La fine di questo mese di maggio, nei giorni 26 e 27, ha proposto due date estremamente significative per tutti coloro che hanno a cuore il lavoro educativo con bambini in difficoltà. Venerdì 26, infatti, è passato un anno dalla scomparsa di Andrea Canevaro, mentre sabato 27 vi è stato il centesimo anniversario della nascita di don Lorenzo Milani. Su di loro è già stato scritto tantissimo e tanto ancora sarà sottolineato in occasione di quelle due giornate; non sono certo io che posso aggiungere cose significative su due “giganti” come loro.
Avendo conosciuto bene Andrea ed essendo “venuto su” leggendo la Lettera a una professoressa e L’obbedienza non è più una virtù di don Milani, mi permetto qui di ricordarli, non parlando di loro, ma di quello che potremmo definire il loro trait d’union, ovvero Adriano Milani Comparetti.
Fratello di don Lorenzo, medico neuropsichiatra che per molti anni, a partire dagli Anni Cinquanta, si è occupato di bambini e ragazzi con disabilità, in particolar modo nel campo delle paralisi cerebrali infantili (quelli che allora venivano chiamati gli “spastici”), all’interno del Centro di Educazione Motoria Anna Torrigiani di Firenze, promosso dalla sede locale della Croce Rossa. Ne parlo prendendo anche a prestito alcuni virgolettati da volumi a lui dedicati.
Deistituzionalizzazione, solo una sillaba in meno di precipitevolissimevolmente
«Il secolo scorso, attraversato da eventi politici e bellici di portata mondiale, è stato, nella sua estensione temporale, soprattutto nella sua seconda metà, di grande fermento sociale, di enorme arricchimento culturale e tutto ciò ha condotto a un nuovo assetto legislativo e normativo, in particolar modo a partire dagli anni Settanta, dopo i movimenti del Sessantotto». Citiamo tra i tanti atti la nascita delle Regioni e delle competenze ad esse attribuite, i referendum su divorzio e aborto, la riforma sanitaria e la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, la Legge 180 “Basaglia” in àmbito psichiatrico, la Legge 517 sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
«Se queste leggi sono state e sono fondamentali per procedere nell’attuazione di forme di integrazione scolastica e sociale, evidentemente qualcosa prima è accaduto che ha condotto a questa normativa, che ha spinto, voluto, lavorato affinché la direzione esistenziale delle persone disabili prendesse sempre più senso e riconoscimento sociale. In quest’ottica si colloca la figura di Adriano Milani Comparetti, fratello di don Lorenzo Milani, che nella sua vita si è occupato di persone con disabilità e in particolare di bambini e ragazzi con paralisi cerebrali infantili» …contribuendo, assieme a tanti altri operatori italiani, in àmbito sanitario riabilitativo, sociale, educativo, a porre le basi su due pilastri dell’approccio alla disabilità: un intervento che sia assieme bio-psico-sociale (leggasi ai giorni nostri ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità) e ancora il lavoro interdisciplinare e relative organizzazioni e prassi di collaborazione tra le diverse figure professionali e tra le varie amministrazioni e tra queste e il tessuto associativo, le risorse territoriali, le stesse persone con disabilità e le loro famiglie.
Erano gli anni segnati dalla parola deistituzionalizzazione, una parola importante, scherzosamente segnaliamo che era anche la seconda in classifica tra quelle che avevano più sillabe.
Il bio si perde per strada
Nella cultura attuale della disabilità, sviluppatasi a partire dai primi Anni Duemila, molto segnata da un approccio politico-culturale e dal tema dei diritti, attraverso parole d’ordine come inclusione, accessibilità, discriminazione, autodeterminazione, spesso si sente dire che è necessario «abbandonare il classico modello medico», per un approccio in linea con ICF e Convenzione ONU di tipo bio-psico-sociale. Nei fatti, e nella comunicazione e sue semplificazioni, alla fine troviamo molto “sociale”, qualcosa di psico e il bio sembra sparire, anche se ovviamente permea di sé tra le righe, nel progressivo sedimentarsi delle culture, anche parte di ciò che è sociale o psicologico.
