A Lampedusa, Amadou Diouf era arrivato con una barca di latta stipata all’inverosimile nel giugno del 2023. L’isola per lui era come un miraggio, non solo perché rappresentava l’agognato punto d’arrivo di un viaggio durato tre mesi, cominciato dal Senegal nel quale aveva dovuto affrontare il deserto. Ma anche perché, prima di salpare dalla Tunisia, si era opposto con tutte le sue forze alla confisca del telefonino e in cambio era stato colpito alla testa con una pietra che gli aveva procurato una ferita profonda annebbiandogli la vista. Una storia come le altre che in alcune immagini da lui stesso scattate richiamano il film di Matteo Garrone Io capitano.
Ma in Sicilia, il destino gli aveva riservato una svolta inattesa. Sordo sin dalla nascita, Amadou, allora diciassettenne, fu portato a Palermo in un centro di accoglienza per minori non accompagnati. Qui entra in contatto con Alessandro Ienzi, giovane e vulcanico avvocato, autore e regista teatrale palermitano che ha fondato Raizes, una compagnia teatrale incentrata sui diritti umani, sostenuta dalle Istituzioni transnazionali e che lavora con molte organizzazioni non governative. «All’epoca conducevo il progetto Indifferenze, un corso di formazione teatrale per giovani con scarse possibilità o con un background migratorio, per creare giovani leader europei – racconta Ienzi -. Un progetto che ha coinvolto 220 ragazzi».
Ecco che Ienzi vede nella storia di Amadou e nella sua disabilità una grande opportunità di crescita e di emancipazione. Gli affianca Yong Di Wang, un ragazzo di vent’anni cieco, nato a Catania da una famiglia cinese; e con questa coppia crea lo spettacolo Open. «Rappresentando la crescita di due persone, dall’infanzia all’età adulta, attraverso il gioco, lo spettacolo esplora le capacità di comunicazione degli esseri umani, facendo uso delle disabilità di Amadou e Yong come strumenti alternativi».
Lo spettacolo, già presentato all’apertura della School for Human Rights Defenders di Venezia, all’European Youth Event del Parlamento Europeo svoltosi a Forlì, al Forum dei Diritti Umani di Vienna, è andato in scena nei giorni scorsi a Lampedusa, ospite del Comitato 3 Ottobre, che ricorda la strage di migranti avvenuta il 3 ottobre 2013, davanti alle coste dell’isola (368 morti affogati per il rovesciamento di un barcone).
Sul palco Amadou e Yong hanno giocato alla guerra, hanno creato cappelli, bambole, ruote, hanno danzato, usando tutti i sensi e le sensibilità che compensano la loro disabilità. Poi sul palco irrompe il rumore del vento, Amadou si versa violentemente dell’acqua addosso: è la rievocazione della traversata nel Mediterraneo, piena di incognite e di sofferenza. La commozione e le lacrime erano ben visibili tra il pubblico.
Lo spettacolo si è svolto in Piazza Castello davanti a quel Molo Favaloro dove vengono portate le barche dei migranti che arrivano sfiniti e impauriti.
Amadou ora è riapprodato a Lampedusa e ha “rivisto” quel film. Ma questa volta la sua è una storia di speranza, nel segno della solidarietà e dell’arte.
Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Amadou e Lampedusa: il secondo approdo ha la forza del teatro”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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