Il 14 dicembre scorso alla Camera, alcuni deputati hanno depositato il Progetto di Legge denominato Esclusione degli invalidi affetti dalle patologie di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 agosto 2007 dalle verifiche dell’Istituto nazionale della previdenza sociale sull’accertamento dell’invalidità (Atti della Camera 3964, Miotto e altri).
Qual è la motivazione dei firmatari? La constatazione che nella cosiddetta “campagna contro i falsi invalidi” (correttamente “Piano straordinario di verifica”), si starebbero commettendo degli abusi. La volontà dei firmatari è quindi di «porre fine al calvario della visita medica di controllo a cui sono costretti gli invalidi, soprattutto vista l’ovvia constatazione che chi è portatore di menomazione dichiarata irreversibile non può certo regredire dalla sua condizione e quindi la visita di controllo diventa solo un ulteriore ed inutile disagio per l’utente e la sua famiglia, oltre che una superflua umiliazione rispetto ad uno stato di salute già verificato e certificato come patologico e non reversibile».
Come? Costringendo l’INPS ad applicare una norma che risale al 2006 – la Legge 80/06 – che è stata regolamentata l’anno seguente dal Decreto Ministeriale del 2 agosto 2007. Quest’ultima prevede già che le persone affette da patologie gravi e irreversibili, che hanno dato titolo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, non siano più sottoposte a verifiche e controlli dopo la prima visita.
In pratica la legge proposta servirebbe a fare applicare una legge di fatto elusa. Il che non è consolante.
L’iniziativa – che non potrà che raccogliere un ampio, diffuso e incondizionato plauso – lascia un po’ perplessi. Essa, inoltre, attribuisce all’INPS anche responsabilità che sue non sono. E d’altra parte è l’INPS che ha in mano il “cerino” e anche se ha scritto e ripetuto che non convoca a visita le persone in grado di dimostrare che sono affette da patologie gravi e irreversibili, all’atto pratico continuano a cadere nelle sue reti persone in coma, persone con tetraplegia da trent’anni, persone con autismo grave…
E siccome nei prossimi due anni dovranno controllare altre 500.000 persone, l’ondata delle proteste è destinata a montare.
Perché? Perché sono cattivi? Perché sono tutti incompetenti? Perché sono cialtroni? Perché hanno tempo da perdere? Perché provano piacere a generare contenzioso? O ci godono ad essere sputtanati quotidianamente sugli organi di stampa?
Forse la spiegazione è diversa. Forse l’INPS – la dirigenza dell’INPS – ha sottovalutato il sistema degli accertamenti. Pensava di risolvere il tutto con la sua poderosa macchina informatica, con la sua “militare presenza” su tutto il territorio nazionale, con la sua organizzazione verticistica in grado di produrre e imporre alla “periferia dell’impero” anche le più elementari istruzioni operative. Purtroppo ha fatto male i conti con gli altri attori in gioco e in particolare con le Aziende USL.
L’INPS possiede i fascicoli sanitari delle persone a partire dal 1° aprile 2007. Tant’è vero che ha escluso dai controlli chi ha avuto un accertamento successivo. È dai fascicoli che risultano le patologie, la loro gravità e la loro irreversibilità. Solo attraverso i fascicoli, eventualmente, si può dedurre l’applicazione del Decreto del 2007. Quelli precedenti al 2007 sono in possesso delle Aziende USL. L’INPS non ce li ha.
Nei controlli del 2009 (100.000), l’INPS ha chiesto alle ASL l’invio dei fascicoli relativi al campione selezionato. Ne sono tornati il 15%. Perché? Perché le ASL non hanno voluto consegnarli; perché andarli a cercare costa lavoro; perché non sono stati archiviati in maniera efficace; perché sono andati persi (in spregio alla normativa sulla privacy che ne impone una rigorosa conservazione).
Conseguenza: un danno per i Cittadini i cui verbali sono rimasti congelati da qualche parte. Non risulta nessuna azione contro le ASL che hanno provocato questo danno ai Cittadini.
Nel controlli del 2010, poi, constatato il precedente comportamento delle ASL, l’INPS ha chiesto i documenti sanitari anche alle persone interessate, in barba al principio che a un Cittadino non può essere richiesta nuovamente la documentazione che già ha presentato alla Pubblica Amministrazione.
