In questo periodo tra chi, nelle scuole, si occupa di inclusione scolastica, si discute molto sui famosi Allegati C e C1 che il Decreto Interministeriale 182 del 2020 aveva introdotto, assieme ai nuovi modelli di PEI (Piano Educativo Individualizzato), per accompagnare e motivare la proposta delle ore di sostegno deliberata dal GLO (Gruppo di Lavoro Operativo sull’Inclusione) nell’incontro di verifica finale, ma che fino ad oggi non sono mai stati utilizzati.
È uscita pochi giorni fa una Nota Ministeriale sul PEI (n. 1690 del 25 maggio, oggetto: Indicazioni per la compilazione dei PEI), ove si ribadisce che il PEI va compilato da tutte le scuole utilizzando i modelli ministeriali e che questo va fatto, come ha chiarito il Decreto 153/23 dell’anno scorso con il comma 6 dell’articolo 21, anche se il Profilo di Funzionamento non è disponibile.
La nuova nota neppure nomina gli Allegati C e C1, ma appare evidente che, essendo appunto “allegati” al PEI, il discorso vale anche per loro e vanno quindi compilati.
Problemi e dubbi però rimangono: è possibile farlo senza Profilo di Funzionamento? Si possono davvero reperire dalla vecchia Diagnosi Funzionale le informazioni necessarie? Cosa va scritto davvero nei due Allegati? Il GLO è autonomo nelle sue proposte o è vincolato dal Profilo di Funzionamento?
Partiamo da questa ultima domanda, ovvero come incide il Profilo di Funzionamento nella determinazione delle risorse.
In base alla normativa vigente, e parliamo di una norma basilare come la Legge 104/92, modificata nel 2019, l’unico organo tecnico che ha il potere di proporre la quantificazione dei bisogni di sostegno scolastico (di tutte le misure di sostegno, non solo di quelle didattiche-educative) è il Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione scolastica, ovvero il GLO: «Al fine della definizione dei PEI e della verifica del processo di inclusione, compresa la proposta di quantificazione di ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del profilo di funzionamento, presso ogni Istituzione scolastica sono costituiti i Gruppi di Lavoro Operativo per l’inclusione dei singoli alunni con disabilità» (Legge 104/92, articolo 15, comma 10).
Viene specificato che il GLO agisce «tenuto conto del Profilo di Funzionamento», e questo vale certamente anche per la quantificazione delle risorse, ma non possiamo dimenticare il Decreto Legislativo 66/17, che all’articolo 5, comma 4 spiega bene quali sono a questo riguardo le competenze del Profilo di Funzionamento: «Il Profilo di Funzionamento di cui all’articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal presente decreto: […] b) definisce anche le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali utili per l’inclusione scolastica».
Il Profilo quindi non entra, almeno direttamente, nella proposta di quantificazione delle risorse, che è di esclusiva competenza del GLO, ma si dovrebbe occupare degli aspetti qualitativi, ossia definire quale tipo di supporto sia necessario, se serve sostegno didattico o assistenza o entrambi e, nel caso dell’assistenza, quali competenze professionali sono necessarie.
Emergono subito due evidenti criticità:
– nelle Linee Guida dell’11 novembre 2022 del Ministero della Salute non ci sono indicazioni, né qualitative né quantitative, sui bisogni di sostegno e assistenza;
– nei modelli di PEI (Sezioni 11 e 12) e negli Allegati C e C1, si chiede ai GLO di indicare il tipo di assistenza necessaria, che competerebbe ai Profili, ma non di quantificare le risorse come previsto dall’articolo 15, comma 10 della Legge 104/92.
Altro quesito: fino a che punto incide la gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/92)?
