Prendo un treno regionale per un piccolo percorso in Liguria e mi sembra di sognare: il primo vagone del convoglio, infatti, ha un accesso praticamente a livello del marciapiede e prima del rialzo con alcuni gradini che immette nella parte centrale del vagone, c’è un grande e bellissimo bagno attrezzato, seguito da uno scompartimento a sei posti riservato ai viaggiatori con disabilità, con sedili che sembrano ribaltabili per far posto alle carrozzine e adeguate cinture di sicurezza. Un cartello ammonisce però: Scompartimento riservato al capotreno.
Due a questo punto sono le possibilità: o le Ferrovie attuano una reale politica di integrazione nelle assunzioni e assumono capitreno con disabilità oppure… siamo alle solite.
Vorrei anche chiedere al capotreno se per un utente con disabilità sia possibile salire direttamente sul convoglio (quando è tecnicamente fattibile, come in questo caso), senza dover espletare la solita trafila burocratica della prenotazione (vedi a questo proposito un bell’articolo pubblicato dalla «Stampa» del 27 marzo a pagina 28, dal titolo Diversamente pendolari), ma per tutta la (breve) durata del viaggio, il capotreno resta letteralmente “barricato” nella cabina di guida con il macchinista e non riesco ad avere lumi in materia.
Tornando al citato articolo della «Stampa», in esso appare quanto meno “mercantile” la dichiarazione di Vincenzo Saccà, direttore della Vendita e dell’Assistenza di Trenitalia, a proposito del servizio per viaggiatori con disabilità: «Consentitemi di guardare la questione in termini economici: i costi di un simile servizio sono eccessivi, non c’è una domanda in grado di coprirli».
Sarà dunque necessario attendere che aumenti il numero dei viaggiatori con disabilità per veder migliorato il servizio a loro dedicato, ma questo incremento come potrà avvenire se non migliora il servizio?
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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