mi ha detto che così non andava bene e che era meglio fare una cerimonia separata». «Il bimbo disturbava e quindi non potevo mettere a rischio la celebrazione degli altri quaranta bambini – aveva infatti spiegato il parroco -, per questo avevo proposto una cerimonia separata». E tuttavia, a cinque chilometri di distanza, in un’altra chiesa, un altro parroco ha accolto la famiglia e in poche ore è stata organizzata la celebrazione.
«Il comportamento di quel parroco – ha dichiarato Claudio Ferrante , presidente dell’Associazione Carrozzine Determinate Abruzzo – ci lascia sconcertati. Non c’è nessun motivo per il quale quel bambino non potesse ricevere la comunione insieme agli altri».
«Quella del parroco – commenta dal canto suo Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – è una scelta che ci indigna e che offende tutte le persone con disabilità. Augurandoci quindi che vi sia un intervento da parte delle autorità ecclesiastiche, riteniamo che la Chiesa Cattolica, la Comunità Cristiana, non debba mai più avere paura di avvicinarsi e di tendere la mano a coloro che la società tende a escludere. La Chiesa non si può fare comunità senza vicinanza, come ha più volte sottolineato anche Papa Francesco». (S.B.)
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