Dal canto suo, la stragrande maggioranza degli “indagati” ha fornito tutta la documentazione in possesso, nel timore delle “ritorsioni” dell’INPS. Molto spesso ha letteralmente sepolto l’INPS, con una massa enorme di cartelle cliniche, referti, analisi, relazioni. Effetto che l’Istituto aveva evidentemente sottovalutato: esaminare centinaia di pagine per ogni caso comporta dei “tempi di lavorazione” assai più lunghi di una semplice visita ordinaria. Tant’è vero che si segnalano migliaia di casi in cui a mesi di distanza dall’invio di corpose e inattaccabili documentazioni, gli interessati non hanno ancora una risposta né di conferma, né di rigetto.
Abbiamo dunque l’impressione che- al di là della sicurezza ostentata dal presidente dell’INPS Antonio Mastrapasqua – l’Istituto sia non poco in difficoltà. E il “bello” deve ancora venire: nei prossimi anni, infatti, i controlli dovranno riguardare un altro mezzo milione di persone, vale a dire:
– chiedere a questi ultimi la documentazione (stimiamo prudenzialmente circa 50 tonnellate di carta da archiviare, registrare, gestire);
– analizzare la documentazione e decidere se convocare a visita;
– convocare a visita (attività amministrativa);
– eseguire la visita (collegiale) ed elaborare il verbale;
– trasmettere il verbale all’interessato.
Per quanto possa essere veloce ed efficiente l’INPS, non crediamo possa scendere sotto un tempo di 60 minuti/uomo per pratica. Il che significa almeno 500.000 ore di lavoro, cui vanno aggiunti altri oneri amministrativi. Ad essere avari possiamo calcolare un costo di 60 euro a pratica. Fanno una trentina di milioni di euro (soldi nostri).
Non abbiamo calcolato il costo per il Cittadino, poiché – si sa – il tempo del Cittadino non vale nulla! Ma non abbiamo nemmeno calcolato che a fronte delle eventuali revoche, gli interessanti possano presentare ricorso al Giudice. Basta recarsi presso un patronato sindacale e perdendoci un’oretta, si avvia una procedura che, almeno nel 75% di casi vedrà soccombere l’Istituto che sarà costretto a pagare (soldi nostri).
In tutto questo ad oggi non è dato sapere:
– quante provvidenze sono state effettivamente revocate per assenza totale di requisiti sanitari (i “veri” falsi invalidi);
– quante provvidenze sono state ridotte o revocate per requisiti sanitari insufficienti;
– quante provvidenze sono state revocate per limiti reddituali;
– quante provvidenze sono state confermate o aumentate;
– quanti ricorsi ci sono stati a fronte di revoche o sospensioni;
– quale sia l’esatta percentuale di soccombenza in giudizio dell’INPS;
– quanto costi esattamente il Piano Straordinario di Verifica.
E già che ci siamo sarebbe anche interessante sapere – formalmente – come stia procedendo l’intera operazione di informatizzazione telematica delle procedure di domanda, visita e concessione delle provvidenze agli invalidi civili.
Infine, un’ultima curiosità: nel 2008 è stata imposta per legge la presenza di un medico INPS nelle Commissioni. Di fatto, in molte realtà, questo medico non è ancora presente, impedendo l’adozione immediata dei verbali approvati all’unanimità. Perché questo ritardo? Non ci sorprenderebbe scoprire che – anche in questo caso – le responsabilità sono spalmate fra ASL e INPS.
Questo è materiale da interrogazione parlamentare.
Per tutti i motivi esposti quel Progetto di Legge ci lascia perplessi. Ci sembra un “pannicello caldo” che comunque conferma una logica errata su cui pochi si permettono di dire che è inaccettabile e inefficace oltre che non equa.
Il Progetto di Legge sarebbe stato più serio se avesse dichiarato: «Finiamola con questa pagliacciata inutile e costosa!».
Il Piano Straordinario doveva sbaragliare il fenomeno (tutto da dimostrare e quantificare) delle false invalidità, ma ci sembra che «i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgano in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». Il problema è che nel frattempo ha provocato danni enormi.
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