Tutti allo stadio? Sì, a parte quel piccolo dettaglio

di Franco Bomprezzi*
Il nuovo stadio della Juventus a Torino è sicuramente una struttura pensata per accogliere tutti, anche i tifosi con disabilità, ma è clamoroso constatare come la progettazione architettonica si perda di fronte a un piccolo, insignificante, ma decisivo dettaglio: gli spettatori si alzano in piedi - quelli che possono farlo, ovviamente - specie quando l'azione si fa interessante e pericolosa sotto porta...

Poco prima che inizi la partita...Siamo partiti dallo stadio più moderno d’Italia, quello fatto a tempo di record, per la nuova Juventus. È toccata a me, interista conclamato, la prova più dura, ossia testare l’accessibilità complessiva di questo splendido contenitore del calcio, proprio nella serata più dura per il tifoso che è in me, quella della sconfitta per due a zero a Torino.
Era nell’ordine dei risultati possibili, se non probabili, e non voglio qui parlare di calcio, ma solo di diritto ad assistere, anche in sedia a rotelle, nel migliore dei modi, a una partita importante. Non sono un valutatore tecnico dell’accessibilità, e non voglio cimentarmi proprio adesso in un lavoro di analisi dal punto di vista del rispetto delle norme di legge. Desidero solo mettere i Lettori a parte di alcune sensazioni, concrete, da appassionato di calcio, per tentare anche di aprire – proprio partendo da Torino – una riflessione su una delle passioni più diffuse in Italia, che deve fare i conti, molto spesso, con impianti inadeguati, sistemazioni precarie, procedure complicate, ma anche con buoni esempi, situazioni positive, realtà da imitare o comunque da migliorare.

Allora lo dico subito: lo stadio di Torino è sicuramente una struttura pensata per accogliere tutti, anche i tifosi disabili, ma è clamoroso constatare come la progettazione architettonica si perda di fronte a un piccolo, insignificante, ma decisivo dettaglio: gli spettatori si alzano in piedi – quelli che possono farlo, ovviamente – specie quando l’azione si fa interessante e pericolosa sotto porta. E allora confrontiamo subito, qui a fianco, due immagini che io stesso ho scattato.
La prima è davvero bella. Ecco che cosa riuscivo a vedere, dal posto 5 della lunga fila di spazi destinati a ospitare le sedie a rotelle. Praticamente tutto il campo, dall’alto, con un’ottima visuale. Il settore riservato agli spettatori disabili è infatti la curva nord, all’altezza del primo anello, al quale si accede abbastanza agevolmente dall’esterno (nessuna barriera), anche se le rampe sono di una pendenza non indifferente e sicuramente richiedono l’aiuto di un accompagnatore.

...e nei momenti più «caldi»Ma ecco, nella seconda immagine, che cosa succede quando l’azione si fa pericolosa e il gioco si svolge vicino alla porta: tutti si alzano in piedi, come è del tutto comprensibile per i tifosi. Ma il risultato, per chi non può balzare dalla carrozzina, a meno di non essere un “falso invalido”, è questo: ho fotografato schiene e spalle, esattamente quello che stavo vedendo, e come me tutti gli spettatori abituali con disabilità – ovviamente soprattutto di tifo juventino – che da tempo si lamentano per questa situazione spesso davvero quasi insostenibile.
Il fatto è che immediatamente al di sotto della balconata lasciata libera in curva per gli spettatori a rotelle si trova, a picco, la gradinata della curva, occupata fino a poche decine di centimetri dalle carrozzine. A nessuno è venuto in mente – al momento della progettazione -, che gli spettatori, ovunque nel mondo, fan proprio così, d’istinto, e non li si può certo rimproverare per questo.
Non solo: gli accompagnatori devono forzatamente permanere in piedi per tutto il tempo della partita, non essendo previsto, come ad esempio avviene allo stadio milanese di San Siro, uno spazio per panchetti o sedili, a fianco degli spazi per le carrozzine.
Non è una buona soluzione, anche se è apprezzabile la gratuità del posto, sia per la persona disabile che per l’accompagnatore. Mi pare però che si potesse fare di meglio, specialmente trattandosi di uno stadio di nuova progettazione, ritenuto con orgoglio una specie di esempio di eccellenza a livello nazionale ed europeo.

Gli amici con disabilità torinesi mi hanno sottolineato questo disappunto: lo registro fedelmente e lo faccio mio, non per polemica, ma perché è vero. Ed è un peccato. Penso che una soluzione si possa e si debba trovare, non rassegnandosi a una prassi che viene probabilmente subita e accettata più per passione calcistica che per razionalità.
Ecco, partiamo così, a raccontare di uno spazio eccellente, al quale si arriva da ampi parcheggi, da una procedura di accredito abbastanza agevole nel sito della società (sito che però non tiene certo conto della piena accessibilità per persone disabili). Ottima la struttura di servizio (compresi i bagni), ma per chi va allo stadio l’unico vero desiderio, diciamolo francamente, è quello di vedere la partita, dall’inizio alla fine. Disabili e non.

Questo è il mio racconto. Ma sarebbe bello ricevere da tutti la documentazione fotografica e il racconto di altri stadi, di altre situazioni, per far crescere la sensibilità e l’attenzione nei confronti di un diritto tutt’altro che scontato, tutt’altro che banale, visto il livello di socializzazione che il calcio consente.

*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente articolo è apparso (con il titolo Allo stadio come tutti. Più o meno) anche in InVisibili, blog del «Corriere della Sera» (di quest’ultimo si legga anche nel nostro sito cliccando qui). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione di tale testata.

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