Questo càpita un po’ per motivi ideologici, e non apriamo qui la parentesi in materia, pur se interessantissima, ma anche molto per “ignoranza”, ovvero per mancanza di conoscenza su quella che è la cultura sanitario/riabilitativa e la sua storia che non è certo ferma agli Istituti e alle ferraglie ortopediche «…che volevano raddrizzare i corpi».
Càpita che gli operatori sanitari, nei loro percorsi formativi, entrino in contatto, chi più chi meno, con le discipline sociali e soprattutto, e in particolar modo in molte realtà locali, ne respirino quotidianamente il clima, dato il peso del “sociale” nelle politiche e nella cultura di tanti territori. Non càpita in egual misura il contrario per molti degli operatori sociali, probabilmente più per le/gli assistenti sociali che per gli educatori/ici che, salvo lavorino in servizi dedicati specificatamente alla disabilità, hanno ben poche occasioni per entrare nel merito del rapporto tra deficit e sviluppo sensomotorio… limitandoci qui a parlare dei bambini con disabilità e con l’occhio che fruga tra gli scaffali delle biblioteche tra i libri di Jean Piaget, Maud Mannoni, Melanie Klein, Giovanni Bollea…
Le stesse tematiche, anche se in un contesto diverso, le troviamo all’interno del tessuto associativo della disabilità (intendendo sia l’associazionismo vero e proprio che, più recentemente, i fenomeni di attivismo), nelle sue dinamiche evolutive nel continuo lavoro di spola tra sanità e sociale e nel suo polarizzarsi a volte, alla luce dei dati anagrafici, tra il non occuparsi per niente di aspetti sanitari o, al contrario, farsi esso stesso parte del sistema e del dibattito sanitario-riabilitativo nel suo eterno “ricomporsi” e frammentarsi tra le mille patologie (…solo le malattie rare sono più di 7.000…), mille associazioni, mille fondi ad hoc.
Memorie di Adriano
C’è poi infine un tema potremmo dire di “memoria”, e qui mi permetto una digressione molto bolognese, collegandomi ad una delle attività dell’Istituzione Gian Franco Minguzzi che è il progetto Memorie Vive, realizzato in collaborazione con il Comune di Bologna e con l’IRESS (Istituto Regionale Emiliano Romagnolo per i Servizi Sociali e Sanitari), e al sottogruppo di lavoro in tema di disabilità, per ricordare, se ce ne fosse bisogno, la profonda impronta lasciata nella storia dei servizi sociali di Bologna da due medici, anche loro neuropsichiatri, come Eustachio Loperfido ed Alessandro Ancona, entrambi assessori del Comune.
Tornando ad Adriano Milani Comparetti, segnaliamo tre volumi dedicati alla sua vicenda il primo dei quali di Mariana Spaducci, edito da Edizioni Conoscenza nel 2015 e dal titolo From Cure to Care. La realtà dell’utopia di Adriano Milani Comparetti.
Il secondo saggio, del 1996, è curato da Serenella Besio e M.Grazia Chinato per le edizioni E/O e si intitola L’ avventura educativa di Adriano Milani Comparetti. Storia di un protagonista dell’integrazione dei disabili in Italia.
Il terzo è un romanzo di Michele Cecchini, E questo è niente, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2021, liberamente ispirato alla figura di Adriano Milani Comparetti e di cui si parla in un articolo dell’edizione fiorentina di «la Repubblica» (a questo link).
Segnaliamo anche il bel racconto della esperienza umana e professionale di Milani Comparetti fatto da Paola Sarti ed Anna Gidoni ad un convegno organizzato presso la sede della Camera a Roma alcuni anni fa e disponibile su YouTube (a questo link).
Il presente contributo è apparso per la prima volta nel blog “Una certa idea di…” dell’Istituzione Gian Franco Minguzzi di Bologna. Viene qui riproposto, pe gentile concessione, con alcune modifiche e aggiunte in funzione del diverso contesto.
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