Sempre nella medesima Sentenza, viene ribadita inoltre la distinzione tra le persone con gravi disabilità da quelle con disabilità non gravi. Per queste ultime, infatti, è possibile tenere conto dell’ISEE familiare, includendosi nel calcolo anche i familiari tenuti agli alimenti, al solo fine di verificare la disponibilità economica dell’interessato, effettiva o potenziale.
Ciò non significa assolutamente che anche ad essi possa essere richiesta la contribuzione, cosa espressamente esclusa dal Consiglio di Stato sulla base del Codice Civile, il quale consente solo all’interessato di chiedere gli alimenti, mentre non può farlo il Comune, in via surrogatoria, in caso di inerzia dell’interessato stesso.
Il principio definitivamente chiarito dal Consiglio di Stato è importante e dovrebbe porre termine ai continui conflitti su questo punto.
Ma la Sentenza di cui parliamo ha anche risolto una serie di altri problemi interessanti:
2. Quando i Comuni chiedono i dati personali dei parenti tenuti agli alimenti non violano la normativa sulla privacy, poiché quei dati servono a calcolare la condizione economica delle persone con disabilità non grave.
3. Il Consiglio di Stato, inoltre – modificando un precedente orientamento espresso in un parere della Sezione Consultiva dello stesso -, ha affermato che il riferimento all’ISEE personale è un «livello essenziale», contenuto nell’articolo 3, comma 2 ter del Decreto Legislativo 130/00, che deve quindi essere garantito in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e non è modificabile da singole leggi regionali, le quali possono invece graduare diversamente l’ammontare dell’ISEE familiare per le persone con disabilità non grave. E ciò anche in assenza del decreto governativo previsto dalla norma sopracitata, poiché essa ha un valore semplicemente organizzativo che non può annullare un principio stabilito dall’articolo 117 della Costituzione.
A tale affermazione il Consiglio di Stato perviene sulla base anche della lettura della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09, che vieta di trattare nello stesso modo persone con disabilità grave e non grave.
4. Riguardo allo specifico del trasporto, il Consiglio di Stato ritiene legittimo tener conto del fatto che una persona goda o meno dell’indennità di accompagnamento, non tanto perché essa costituisca reddito, ma perché quest’ultima è un beneficio e non sembra corretto sommare ad essa un altro beneficio, come appunto l’agevolazione sul costo del trasporto. Ovviamente, invece, essa è compatibile con la contribuzione ai costi sulla base dell’ISEE personale.
5. Infine il Consiglio di Stato ha stabilito che gli alunni con disabilità abbiano diritto ad avere il trasporto gratuito anche per la frequenza delle scuole superiori, secondo i princìpi indicati nella famosa Sentenza della Corte Costituzionale 215/87, che garantì appunto il diritto al trasporto alle scuole superiori alle stesse condizioni della scuola elementare e media, per le quali esso è espressamente previsto dall’articolo 28, comma 1 della Legge 118/71.
Per tutti questi motivi, dunque, si tratta di una Sentenza quanto mai interessante, che merita certamente di essere diffusa il più possibile.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riprende, con alcuni riadattamenti, una scheda già pubblicata nel sito dell’AIPD, per gentile concessione.
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