Premessa: da molti anni, ormai, alla scuola non si richiede più solo la funzione di istruire. È diventata prevalente, nei compiti della scuola, quella di educatore, con il passaggio da una scuola solo istruttiva (che fondava il percorso scolastico e il successo sull’intrinseca capacità del sapere come evoluzione sociale e realizzazione personale) ad una scuola formativa, capace cioè di educare e far sviluppare tutte le competenze di ciascun alunno per il raggiungimento del suo “successo”.
Questo passaggio sociale e culturale, tuttavia, non è stato del tutto chiarito né reso concretamente richiesto a coloro che poi svolgono il lavoro di docenti. Un esempio per tutti: nelle selezioni concorsuali i quesiti sono ancor oggi nozionistici, anche se si parla di pedagogia speciale!
La “cattedra mista” o “doppia cattedra” risponde intrinsecamente a quelli che sono i princìpi fondamentali della Legge 104/92 e dei tanto sbandierati princìpi del diritto alla scuola per tutti perché:
° Tutti i docenti devono essere docenti di tutti gli alunni (almeno della propria classe) e formati per esserlo con nozioni base di pedagogia, psicologia, didattica e normativa attinenti alla funzione educativa (non solo istruttiva). L’obiettivo primario, dunque, è quello di formare in questi campi tutti coloro che stanno svolgendo o svolgeranno questa professione. Si tenga presente, a tal proposito, che in Europa i nostri docenti sono tra i più formati con solo l’indice pedagogico poco al di sotto della media europea (cfr. INDIRE a questo link).
° Molti docenti sono diventati docenti curricolari attraverso il “percorso di specializzazione per il sostegno”*, quindi la scuola dispone già di un alto numero di docenti con titolo di specializzazione e, attualmente, i docenti di sostegno sono circa 191.000 (di cui 184.000 nelle statali e circa 7.000 nelle non statali (fonte ISTAT, 12 gennaio 2022); alcuni dicono invece 217.00 di cui almeno 100.000 con titolo specifico, più un numero non conosciuto e mai indagato di docenti specializzati, ma “migrati” su disciplina, più ancora un altro numero sconosciuto di docenti non specializzati ma con esperienza. Si deve quindi, per prima cosa, istituire un “Portfolio delle competenze” dei docenti di ciascun Istituto, per ottimalizzare risorse, competenze, stabilità e… sfatare l’illusione che sia sufficiente essere “formati” per essere dei buoni insegnanti inclusivi.
° La professione del docente, come tutte le professioni di “cura”, è una professione ad alto rischio di burn-out [condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo, N.d.R.]: circa 100.000 l’anno, secondo dati ANIEF e secondo una ricerca pubblicata da «Psicologia dell’Educazione», n. 2-3/2015. La professione di “docente di sostegno”, fin dalla sua nascita, ha richiesto, con grande insistenza e consapevolezza un supporto per evitare il burn-out. Le équipe scolastiche sono state azzerate, l’anno sabbatico di formazione e “ripristino rigenerativo” non è mai stato preso in considerazione, un incentivo di altro genere negato con forza: non resta che la fuga dal ruolo sostegno o l’iperspecializzazione. Di qui la mai sopita ricerca da parte dei docenti specializzati di corsi, più o meno utili, e l’ipercriticità nei confronti di tutti quei colleghi “non specializzati”.
Tutto ciò premesso, se la cattedra mista fosse la normale possibilità di completamento della cattedra di sostegno e la cattedra di sostegno fosse il normale completamento della cattedra del docente curricolare specializzato, forse si potrebbero veicolare concretamente i concetti di:
– Essere docenti curricolari specializzati della classe, prendendo in carico tutti gli alunni, con tutti i loro BES (Bisogni Educativi Speciali), certificati o non certificati.
– Essere docenti specializzati della classe che nella loro disciplina sono anche docenti curricolari possibilmente nella stessa classe, ma non necessariamente.
Essere docente di sostegno permette un continuo autoaggiornamento della propria capacità di osservare, conoscere e collaborare con altri docenti di altre discipline, imparare a mediare, proporre e programmare insieme. Insomma, permette di sviluppare, approfondire, consolidare la propria funzione di educatore.