L’applicazione del criterio della gravità nella determinazione dei bisogni di sostegno è una pratica relativamente recente. Fino a una quindicina di anni fa nelle scuole non si parlava mai di comma 3, per il semplice motivo che nessuna delle disposizioni sull’inclusione scolastica che troviamo nella Legge 104/92 fa riferimento alla gravità. Il recente Decreto Legislativo 62/24 ha cambiato il testo di tutto l’articolo 3, e quindi anche del comma 3, e non si usa più la parola “gravità”, ma il senso è rimasto sostanzialmente lo stesso: ci sono situazioni in cui la compromissione ha ridotto l’autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale e questo determina priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
L’inclusione scolastica è riconosciuta come un diritto fondamentale e garantito per tutti i minori con disabilità, non solo per alcuni di essi, ed è finalizzata allo sviluppo delle loro potenzialità. Un diritto fondamentale e garantito non può prevedere le “priorità degli interventi” secondo cui sarebbe invece inevitabile che in certe situazioni i supporti non possano essere forniti a tutti e sia quindi necessario definire chi ha diritto di accedervi in ogni caso e chi invece può anche rimanere escluso.
Da alcuni anni il comma 3 è diventato il requisito principale, se non l’unico, di cui si tiene conto nell’assegnazione delle ore di sostegno e il primo risultato è che, ovviamente, il numero delle certificazioni con l’indicazione di gravità è aumentato a dismisura. Eppure nel frattempo le norme non sono cambiate e nessuna nuova legge ha mai collegato la quantificazione delle risorse per l’inclusione scolastica al comma 3. Non ci sono disposizioni del Ministero che impongono criteri di questo tipo per la determinazione degli organici di sostegno o l’istituzione di posti in deroga da parte dei Direttori Generali dei vari Uffici Scolastici Regionali. Non fa eccezione il Decreto 66/17, né il Decreto 182/20, né gli Allegati C e C1, che mai fanno riferimento al comma 3. Anzi, le Linee Guida dello stesso Decreto 182/20 (pagina 58) parlano espressamente del superamento del sistema di definizione dei bisogni basato sull’articolo 3, comma 3.
Si prefigura dunque uno scenario di maggior complessità, ma più adeguato ai bisogni formativi, ove la considerazione dei livelli di disabilità – “grave” (articolo 3, comma 3 della Legge 104/92) e “lieve” (articolo 3, comma 1) – si articola secondo gradi correlati ad una condizione dinamica, connessi all’interazione della persona con il contesto e, quindi, al livello di “restringimento della partecipazione” derivante da oggettive barriere allo sviluppo degli apprendimenti e di tutte le dimensioni previste (la dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione; la dimensione della comunicazione e del linguaggio; la dimensione dell’autonomia e dell’orientamento; la dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento).
Ne derivano cinque condizioni/livelli, che sono in realtà rapportati alla “restrizione della partecipazione” secondo la prospettiva ICF [Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], con riguardo alle “capacità” iniziali dell’alunno: assente, lieve, media, elevata, molto elevata.
Ebbene, oggi registriamo delle differenze enormi, da Regione a Regione, nell’assegnazione dei posti di sostegno, assolutamente inique e senza alcuna giustificazione né logica né giuridica, tutte basate sulle differenze derivanti dal citato comma 3:
° In alcune Regioni per gli alunni con comma 3 è sempre automatico e garantito un posto intero di sostegno, in altre il comma 3 considerato solo un requisito necessario per avere qualcosa in più del minimo.
° In alcune Regioni senza comma 3 non si ha comunque mai meno di mezzo posto di sostegno, in altre viene assegnato solo un quarto di cattedra, ossia 5 ore e mezza alla scuola primaria e 4 e mezza alla secondaria. Da notare che nelle Regioni del primo gruppo è inconcepibile anche solo l’idea di un’assegnazione di sostegno definita in frazioni di ora.
° In alcune Regioni le ore di sostegno vengono articolate rigidamente in base a due sole opzioni: posto intero o mezzo posto di sostegno (alla scuola secondaria, ad esempio, si possono avere solo 18 o 9 ore). In altre si sfruttano tutte le possibili combinazioni per adattare le risorse ai bisogni e alla secondaria: ci sono così alunni con 4, 5, 6, 9, 12, 15 o 18 ore di sostegno, per non parlare delle varianti con 30 minuti.
