La sindrome dell’emiplegia alternante (EA) è una malattia neurologica con manifestazioni parossistiche molto invalidanti, la cui diagnosi è sovente a lungo misconosciuta dai medici che vedono i bambini affetti e che, non conoscendo tale sindrome rara (200 casi circa nel mondo, di cui 60 circa in Europa), interpretano i disturbi come di origine epilettica o emicranica.
I primi casi sono stati riportati nel 1971, da S. Verret e J.C. Steele, ma risale solo al 1980 la descrizione dettagliata, da parte di I. Krageloh e J. Aicardi che hanno isolato la sindrome come una malattia specifica severa con prognosi neurologica e psicointellettiva riservata.
Manifestazioni
La malattia comincia nel primo anno di vita (sempre prima dei 12 mesi, nei tre quarti dei casi prima dei 6 mesi) e si caratterizza per gli attacchi di emiplegia (paralisi di un solo lato del corpo) che insorgono all’improvviso oppure nell’arco di qualche minuto e colpiscono alternativamente ciascuno dei due lati del corpo, talvolta entrambi insieme.
La frequenza e la durata delle emiplegie variano da un caso all’altro e da un attacco all’altro, mentre l’intervallo medio fra gli attacchi stessi va dalle 24 alle 48 ore, fino a un mese; gli attacchi più brevi durano qualche minuto, i più lunghi alcuni giorni.
Si tratta di un’emiplegia flaccida, senza sindrome piramidale, in cui l’intensità fluttua moltissimo da un minuto all’altro: il bambino può afferrare un oggetto, cinque minuti dopo il suo braccio pende inerte, due minuti più tardi è ancora in grado di servirsene.
Le crisi prendono alternativamente il lato sinistro o quello destro del corpo e passano da un lato all’altro dopo un intervallo libero che va da qualche ora a qualche giorno. Certi bambini hanno attacchi molto severi con un’improvvisa paralisi bilaterale.
Disturbi vegetativi
Le emiplegie si accompagnano a disturbi vegetativi (modificazioni vasomotorie di un arto o di un intero lato del corpo, ipotermia o febbre), a manifestazioni di malessere o di sofferenza (pianto, agitazione) molto severe in caso di emiplegia doppia, fino a una diminuzione della vigilanza, ma non a perdita di coscienza.
Elemento molto caratteristico di queste emiplegie è la loro scomparsa totale durante il sonno e la loro ricomparsa nei 15 o 20 minuti che seguono il risveglio.
Altre manifestazioni parossistiche
Si osservano poi altre manifestazioni parossistiche essenziali per la diagnosi: attacchi di nistagmo, di strabismo, crisi toniche isolate (che sono spesso il primo sintomo della malattia e precedono le emiplegie di qualche mese con iperestensione degli arti di un lato del corpo), deviazione laterale della testa e degli occhi. Queste crisi toniche durano da due a tre minuti e sono diagnosticate come crampi o torcicollo.
Disturbi della deglutizione, stridore e dispnea parossistica si vedono soprattutto in casi di emiplegia doppia.
Infine, autentiche crisi di epilessia si osservano circa in un terzo dei casi, spesso nel corso di episodi emiplegici, forse come conseguenza di perturbazioni emodinamiche.
Possibili cause scatenanti
I genitori segnalano in certi bambini l’effetto scatenante della fatica, delle emozioni, del contatto con l’acqua, del calore o, al contrario, del freddo, ma non si è trovato alcun fattore scatenante costante.
Evoluzione e prognosi
L’evoluzione è lenta e variabile da un malato all’altro: gli attacchi emiplegici possono diradarsi, ma persistono fino all’età adulta.
Le manifestazioni parossistiche associate si attenuano e dopo cinque o sette anni di evoluzione, le emiplegie sopravvivono senza fenomeni di accompagnamento.
Due elementi, per altro, oscurano pesantemente la prognosi:
– il ritardo mentale presente in tutti i pazienti, di grado variabile, spesso con un severo impedimento a una scolarità normale;
– una sindrome di movimenti anormali, coreoatetosi o distonia permanente persistente tra un attacco e l’altro.
Scarsi risultati dal laboratorio
Gli esami di laboratorio non sono significativi: TAC e risonanza magnetica nucleare sono normali.
L’elettroencefalogramma eseguito durante gli attacchi non mostra attività parossistiche.
Gli studi in SPECT (Tomografia ad emissione di fotoni singoli) hanno mostrato risultati contradditori: ipoperfusione o, al contrario, iperperfusione dell’emisfero cerebrale controlaterale all’emiplegia in corso d’attacco – probabilmente in funzione dei tempi di registrazione in rapporto all’inizio degli attacchi – perfusione normale in periodo intercritico.
