Nelle scorse settimane si è avuta notizia dell’avvio del Progetto LIA (Libro Italiano Accessibile), realizzato dalla Ediser, società controllata dall’AIE (Associazione Italiana Editori) [se ne legga ad esempio cliccando qui, N.d.R.].
L’iniziativa si avvarrà dei fondi stanziati nel 2007 dal cosiddetto “Decreto Rutelli” [Decreto del 18 dicembre 2007, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 7 aprile 2008, N.d.R.], che destinava 2 milioni e 750.000 euro (articolo 5, comma 1), per finanziare progetti e iniziative utili a rendere disponibili libri in formato accessibile alle persone con disabilità visiva.
Tale provvedimento prevedeva, tra l’altro, la costituzione di una Commissione, con il compito di valutare i progetti. Le aziende interessate hanno presentato i progetti e dopo incomprensibili ritardi pubblicamente denunciati, la Commissione è stata sciolta e i progetti sbrigativamente dichiarati non innovativi. Si è quindi proceduto alla costituzione di una nuova Commissione che in tempi incredibilmente rapidi ha ritenuto innovativo e valido il Progetto LIA.
Sorpresi dall’improvvisa accelerazione, abbiamo preso visione di tanto progetto (affidato a una sola azienda, come detto, controllata dall’AIE), per esaminarne la qualità e ci si è resi conto immediatamente che la società incaricata si avvarrà della collaborazione dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e che saranno realizzati «prodotti librari “accessibili”». In tal senso vengono citati il formato braille e quello audio, evitando accuratamente l’indicazione del formato digitale.
Il progetto prevede una prima fase di sei mesi – coadiuvati dai validatori dell’UICI – e i successivi diciotto mesi di realizzazione dei diversi formati (naturalmente, lo ribadiamo, non si fa menzione del formato digitale).
Del resto, a rileggere il LIA con cura, non si fa fatica a capire che i formati accessibili tutto potranno essere (anche catalogati), ma non digitali e tanto meno «disponibili entro 72 ore», così come prescriveva il “Decreto Rutelli” (articolo 5, comma 2).
Ecco il vero punto della questione. L’AIE e la sua azienda controllata Ediser hanno emarginato potenziali concorrenti (numero delle aziende), operando una concentrazione, vanificando le realtà editoriali regionali e – sotto la presunta “innovatività” sancita dalla nuova Commissione – si sono assicurate il controllo dei formati culturali, attraverso la realizzazione diretta, avallata dall’UICI, che con tutta probabilità si riserverà un eventuale servizio per i propri associati, attraverso la Biblioteca Italiana per i Ciechi Regina Margherita di Monza, per la quale è previsto un prossimo rifinanziamento.
In questo modo, ancora una volta, bloccando sul nascere la produzione e la fruizione del formato digitale, si è garantito il diritto d’autore imperniato sul formato cartaceo.
Torna dunque in primo piano il conflitto tra due diritti (il diritto d’autore, appunto, e quello alla conoscenza), con una rinnovata negazione del Lettore. Che l’AIE operi in questa direzione è fatto conosciuto e da noi disabili visivi sempre combattuto, ma che ciò venisse avallato e sostenuto dall’UICI ci risulta contraddittorio. Ma questo succede quando il tornaconto aziendale – o associativo – supera ogni limite di coerenza, per diventare privilegio e opportunismo profittevole, negando i diritti e l’universalità del libro.
È l’eterna querelle che ritorna: il libro è il contenuto, oppure il formato o meglio la modalità di diffusione? Non è una contraddizione che la delimitazione del formato, escludendo la fruizione autonoma, ne neghi la sua universalità?
*Presidente della FISH Sardegna (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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