° In alcune Regioni il rapporto totale tra insegnanti di sostegno e alunni con disabilità è pari a 1,2, in altre a 2. È come dire che in alcune Regioni una scuola con 10 alunni con disabilità ha in media 8 o 9 insegnanti di sostegno, in altre una scuola nella identica situazione si dovrebbe accontentare di 5.
Infine, ma questi non sono dati statistici bensì osservazioni che ricavo dalle centinaia di domande di insegnanti e genitori che arrivano al gruppo Facebook Normativa Inclusione:
° In alcune scuole gli insegnanti di sostegno sono talmente tanti che vengono usati sistematicamente per supplenze, progetti o altro, in altre gli alunni devono uscire da scuola prima del tempo e seguire un orario ridotto perché, dicono, nessuno li può tenere.
Tornando agli Allegati C e C1, cosa dev’essere scritto in essi? Ed è possibile ricavare dalla Diagnosi Funzionale, se manca il Profilo di Funzionamento, le informazioni necessarie?
Gli Allegati C e C1 erano previsti fin dalla prima versione del nuovo PEI, quella del 2020, ma questa è la prima volta che viene chiesto ai GLO di compilarli, anche se in un modo piuttosto ambiguo, che sta generando dubbi ed equivoci in quantità.
Essi hanno chiaramente lo scopo di obbligare i GLO a motivare in modo più ampio la proposta di quantificazione delle risorse da loro approvata e inserita nella Sezione 11 del PEI, dove viene destinata a questo scopo solo una casella nella quale inserire il numero di ore settimanali richieste e uno spazio libero, non strutturato, per motivare la richiesta. Appaiono dunque come due modelli anonimi, senza riferimento al PEI a cui sono collegati, senza intestazione della scuola, data e firma e il C1 non riporta neppure il nome dell’alunno a cui si riferisce. Più che atti amministrativi, sembrano degli schemi operativi ad uso interno che dovrebbero servire al GLO per definire le proprie proposte.
E tuttavia il Decreto 153/23 dice che il GLO li deve compilare e vediamo, quindi, se è possibile farlo e come.
L’Allegato C è diviso sostanzialmente in due parti: una, nella prima pagina, in cui si chiede di inserire per ogni dimensione la valutazione dei bisogni riferita alla situazione iniziale, in rapporto alla capacità dell’alunno, quindi al netto degli interventi di contesto. Si usa il termine “capacità” secondo il significato che ne dà la classificazione ICF, contrapposto a “performance”. Queste poche righe, tratte dalle Linee Guida 2022 del Ministero della Salute (pagina 36), ne danno una definizione abbastanza efficace: «Quando le difficoltà sono descritte in un ambiente standard (per esempio un ambulatorio medico) e non adattato alle necessità di una persona, viene usato il concetto di capacità. Quando le difficoltà sono descritte nell’ambiente di vita reale ed effettivo del soggetto, viene usato il concetto di performance».
Capacità è un termine a cui qui si dà, come si vede, un significato opposto a quello che si usa nel linguaggio comune e anche nel lessico abituale degli insegnanti: secondo l’Allegato C “capacità molto elevata” non significa che un alunno sa fare da solo tante cose, ma, al contrario, che ha bisogno di molto supporto. Questa impostazione suscita tanti dubbi, come emerge dalle domande pervenute in queste ultime settimane al citato Gruppo Facebook Normativa Inclusione da parte degli insegnanti.
Un paio di esempi: nelle varie dimensioni si crocetta assente o lieve o media o elevata o molto elevata in base al livello di difficoltà dell’alunno o delle sue capacità? Se ad esempio l’alunno (dalla Diagnosi Funzionale) presenta molte difficoltà nell’area relazionale, si crocetta assente o lieve (riferito alla capacità dell’alunno?).
