Nei giorni scorsi ho dovuto partecipare alla cerimonia funebre di un amico nella Collegiata di Santa Maria della Scala a Moncalieri (Torino).
Essendo persona con disabilità e conoscendo la situazione di molte chiese piemontesi, ho telefonato per chiedere conferma che il santuario fosse accessibile. Avuta risposta positiva, mi sono recato a Moncalieri, dove ho accettato sì di passare da un ingresso secondario, dovendo però constatare con amarezza che anche questo secondo accesso, definito accessibile, presentava una barriera di ben tre gradini. Un ostacolo superabile con una pedana del costo di pochi euro.
Come uomo e come fedele mi sono sentito respinto non tanto dai gradini, ma dall’insensibilità di chi avrebbe dovuto darmi prima di tutto indicazioni corrette e in secondo luogo proprio in qualità della sua missione pastorale accogliere una persona in difficoltà. Cioè proprio uno di coloro a cui per primo Gesù Cristo si è rivolto e verso i quali ha voluto dimostrare una predilezione particolare.
Ed è una situazione, questa, che non è isolata. È vero che molte chiese sono state rese accessibili negli ultimi anni, ma spesso dietro a quell’accessibilità conquistata non c’è la sensibilità dei parroci.
Per l’anno appena cominciato mi auguro che l’ambiente ecclesiastico faccia di nuovo sua quella sensibilità che molte volte non trova, sostituendola con un sentimento di pietà male indirizzato e spero che prosegua il cammino di adeguamento dei luoghi di culto, in modo che l’accesso sia consentito a tutti senza discriminazioni.
*Presidente della CPD (Consulta per le Persone in Difficoltà) di Torino.
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