In seguito alla Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 13 del 6 dicembre 2010, i dipendenti pubblici che usufruiscono dei permessi ai sensi della Legge 104/92 devono firmare un modulo [lo si veda cliccando qui, N.d.R.], che al comma c recita testualmente: «il dipendente è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela del disabile [sottolineature nella citazione dell’Autore].
Trovo queste tre righe gravemente offensive e vergognose, a partire dal termine agevolazione. Ben lungi infatti dal riconoscere l’importanza dell’azione di cura dei familiari (per usare un termine anglosassone, caregiver), del loro ruolo di supplenza alle carenze dei servizi pubblici e dei sacrifici cui devono sottostare, questi vengono, di fatto, additati come fonte di spese e onere per la collettività.
Penso ai tanti convegni e saggi sull’importanza del lavoro sociale dei caregiver. Parole al vento, tutto ignorato, tutto cancellato. La questione di giustizia sollevata da uomini di chiesa, filosofi e sociologi – don Gnocchi, Nussbaum, Kittay, Bauman, solo per citarne alcuni – riguardo alla disabilità («la società, la collettività si deve prendere cura dei disabili, dei malati in base al principio di giustizia») non sfiora neppure gli estensori della Circolare. Bisogna ammetterlo, dunque, ha ragione chi sostiene di «dover lavorare di più per colpa dei colleghi che usufruiscono dei privilegi della Legge 104»! Ora è nero su bianco.
Non ci si rende conto, poi – o forse sì – che additando come un peso e un onere i caregiver, in realtà si additano necessariamente anche i malati e le persone con disabilità cui si presta assistenza.
Non ci si rende conto che la disabilità e la malattia sono condizioni che possono riguardare tutti. Non sono il “privilegio” di alcune persone particolarmente sfortunate, ma sono stagioni della vita. E in quella stagione tutti vorremmo avere qualcuno che si occupasse di noi. Amorevolmente.
Peso, onere, impegno di spesa sono parole che devo avere recentemente ascoltato in qualche trasmissione televisiva sulla disabilità. Forse il magnifico monologo di Marco Paolini del 26 gennaio scorso su La7, quando parlava dell’eugenetica e delle nazioni occidentali agli inizi del secolo scorso?
Come genitore di una persona con disabilità mi sento gravemente offeso. Non mi considero affatto un peso per la società. Né considero tale mia figlia. Anzi ritengo, con un po’ di presunzione, che noi familiari e i nostri figli con disabilità costituiamo una risorsa per la collettività.
Trovo vergognoso, scandaloso che la Pubblica Amministrazione costringa a firmare un documento come questo. Come dice il filosofo Pessina, la disabilità e le politiche socioeconomiche rappresentano una cartina di tornasole per verificare il grado di giustizia della nostra società perché l’ingiustizia non è un destino.
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