E ancora: «Nella compilazione del Modello C in riferimento alla prima pagina dove si parla di situazione iniziale in rapporto alle “capacità” dell’alunno non mi è chiaro come va definita questa capacità. Si riferisce a ciò che l’alunno sa fare da solo, senza aiuto esterno, per cui si barrerà assente o lieve se la “capacità” dell’alunno è assente o lieve per quella dimensione o se ha una notevole difficoltà per quella dimensione?».
Questa confusione lessicale potrebbe essere superata con un’adeguata informazione da parte del Ministero (di cui però attualmente non c’è traccia), ma anche rendendo meno ambigue le indicazioni del modello e facendo uno sforzo maggiore per chiarire questi concetti nelle Linee Guida. Oppure, ed è la mia proposta finale, modificando radicalmente l’impostazione della tabella dell’Allegato C.
Nelle Linee Guida del Ministero della Salute l’unica tabella simile, ma assolutamente non identica, la troviamo nel verbale di accertamento, dove però le valutazioni sono riferite alle “condizioni di potenziale restrizione di partecipazione” in relazione ai fattori di contesto, e non alle capacità iniziali. Da notare che le informazioni di capacità, quelle descritte in un ambiente standard (per esempio un ambulatorio medico, come dicono le Linee Guida del Ministero della Salute), si potrebbero ricavare più facilmente da una documentazione clinica come la Diagnosi Funzionale, pre-ICF, che aveva solo quel sistema di redazione, mentre una valutazione di performance non era in genere prevista.
I problemi che incontra un GLO che deve redigere questa parte dell’Allegato C basandosi su documenti di quel tipo possono però essere anche altri, considerando che per le Diagnosi Funzionali non è mai esistito un modello unico condiviso e quelli esistenti possono essere strutturati in modi molto diversi e non mancano Diagnosi Funzionali redatte in linguaggio puramente discorsivo, senza nessuna reale forma di strutturazione.
I punti critici che possono ostacolare l’uso dei documenti precedenti possono essere soprattutto due:
– la classificazione dei bisogni non applica gli stessi quantificatori (assente, lieve, medio, elevato, molto elevato) e va quindi riadattata o ritarata;
– la diagnosi non è organizzata per dimensioni o domini come il Profilo di Funzionamento. Se si usano gli “Assi” del DPR del 24 febbraio 1994, si ricorda che una tabella di conversione è definita nelle Linee Guida del Decreto 182/20 a pagina 18, mentre per la corrispondenza tra Domini e Dimensioni si veda l’analoga tabella a pagina 59.
Per le Diagnosi Funzionali redatte con linguaggio discorsivo si può probabilmente ritenere che nelle dimensioni che non vengono citate (linguaggio, autonomia, relazione o cognitiva) le difficoltà sono da considerare assenti, o al massimo lievi.
Nella seconda pagina dell’Allegato C troviamo poi tre tabelle di sintesi, una per la definizione delle difficoltà che saranno poi considerate nell’Allegato C1, per quantificare le risorse di sostegno educativo e didattico, le altre due per l’assistenza: una riferita alla comunicazione, l’altra all’autonomia. Le tre tabelle sono identiche, sia nella struttura che nella didascalia: «Entità delle difficoltà nello svolgimento delle attività comprese in ciascun dominio/dimensione tenendo conto dei fattori ambientali implicati».
In questo caso, quindi, a differenza della prima pagina, le difficoltà tengono conto dei fattori ambientali e non sono divise per domini/dimensioni, ma vanno definite globalmente. Esse vanno inoltre specificate facendo diretto riferimento alle tre tipologie di risorse: sostegno educativo e didattico, assistenza nella comunicazione, assistenza nell’autonomia.
Seguono poi alcune indicazioni specifiche sul tipo di intervento necessario e all’assistenza di base.
A questo punto ci si chiede:
° ci sono, o ci saranno, queste informazioni del Profilo di Funzionamento?
° si possono ricavare adesso dalla Diagnosi Funzionale?
Per il primo punto, da quel che si vede dalla Linee Guida del Ministero della Salute, la risposta è no: nel Profilo queste informazioni non ci sono.
