È trascorso più di un mese da quel 27 maggio. Avrebbe dovuto essere un normale giorno di scuola per Luca (nome di fantasia), un ragazzo di 17 anni nello spettro autistico. Nel primo pomeriggio l’autista del pulmino scolastico lo trova esanime nel cortile interno del Liceo Artistico Caravillani di Roma, l’Istituto superiore che frequenta con gli insegnanti e i sostegni che il suo caso richiedono. Ha fatto un volo di quattro piani, nessuno sa come sia salito fin lassù senza essere visto e si sia buttato dalla finestra del bagno. Nessuna delle figure professionali incaricate di supportarlo nell’orario scolastico se n’è resa conto, l’allarme è scattato dopo che un altro studente ha notato uno zaino abbandonato e, affacciandosi a quella finestra, ha visto Luca a terra.
È trascorso più di un mese da quel 27 maggio e gli unici aggiornamenti sulla vicenda riguardano lo stato di salute del diciassettenne, un “bollettino” non rassicurante che ci arriva dall’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo) e che potete leggere in altra parte del nostro giornale. La ripresa di Luca, le speranze e le paure riguardo quanto attende lui e la sua famiglia, dovrebbero essere l’unica cosa a cui pensare. Sono l’unica cosa importante, è chiaro, eppure non riusciamo a concentrarci sull’attuale situazione di Luca e sul suo futuro, senza provare rabbia e indignazione per l’indifferenza e il menefreghismo che fin dall’inizio circondano questa vicenda.
Ad oggi un silenzio assordante è quanto ottenuto dalla scuola, dall’Ufficio Scolastico Regionale, dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, dalla stessa Procura che a quanto pare non ha intrapreso alcuna azione per chiarire circostanze e responsabilità di questo fatto gravissimo per il quale un ragazzo si trova ancora ricoverato in gravi condizioni e si presume dovrà convivere per sempre con una paralisi in comorbidità con l’autismo.
Dopo l’accaduto la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha chiesto di inviare un team ispettivo del Ministero dell’Istruzione e del Merito al Liceo Artistico Caravillani, una richiesta che non ha ancora ottenuto riscontro. Nessuna comunicazione ai familiari neppure quel 27 maggio, non una chiamata dopo che nella scuola nessuno si era accorto dell’assenza di Luca e nessuno si era attivato per cercarlo. Ancora non sappiamo dove fossero gli insegnanti e le figure di sostegno quando il ragazzo è scomparso e poi si è lanciato dalla finestra, sappiamo soltanto che non erano dove avrebbero dovuto, ovvero accanto a lui.
Stava attraversando un periodo un po’ difficile, Luca, è un’adolescente e come tutti in questa fase della crescita aveva delle inquietudini, per lui aggravate dal timore intorno all’andamento scolastico; forse erano stati individuati obiettivi troppo alti nel suo PEI (Piano Educativo Individualizzato), forse non era stato messo nelle condizioni giuste per apprendere. Luca meritava attenzione, non prestandogliela è stato disatteso il principio cardine dell’inclusione.
Luca è stato lasciato solo dall’istituzione scolastica, solo sotto l’aspetto psicologico e solo fisicamente, tanto che ha potuto scomparire senza essere notato, senza che qualcuno si chiedesse «Dov’è Luca?».
La gestione dell’intera vicenda da parte del Liceo e di tutti gli organi preposti è sconcertante e drammatica, perché mette in luce le carenze del “sistema scuola” ad ogni livello, un sistema che ha emarginato uno studente fragile mediante l’indifferenza. Indifferenza che è mancanza di cultura inclusiva che si traduce in mancata assistenza e tutela, nel mancato ascolto delle “diversità” che sono in ogni alunno e alunna, con disabilità e non. È accaduto a Luca che è nello spettro autistico, il che rende se possibile ancora più tragica la storia, ma avrebbe potuto accadere anche ad un ragazzo o ad una ragazza senza disabilità, in passato è successo.
La scuola dovrebbe essere un posto sicuro, il luogo dopo la famiglia dove i giovani possono essere protetti e al contempo crescere, seguiti da persone che li aiutano a capire chi sono e a scegliere la loro strada. I ritardi sul fronte dell’assistenza alle persone con disabilità, in particolar modo quelle autistiche, sono evidenti, una triste attualità non soltanto in àmbito educativo.
Penso a Gabriele, il figlio di Gianfranco Vitale, nostro collaboratore e amico. Gabriele è un uomo autistico di 43 anni, dal 14 giugno è ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale Molinette di Torino. Le ragioni del ricovero non avevano nulla di psichiatrico, l’autismo non è una patologia mentale, lo dice la scienza, eppure la sua “condizione” di base ha spinto alla decisione di trovargli un letto in questo posto e non in un reparto comune. Da notare che Gianfranco Vitale da tempo aveva comunicato agli operatori che seguono il figlio i segnali di peggioramento, parole che non sono state prese nella giusta considerazione, fino alla crisi che ha fatto precipitare la situazione. La degenza in psichiatria, tuttora in corso, ha destabilizzato Gabriele, si sono aggravati i comportamenti disfunzionali e disadattivi.
Una storia diversa da quella di Luca in cui vedo però la medesima leggerezza, la stessa scarsa considerazione per le persone nello spettro autistico. Mi viene in mente il 2 Aprile, ogni anno Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, ventiquattro ore colorate di blu, colore simbolo della Giornata di cui si “tingono” anche gli edifici pubblici per abbracciare simbolicamente le persone autistiche e le loro famiglie. Mi viene in mente il 2 Febbraio, la Giornata dei Calzini Spaiati, una ricorrenza per sensibilizzare sull’importanza dell’accettazione delle differenze e la promozione della diversità, altre ventiquattro ore di comprensione e vicinanza.
Le realtà, quelle vere, che stanno affrontando Luca e Gabriele insieme ai loro cari non hanno il blu rassicurante del 2 Aprile, neppure l’allegra spensieratezza colorata dei calzini spaiati. Dopo ventiquattr’ore l’autismo come Cenerentola si riveste di stracci e le buone intenzioni travestite da elegante carrozza tornano ad essere un’umile zucca.
La realtà vera ha una fosca incerta tinta grigia che un Paese civile ha il dovere di cambiare con una decisa presa di coscienza degli addetti ai lavori, dei singoli coinvolti, delle Istituzioni che a vario titolo sono intervenute oppure non lo hanno fatto. Il sistema deve prima di tutto voler prendersi cura delle persone autistiche, e lo può fare solo se acquisisce sensibilità nei confronti del prossimo. Soltanto dopo vengono la conoscenza della disabilità, la formazione degli operatori, il coinvolgimento delle famiglie, terapie e percorsi personalizzati, non standardizzati, come troppo spesso ancora avviene.
È passato più di un mese da quel 27 maggio che ha cambiato la vita di Luca, da oltre due settimane Gabriele è ricoverato in psichiatria, invitiamo le Istituzioni a prendere atto che ci troviamo di fronte ad un’emergenza che non può più tollerare chi si gira dall’altra parte e finge che tutto vada bene, facendosi “scudo” con dichiarazioni e “giornate dedicate” una tantum.
Direttrice responsabile di «Superando.it».
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