Fisiopatologia incompresa
La fisiopatologia rimane tuttora incompresa. I rapporti con l’epilessia e l’emiplegia emicranica sono stati discussi, ma il loro ruolo eziologico è stato scartato.
Durante gli attacchi nessuna attività parossistica di natura epilettica è registrata dall’elettroencefalogramma; il passaggio dell’emiplegia da un lato all’altro e l’interessamento di entrambi i lati, in certi attacchi, i fenomeni vegetativi e oculari associati, e soprattutto il deficit intellettuale e neurologico permanente in corso di evoluzione sono altrettanti elementi che distinguono le emiplegie alternanti dalle emiplegie emicraniche. Ipotizzata anche una patologia mitocondriale.
Le ricerche
Attualmente le ricerche si orientano verso una patologia dei canali ionici. Ciò può rendere conto del carattere parossistico all’inizio dell’attacco e della fine brusca, oltre che della totale scomparsa dei sintomi tra un attacco e l’altro.
L’azione della flunarizina, inibitore dei canali del calcio, il solo medicamento ad avere una reale sebbene incompleta efficacia sulla durata e sull’intensità delle emiplegie, viene a confortare questa ipotesi.
Nel 1987 uno studio internazionale in doppio cieco realizzato su dodici bambini aventi almeno due attacchi al mese ha mostrato che la flunarizina in trattamento cronico, in dose variante dai 5 ai 10 mg al giorno, aveva – in undici di loro – un’azione preventiva sulla durata e la gravità degli attacchi. In compenso, sembra avere poca azione sulla loro frequenza.
Oltre alla flunarizina, il trattamento preventivo degli attacchi è deludente. I farmaci antiepilettici sono senza effetto sulle emiplegie e non sono indicati che in casi di autentiche crisi epilettiche associate.
Idrato di cloralio e niaprazina
L’idrato di cloralio (da 300 a 600 mg) per via rettale è raccomandato negli attacchi gravi di emiplegia doppia con fenomeni vegetativi severi. Il suo meccanismo di azione non è molto chiaro: esso agirebbe sia come modulatore dell’azione GABA, sia nell’indurre rapidamente il sonno che pone fine all’attacco.
Recentemente la niaprazina (Nopron) è stata consigliata come trattamento dell’attacco in corso di crisi: alla dose di 20 mg l’effetto sarebbe indipendente dalla sua azione sul sonno.
Presa in carico a domicilio
La presa in carico dei pazienti è realizzata al meglio a domicilio, dai genitori, i quali sono ben abituati ai sintomi presentati dai loro bambini e conoscono spesso ciò che può alleviarli.
Certi genitori, conoscendo i fattori scatenanti degli attacchi, evitano il contatto con l’acqua, il freddo, il caldo e le emozioni forti, ma ciò dev’essere effettuato con misura, perché può condurre a un’educazione iperprotettiva che ha altri inconvenienti.
Il comportamento del medico
In caso di attacchi occorre che il medico riconosca la sindrome per evitare esami invasivi e inutili che non fanno altro che affaticare il bambino e aumentare la durata e la severità dell’attacco.
Importante è poi lasciare il bambino calmo e provare ad addormentarlo, perché l’emiplegia scompare con il sonno. Bisogna approfittare del quarto d’ora che segue il risveglio per alimentare il piccolo paziente, prima che l’emiplegia e i disturbi riappaiano.
Negli attacchi molto severi di emiplegia doppia con dispnea laringea, l’ospedalizzazione può essere necessaria per controllare la respirazione.
Le strade della genetica
Le ricerche attuali sono tutte dirette all’identificazione di un gene candidato.
Lo studio dei cromosomi 3 e 9 è particolarmente interessante, poiché è stato riferito negli Stati Uniti di una famiglia con più membri affetti e con una translocazione equilibrata 3-9.
Lo studio del cromosoma 19 è un’altra pista di investigazione poiché vi è localizzato il gene dell’emiplegia emicranica familiare, dell’atassia cerebrale familiare diamoxsensibile e dell’arteriopatia cerebrale dominante con infarto sottocorticale e leucoencefalopatia, conosciuta sotto l’acronimo di CADASIL. Inoltre, il cromosoma 19 è il codice per una proteina legata ai canali del calcio. Questa direzione della ricerca sembra dunque promettente.
Malattia sporadica
La sindrome di emiplegia alternante non è, a priori, una malattia genetica. Oltre alla famiglia americana con la translocazione 3-9 sopra menzionata e le cui manifestazioni cliniche sono molto meno severe che negli altri casi, tutti i casi conosciuti sono sporadici.
*Associazione Italiana per la Sindrome di Emiplegia Alternante.
Via Sernovella, 37, 23878 Verderio Superiore (Lecco)
tel. e fax 039 9518046, vavassori@aiseaonlus.org – www.aiseaonlus.org.