Come abbiamo visto, il Profilo di Funzionamento doveva definire la tipologia degli interventi, non la loro quantificazione, ossia in sostanza dire se servono interventi didattici ed educativi, oppure di assistenza, oppure entrambi. Doveva dire “quali” interventi di assistenza sono necessari, se rivolti alla comunicazione o all’autonomia, e di che tipo. Dalle Linee Guida del Ministero della Salute non emerge nulla di tutto questo e, tanto meno, ci sono informazioni che possono guidare il GLO nella quantificazione delle risorse, dato che questo non era proprio compito del Profilo di Funzionamento.
La determinazione delle difficoltà dovrà tener conto del contesto che di fatto, per l’inclusione scolastica, si identifica con l’ambiente di apprendimento, ossia prima di tutto con la classe: i compagni, gli insegnanti, le relazioni, le strategie didattiche e comunicative ecc. Può essere che in futuro il Profilo di Funzionamento venga redatto con dei riferimenti al contesto (la vecchia Diagnosi Funzionale di sicuro non lo fa), ma è molto difficile che possa tenere effettivamente contro dei punti di forza e delle criticità di una classe che chi l’ha redatto può avere conosciuto solo marginalmente, in una situazione che può cambiare anche radicalmente, nel bene o nel male, considerando che il Profilo va aggiornato ogni cinque anni.
Per questi motivi, anche quando ci sarà il Profilo regolarmente compilato, una valutazione dei bisogni che tiene conto del contesto non può che essere redatta da chi il contesto lo conosce davvero, ossia dal GLO.
Il passaggio successivo, ossia la redazione dell’Allegato C1, è rigidamente vincolato per quanto riguarda la quantificazione del sostegno dall’Allegato C: il bisogno indicato nella tabella su sostegno educativo e didattico determina un range corrispondente, entro il quale dovrà collocarsi la richiesta di ore di sostegno nella Sezione 11 del PEI.
A proposito poi della quantificazione delle ore di assistenza, molte criticità emergono dalla parte degli Allegati C e C1, ma anche dalla sezione 11 del PEI, in cui si definisce o, meglio, si dovrebbe appunto definire la quantificazione delle risorse di assistenza.
La normativa è chiara, e del tutto in linea con le disposizioni che riguardano il sostegno didattico: la quantificazione spetta al GLO, mentre la definizione delle tipologie di intervento va inserita nel Profilo di Funzionamento. Quello che troviamo negli Allegati, ma anche nella Sezione 11 del modello di PEI, segue invece procedure totalmente diverse:
° nessuna quantificazione di risorse per quel che riguarda l’assistenza;
° solo indicazioni qualitative che non derivano però dal Profilo di Funzionamento.
Possiamo facilmente supporre i motivi per cui è sospesa la quantificazione di queste risorse da parte del GLO: nessuna norma o accordo, di qualsiasi tipo, regola oggi l’assistenza scolastica gestita dagli Enti Locali. Non si parla ormai più dell’attuazione dell’articolo 3 del Decreto 66/17, che doveva uniformare l’erogazione del servizio definendo fabbisogni, risorse, standard qualitativi comuni anche rispetto alla formazione del personale, ma che rimane bloccato. È impossibile, pertanto, applicare in questo campo dei range come per il sostegno e ogni quantificazione da parte del GLO sarebbe arbitraria.
Eppure le differenze quantitative rispetto ai supporti di assistenza tra le varie Regioni sono enormi e uno sforzo per uniformare il servizio sarebbe indispensabile. Secondo i dati dell’ISTAT, infatti (2024), ci sono Regioni in cui c’è un operatore di assistenza ogni 9 alunni (Campania e Veneto), altre in cui ce n’è uno ogni 3 (Marche, Lazio, Sicilia), con una differenza quindi di ben tre volte tra massimo e minimo. E non è vero, come a volte si sente dire, che sostegno e assistenza si compensano, ossia che dove c’è più sostegno dallo Stato, c’è meno assistenza da parte degli Enti Locali, e viceversa. Non sempre è così ed emblematico è, al riguardo, il caso del Veneto che è nettamente sotto la media nazionale sia rispetto ai posti di sostegno per alunno che agli operatori di assistenza.
