Ha preso il via in questo mese di febbraio IRIS – In Rete per l’Inclusione e in Supporto alle donne con disabilità, progetto promosso dall’Associazione di donne Onda Rosa di Nuoro, che gestisce un Centro Antiviolenza. Finanziata con l’8 per mille della Chiesa Valdese, l’iniziativa prevede la realizzazione di laboratori gratuiti sui temi della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere aperti a ragazze e donne con disabilità provenienti da tutta la Sardegna. Il progetto avrà la durata complessiva di nove mesi.
La violenza sulle donne, osservano, dall’Associazione, non è un fenomeno emergenziale ma strutturale, ed essendo basata sul genere, è uno dei meccanismi sociali attraverso cui le donne vengono subordinate agli uomini. Il fenomeno risulta essere ancora più complesso per le donne con disabilità che subiscono discriminazioni multiple perché già impegnate a conquistare diritti, spazi e riconoscimento delle loro condizioni.
Tra i pregiudizi più frequenti intorno alle donne con disabilità, c’è quello della costante infantilizzazione e invalidazione dei corpi. Alle donne con disabilità viene di frequente negata la validità sessuale e questo innesca una serie di meccanismi che possono avere diverse conseguenze sia per quanto riguarda la salute, che per la libertà. La sessualità e la validazione sessuale si consegue con l’età adulta. Negando dunque la validità sessuale e la desiderabilità di una donna, si nega il raggiungimento dell’“adultità”, ossia la capacità di autodeterminarsi, l’autorevolezza, l’autonomia sulle scelte della propria vita. Attraverso questo processo di infantilizzazione le donne con disabilità vengono spesso trattate come delle eterne bambine, con conseguenze anche drammatiche.
«Le donne con disabilità arrivano a una relazione spesso senza avere alcun tipo di informazione sul proprio corpo e a differenza di ciò che viene percepito dalla collettività, sono molto esposte al rischio di violenza fisica e psicologica», dichiara Luisanna Porcu, coordinatrice dell’Associazione, che ne approfitta per sfatare qualche altro luogo comune. «Una ricerca condotta per conto del Parlamento Europeo stima intorno all’80% la percentuale di donne con disabilità vittime di violenza, quindi l’idea generalizzata che lo stupro sia relativo solo ad alcune persone e situazioni, non corrisponde al vero. È importante ricordare che lo stupro ha a che fare con il potere e laddove una persona viene percepita come debole e più fragile, può diventare in alcuni contesti un bersaglio preferenziale».
Questo è dovuto a molteplici fattori tra cui anche la percezione del proprio corpo come non desiderabile, che le porta a rimanere in storie abusive comprensive di violenze psicologiche, a causa del pensiero «se non sto con lui non troverò nessun altro e rimarrò da sola, devo essere grata che mi voglia». Inoltre, le donne con disabilità, non essendo percepite dalla cultura dominante come possibile bersaglio, non vengono neanche in qualche modo preparate a riconoscere i segnali della violenza e arrivano a contesti abusanti pensando che sia normale e che non possano ottenere niente di meglio.
Anche per relazionarsi con le donne con disabilità, la metodologia è quella della relazione fra donne ed è finalizzata a lavorare sul riconoscimento della violenza, all’acquisizione di strumenti di difesa, alla maturazione della consapevolezza di sé necessaria per avere il controllo delle proprie scelte, decisioni e azioni. Spiega infatti Porcu: «I laboratori favoriranno la conoscenza di sé attraverso l’altra, incoraggiando processi di fiducia nelle proprie capacità e possibilità. Riteniamo che questi strumenti siano importantissimi per le donne disabili che spesso non vengono preparate a riconoscere i segnali della violenza e non vengono credute in caso la subiscano. Inoltre, nel caso di disabilità di tipo intellettivo/cognitivo, vengono spesso considerate ipersessualizzate e quindi provocatrici. È importante invece che conquistino l’autonomia non solo di denunciare, ma anche di allontanarsi fisicamente dalla persona abusante, che spesso è rappresentata dal caregiver stesso».
Nell’esprimere apprezzamento per l’importante iniziativa, segnaliamo che Onda Rosa è uno degli ancora pochi Servizi Antiviolenza italiani che abbiamo riscontrato essere preparati ad accogliere donne con disabilità (come indicato in questo repertorio). (Simona Lancioni)
Per informazioni e iscriversi al progetto IRIS: progettoiris.ondarosa@yahoo.com; per informazioni su Onda Rosa: ondarosa.nuoro@tiscali.it.
Il presente contributo, così come l’immagine utilizzata, è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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