Basterebbero il buon senso e la buona educazione…

di Barbara Cannetti
Bene che la tecnologia aiuti a individuare nuovi sistemi per sanzionare quegli automobilisti che occupano indebitamente i parcheggi riservati alle persone con disabilità. E tuttavia dispiace che per ottenere il rispetto delle regole si debba continuare a utilizzare degli "atti di forza", proprio là dove dovrebbero contare solo il buon senso e le buone prassi di comportamento. Anche perché le nuove tecnologie costano e oltretutto costringono le stesse persone con disabilità - per far valere i propri diritti - a subire interferenze sulla privacy

Un cassonetto e un'automobile occupano il parcheggio riservato alle persone con disabilitàSe si domanda alle persone quanto sia importante per la buona gestione del Paese il rispetto di regole e norme, di solito ci si sente rispondere che esse sono molto importanti. A ben vedere, infatti, vengono considerate come un “male necessario”, ossia come una restrizione della sfera di libertà individuale per il raggiungimento di un fine superiore, ossia per quello che viene comunemente definito “bene comune”. Ed è naturale che sia così perché se tutti i cittadini iniziassero a non rispettare regolamenti, leggi, divieti e quant’altro, si vivrebbe nel caos e tutti i sistemi (ad esempio quelli sociali, politici, economici) prima o poi salterebbero. Si è parlato di ciò fin dai tempi più antichi.

Tra tutte le norme che regolano il nostro modus vivendi, non meno importante risulta naturalmente il rispetto del Codice della Strada. Ci sono però violazioni che rendono evidente quanto poco di questa concezione sia realmente radicata in ogni essere umano (in qualità di cittadino) e quanto, invece, sia legato al modo di essere, ossia alla cultura e alla sensibilità delle singole persone.
È il caso del parcheggio non autorizzato negli spazi contrassegnati, ossia dedicati alle persone con disabilità. Di tale argomento si è parlato tanto e si continua a parlare perché molti automobilisti – da sempre – in mancanza di altri spazi liberi si accaparrano uno di questi parcheggi “facili”, senza minimamente curarsi delle difficoltà di chi potrebbe occuparlo in modo del tutto lecito e regolamentato. Sembra valere, per costoro, la saggezza popolare, ossia la regola del «chi arriva prima meglio alloggia» o, ancora, del «chi va via perde il posto all’osteria». Anche in questo caso, perciò, la tecnologia deve diventare “strumento repressivo” ossia assumere una funzione di deterrente, in grado di sollecitare i cittadini al rispetto delle regole.
Dopo che a Roma, lo scorso anno, sono stati introdotti i controlli computerizzati sulla sosta delle auto, attraverso la dotazione di palmari agli agenti, è la volta di un’azienda di Milano – la Park  Busy – che  ha ideato e realizzato un dispositivo elettronico, chiamato Park Tutor. Il sistema innovativo prevede che la persona in possesso del famoso tagliando arancione venga dotata di una sorta di telecomando personalizzato con il quale rende nota la sua presenza regolare nella postazione sottoposta a controllo. Nel posteggio, infatti, viene attivato un controllo ambientale attraverso un radiolocalizzatore debitamente protetto dai vandali, in grado di interagire con i computer della sede centrale della Polizia. Se viene rilevata la presenza di una vettura non autorizzata, scatta l’avviso ai computer della centrale di Polizia che può pertanto intervenire per rilevare multe e rimuovere i veicoli. Questo dispositivo è già attivo, anche se in via sperimentale, su quattro postazioni a Sesto San Giovanni (Milano) e ora è stato presentato anche a Roma.

Credo però che se ognuno di noi rispettasse le regole e i divieti solo per il fatto che esistono, si risolverebbero molti problemi. La repressione e la punizione sono da sempre metodi efficaci per raggiungere l’obiettivo desiderato poiché a nessuno fa piacere essere multato o andare incontro ad altri provvedimenti, ma – ancora una volta – dispiace notare che per ottenere il rispetto delle regole si debba utilizzare qualche “atto di forza”, proprio là dove dovrebbero esserci solo il buon senso e le buone prassi di comportamento.
Si eviterebbe la necessità di studiare e mettere in atto sistemi che inevitabilmente vanno ad accrescere i costi della Pubblica Amministrazione che, com’è noto, ricadono su tutti i cittadini. Anche se non si tratta, come è stato ventilato, di costi esorbitanti e inaccessibili, in un periodo di crisi finanziaria ed economica le spese inutili vanno, dove possibile, tagliate e non invece aumentate.
L’altro grosso problema riguarda i diretti fruitori dei permessi che per essere tutelati nei loro stessi diritti, si vedono costretti a subire interferenze sulla propria privacy, dato che i telecomandi sono personali e vengono rilasciati sulla base delle impronte digitali di chi ne ha diritto.
Altri dubbi, infine, riguardano la legittimità dell’uso di questi dispositivi nei confronti di tutti coloro che, pur possedendo un tagliando arancione, non abitano nei Comuni in cui sono stati attivati questi dispositivi. Verrà fatta anche a loro la multa?

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