Essere docente curricolare permette di insegnare quelle discipline in cui siamo più preparati e di svolgere direttamente la funzione docente.
Come ottenere questa cosa? Non con una legge ad hoc, che costringa lo spezzettamento di cattedre, bensì con l’utilizzo delle risorse interne, delle “propensioni” individuali dei docenti e delle loro competenze, attraverso la promozione di progetti ad hoc.
Esempio: io ho in ingresso un alunno con disabilità. Lo inserisco in Prima F, dove c’è un Consiglio di Classe che ha un docente di lingue o di scienze motorie o di geografia, con specializzazione. Tale docente sarebbe interessato a svolgere il suo servizio come docente curricolare due ore in Prima F, due ore in Seconda F, due ore in Terza F e dodici ore di sostegno in Prima F? Se sì, ecco che il docente di ruolo, stabile, avrebbe meno classi (3 al posto di 9) e magari diverrebbe il perno del Consiglio di 1F, potendo utilizzare le proprie competenze e mettendo a frutto un ruolo di mediatore-esperto con tutti i docenti della Prima F (e magari anche con i docenti della Seconda F e della Terza F, ivi compresi gli eventuali docenti di sostegno).
Altro esempio: io ho un alunno con disabilità in Terza F, dove non c’è nessun insegnante con specializzazione né interessato a “fare il sostegno”, ma in quella classe manca il docente di scienze motorie. Tra i docenti di sostegno c’è un docente specializzato che ha l’abilitazione in scienze motorie, ma per ragioni di continuità non vuole lasciare i ragazzi che segue già da due anni. Perché non utilizzare due ore del docente di sostegno su quella classe come docente curricolare (magari dandole in “aggiunta” alle 18)? Magari quelle due ore di attività motoria potrebbero diventare un momento di programmazione condivisa con altre discipline e/o con il docente di sostegno supplente che arriverà in Terza F. Si avrebbe uno spezzone in meno, un difficile completamento con altri istituti in meno, un piccolo guadagno in più per il docente e un’immagine di parità tra tutti i docenti.
Difficile? Sì, perché richiede:
° “Portfolio delle competenze”.
° Eventuali “graduatorie d’istituto” per regolamentare le scelte (qualora ci fossero più aspiranti).
° Programmazione di Consigli di Classe.
° Competenze organizzative e manageriali di chi dovrebbe gestire gli organici d’Istituto.
° Un pizzico di capacità di collaborare e di saper proporre, il tutto corredato da un progetto di formazione di tutti.
° Un supporto di un assistente scolastico per i casi che ne necessitano.
Impossibile? No, perché prevede solo l’ottimizzazione delle risorse e veicola il messaggio fondamentale che, pur essendo tutti docenti, per svolgere le attività di sostegno si deve essere specializzati. Acquisire maggiori competenze, in tal caso, consente anche di avere più possibilità e qualche piccolo vantaggio.
Se ne gioverebbe – sembra scontato ma non lo è – la stabilizzazione nell’istituto e la continuità docente, la possibilità di specializzare man mano tutti i docenti con appositi percorsi offerti a chi è motivato dal bisogno intrinseco legato alla funzione docente che vede nella sua ampiezza e ricchezza. E soprattutto se ne gioverebbe l’alunno che avrebbe tra i propri docenti di classe anche delle ore di sostegno del prof. di scienze motorie che organizzerà certamente percorsi inclusivi.
Il tutto sembra ovvio ma non lo è e andrebbe di pari passo con la figura dell’assistente scolastico, là dove se ne evince la necessità. Ma questa è un’altra storia…
*Nella mia esperienza personale le difficoltà maggiori come docente di sostegno le ho incontrate con i colleghi curricolari specializzati ed ex docenti di sostegno, che pretendevano di imporre come modalità corretta (ed unica) proprio quella modalità di lavoro che li aveva spinti poi a “fuggire” dal sostegno.
Insegnante, componente del Comitato Tecnico Scientifico del CTS (Centro Territoriale di Supporto) dell’Istituto De Amicis-Cattaneo di Roma.
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