Le norme sul nuovo PEI e il GLO valgono ovviamente anche per le scuole paritarie, ma sulla parte che riguarda le procedure relative alla quantificazione delle risorse di sostegno è indispensabile qualche distinguo, visto che queste scuole assumono direttamente gli insegnanti di sostegno e non dipendono dalle assegnazioni degli Uffici Scolastici Regionali. O meglio, nelle scuole primarie, se è stata sottoscritta la cosiddetta “convenzione di parifica” con la quale si assegnano i contributi in base alle ore di sostegno, la valutazione dei bisogni da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale è in ogni caso prevista, ma per gli alunni con disabilità dell’infanzia e della secondaria vengono assegnati contributi uguali per tutti, per cui a decidere sulla quantificazione del sostegno di un singolo alunno è in sostanza solo la scuola paritaria.
Dalle tante testimonianze su questo argomento che arrivano al Gruppo Facebook Normativa Inclusione emerge anche in questo campo una situazione molto disomogenea, con scuole paritarie che garantiscono senza oneri aggiuntivi per le famiglie lo stesso servizio delle statali, altre che fanno pagare interamente il sostegno a loro e altre ancora che non lo assegnano proprio. Per questo sarebbe veramente importante che il GLO condividesse una proposta formale sulle risorse, simile a quella delle scuole statali, ma con i necessari adattamenti, considerando che in questo caso, visto che tutti i soggetti coinvolti sono parte del GLO, non sarebbe impossibile arrivare ad un’effettiva decisione condivisa tra scuola e famiglia e non solo a una proposta da inoltrare ad altri.
Da sottolineare anche l’iniqua gestione del servizio di assistenza dei Comuni che in alcune Regioni d’Italia è negato alle scuole paritarie, mentre in altre è normalmente garantito da anni. E ricordiamo che non sempre la scuola paritaria viene liberamente scelta dalle famiglie, perché, soprattutto per l’infanzia, in molti piccoli centri esiste solo quella e i genitori non hanno alternative. Chi ha bambini con disabilità può trovarsi senza sostegno garantito, ma anche senza l’intervento dell’Ente Locale, e questo non può essere accettabile.
Vorrei dunque concludere con una proposta utile a superare questa fase di evidente confusione, ossia rivedere l’Allegato C ed eliminare, perché superfluo, l’Allegato C1.
È fuori discussione, infatti, che il GLO ha tra i propri compiti anche quello di proporre la quantificazione delle risorse; questa proposta, però, dev’essere responsabile e motivata, e tale da sostenere il progetto di inclusione in modo efficace, ma senza inutili sprechi. È quindi utile definire una procedura che aiuti i GLO a formulare correttamente le proprie proposte, ma un sistema come questo, basato sugli attuali Allegati C e C1, presenta troppe criticità e andrebbe corretto.
La prima pagina, che riporta adesso la situazione iniziale in rapporto alle capacità dell’alunno nelle varie dimensioni, è di difficile compilazione e comprensione, come abbiamo visto. Nei contenuti è completamente diversa, anche se visivamente simile, rispetto a quella che le Linee Guida del Ministero della Salute hanno previsto per il verbale di accertamento e che sono però definite in relazione ai fattori ambientali di contesto e non alle capacità iniziali richieste per ogni dimensione nella prima parte dell’Allegato C. Bisogna quindi rendere coerenti, oltre che più comprensibili, queste informazioni e la soluzione più semplice è quella di sostituire l’attuale tabella della prima pagina dell’Allegato C con quella del verbale di accertamento di pagina 77 delle Linee Guida del Ministero della Salute, che andrebbe quindi ripresa direttamente da quel documento e costituirebbe il punto di partenza iniziale, rilevante ma non rigidamente vincolante, per redigere le tabelle successive.
