Mentre marcia a grandi passi l’iter che sta portando al nuovo Regolamento volto a rendere illegale in tutta l’Unione Europea la discriminazione verso le persone con disabilità durante i viaggi aerei – che Superando.it segue da molti mesi – non possiamo però fare a meno di registrare i continui disservizi o le vere e proprie discriminazioni ai danni di persone con disabilità, soprattutto da parte delle cosiddette compagnie low cost (“a basso costo”).
L’ultimo caso riguarda la Wind Jet, come ci racconta Maria Lorenza Miele, protagonista suo malgrado della vicenda.
«Il 21 giugno mi sono recata con largo anticipo (circa due ore) all’aeroporto di Catania Fontanarossa, per fare il check-in, in quanto alle 20 dovevo partire per Roma con un volo Wind Jet. Io mi muovo con una carrozzina elettrica, dotata quindi di batterie ricaricabili. Non era la prima volta che prendevo l’aereo e so bene, quindi, che durante il volo la mia carrozzina deve restare ben imbragata nel bagagliaio. Nei viaggi precedenti il personale addetto l’aveva sempre sigillata in una cassa cosicché bastava semplicemente scollegare i fili dell’alimentazione prima del volo e poi ricollegarli una volta scesa dall’aereo».
«Al momento della prenotazione – continua Maria Lorenza – ho fatto presente questo particolare e dall’altra parte del telefono mi è stato assicurato che non avrei avuto problemi di sorta. Il viaggio d’andata verso Catania l’avevo effettuato il 17 giugno ed effettivamente non avevo avuto problemi, in quanto a Fiumicino le operazioni di imbarco per la carrozzina si erano svolte tranquillamente. Al ritorno, però, tutto è andato diversamente. Infatti, dopo le operazioni di check-in, sono stata portata in una stanza dalla quale non mi sono potuta muovere per almeno un paio d’ore. Ad intervalli si presentavano sedicenti “operatori” che fin da subito mi facevano capire che non avrei potuto prendere il volo perché le batterie del mio mezzo non sapevano come trasportarle. Poi, solo al termine delle operazioni di imbarco per i passeggeri, si è degnato di venire in quella sorta di “prigione” il comandante dell’aereo il quale mi ha posto due opzioni: restare a Catania oppure prendere il volo privando la carrozzina delle batterie di alimentazione, in quanto l’aereoporto non aveva la cassa per contenerle durante il viaggio!».
Ma l’odissea non finisce qui. Infatti, continua la malcapitata viaggiatrice con disabilità, «una volta accettato di partire con la carrozzina senza batterie, mio marito è dovuto scendere dall’aereo per smontare le stesse perché il personale addetto non era in grado di farlo senza fare scempio del mio unico mezzo di locomozione (quando hanno sbarcato la carrozzina, ci siamo resi conto, per dirne una, che per imperizia avevano distrutto le frecce laterali!). Arrivati a Fiumicino, il disagio è stato enorme perché senza batterie la carrozzina non camminava e spingerla era un’impresa titanica. Per fortuna ci hanno aiutato quelli dell’assistenza dell’aereoporto, altrimenti saremmo ancora lì!».
Numerosi i quesiti che si pone e pone ai lettori Maria Lorenza, a partire da uno, fondamentale, che sta alla base di tutte le battaglie condotte negli anni più recenti da tante associazioni e singoli cittadini: «Ma è possibile ledere in tal modo i diritti umani? Come posso vincere lo stress provato il 21 giugno che ha portato il mio diabete a salire vertiginosamente? Si può essere tanto ottusi da non considerare che privarmi dell’alimentazione elettrica della carrozzina è come “tagliarmi le gambe”? Possibile che io sia l’unica disabile al mondo che si muove con un mezzo alimentato con batterie come le mie?».
A questo punto, se le prime domande possono essere considerate quasi una sorta di “esercizio retorico”, dalla risposta ovvia, su quest’ultimo quesito qualcosa possiamo anticiparlo noi: certo che no, Maria Lorenza, conosciamo personalmente tanti cittadini con disabilità che si muovono con mezzi come il tuo. Certo, non sempre sono rose e fiori, tutt’altro, ma in questo caso crediamo veramente che il limite sia stato abbondantemente superato!
Ma cediamo di nuovo la parola alla nostra ospite: «Considerando che oggi le prenotazioni aeree avvengono via internet o via telefono, perché nessuno ci aveva detto che non avremmo potuto volare se l’aeroporto fosse stato privo delle casse di contenimento per il mio mezzo e per quel tipo di batterie? In ogni caso, a Roma, non appena scesa dall’aereo, mi sono recata al posto di polizia per raccontare l’accaduto e ho deciso di sporgere una denuncia nei confronti della compagnia aerea e dell’aereoporto di Catania. Se è giusto che il comandante dell’aereo mi abbia impedito di tornare a casa “intera”, cioè con il mio mezzo agibile, ho deciso di sporgere denuncia verso tutti i comandanti che in precedenza mi avevano fatto volare senza problemi perché, se è vero, abbiamo viaggiato con una specie di “bomba” nel bagagliaio e non lo sapevamo!».
«Voglio giustizia – conclude Maria Lorenza – non è giusto privarci dei nostri dirittti in nome di una legalità che fa acqua da tutte le parti. Ora in aeroporto perquisiscono anche noi, ma è tanta la loro paura di toccarci che potremmo fare “attentati a go go”… Lo so bene, noi mettiamo paura perché gli altri sanno che potrebbero per qualsiasi motivo trovarsi nelle nostre condizioni di difficoltà e… tremano! Stiamo allora molto meglio noi, perché mai potremmo raggiungere il loro stato di “normalità”, ma forse neanche ci interessa… Vorremmo solo essere cittadini qualunque, che possono fare quello che gli altri fanno senza problemi. Ripeto, voglio giustizia, voglio essere risarcita in maniera adeguata perché ancora una volta volevano farmi intendere che se restassi a casa sarebbe meglio».
C’è bene poco da aggiungere. Da parte nostra, oltre a dare la maggiore diffusione possibile a questa e a tante altre vicende analoghe, continuiamo ad arricchire quel “dossier” che speriamo un giorno – quanto prima – di poter finalmente chiudere.
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