La valutazione di sintesi sui bisogni di sostegno educativo e didattico della seconda pagina dell’Allegato C deve poi unire le esigenze emerse relativamente alle quattro dimensioni, ma anche considerare i fattori ambientali che vanno chiaramente riferiti al contesto scolastico, ossia alla classe e all’esito, positivo o negativo, delle relazioni. Su questi aspetti il GLO può certamente aggiungere elementi importanti alle valutazioni del Profilo di Funzionamento, che in certi casi può anche essere stato redatto alcuni anni prima, ma deve essere sostanzialmente in linea, o differire in modo marginale, rispetto alla condizione di potenziale restrizione di partecipazione certificata, dimensione per dimensione, nel verbale di accertamento.
Rispetto all’assistenza andrebbero affrontati i problemi di competenza, ma è evidente che in questo caso non basta correggere gli Allegati:
° Il GLO dovrebbe poter quantificare anche queste risorse, ma né gli allegati né i modelli di PEI glielo consentono.
° Il Profilo di Funzionamento dovrebbe definire il tipo di supporto necessario, ma nelle Linee Guida del Ministero della Salute non ve n’è traccia.
L’Allegato C1 può essere eliminato senza problemi, semplificando le procedure, trasferendo nei modelli di PEI la tabella con i range corrispondenti all’ordine di scuola, specificando solo in quello dell’infanzia e della primaria che, se l’alunno è all’ultimo anno, si dovranno applicare i valori dell’ordine di scuola successivo. Nei PEI della scuola secondaria non serve specificare nulla. Le informazioni qualitative sui bisogni di assistenza sono già presenti nei modelli di PEI.
Rimarrebbe quindi un solo Allegato che sarebbe meglio rivedere anche dal punto di vista formale, inserendo almeno il nome della scuola, la classe, l’anno scolastico di riferimento, la data, la firma del dirigente. Può essere che, quando tutte le scuole passeranno davvero al PEI digitale, questi elementi di identificazione diventeranno superflui, ma per adesso è probabile che di PEI su carta ne vedremo ancora tanti e, in ogni caso, ricordiamo che le scuole paritarie non hanno accesso, e non si sa per quanto tempo, al PEI digitale.
Certamente non basta modificare i modelli per rendere davvero efficiente e razionale, oltre che equa e responsabile, questa nuova modalità di quantificazione delle risorse. Vanno riviste e uniformate le procedure amministrative, a cominciare dalle scadenze: ci sono Uffici Scolastici Regionali i quali esigono che i GLO approvino le richieste di sostegno entro metà aprile, due mesi prima della fine della scuola! Anche i modelli utilizzati devono tenere conto delle nuove procedure. I documenti nuovi dovrebbero sostituire quelli usati in precedenza dai vari uffici, o almeno integrarsi con essi, non solo aggiungersi e dilatare quindi la burocrazia. Si ha l’impressione che a tanti Uffici Scolastici Regionali interessi davvero poco la richiesta dei GLO e che per loro tutto proceda come prima e con l’unica preoccupazione di tutelarsi, ma non si sa bene come, da eventuali ricorsi.
Un’ultima considerazione: attribuendo ad esso il ruolo di unico organo tecnico che può proporre le risorse necessarie per realizzare il progetto di inclusione, la norma ha assegnato ai GLO un compito di estrema importanza, ma anche di altissima responsabilità. Un ruolo che compete a qualsiasi GLO, anche a quelli che operano in situazioni strutturalmente difficili: penso a quelli che non vedono mai la partecipazione degli specialisti sanitari, quelli in cui tutto è delegato al solo insegnante di sostegno, anche se precario o inesperto, quelli che si concludono in 15 minuti. E di questo bisogna tenere conto per fornire ai GLO, e alle scuole tutte, strumenti operativi che siano davvero facilitatori, non barriere. E questo vale anche per i modelli di PEI e per l’Allegato C (sperando che il C1 possa essere eliminato, altrimenti, ovviamente, anche per quello).
Vicepresidente dell’Associazione Lettura Agevolata, conduttore insieme ad altri del gruppo Facebook “Normativa Inclusione”.
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