Retinite pigmentosa è il nome dato ad un gruppo di malattie ereditarie della retina, il tessuto preposto alla ricezione dello stimolo luminoso.
Si tratta di una disfunzione caratterizzata dalla comparsa, negli stadi più avanzati della malattia, di zone abnormi di pigmento, ciò che comporta un progressivo deterioramento della retina la quale perde la capacità di trasmettere le immagini al cervello.
Manifestazioni patologiche
La retinite pigmentosa presenta molte e differenti manifestazioni patologiche per ogni singolo caso: può determinare un restringimento del campo visivo e una progressiva difficoltà all’adattamento al buio e alla penombra, se colpisce le zone periferiche della retina ove sono prevalentemente ubicati i cosiddetti bastoncelli (che consentono appunto la visione nella penombra e permettono di avvertire il movimento nelle zone laterali) oppure può portare alla perdita della visione centrale se i coni ubicati al centro della retina (che governano la messa a fuoco della vista, permettendo di leggere e percepire i colori) subiscono un cambiamento.
Sviluppo della malattia
La velocità di progressione della malattia varia da soggetto a soggetto. In genere la retinite pigmentosa si manifesta in gioventù, ma colpisce frequentemente anche i bambini.
Essa agisce subdolamente: è infatti difficile avere la reale percezione di quanto si sia ristretto il campo visivo poiché, per un sistema di compensazione cerebrale, si è portati a credere di vedere i luoghi e le cose impresse nella nostra memoria. Ciò consente di muoversi con disinvoltura in ambienti noti, ma non di avvertire l’imprevisto, di percepire le variazioni e gli spostamenti nell’ambiente circostante.
I sintomi
Sintomi principali della malattia sono la cecità notturna (incapacità di vedere in condizioni di scarsa luminosità), la reazione alla luce eccessivamente forte (abbagliamento), il progressivo restringimento del campo visivo fino a giungere alla cecità totale.
La retinite pigmentosa costituisce la prima causa della cecità sopravvenuta in età adulta e la prima causa di cecità ereditaria in tutto il mondo (nel nostro Paese viene stimata un’incidenza di una persona ogni tremila.
Essa si accompagna anche ad altre patologie, come la cataratta, la sordità (sindrome di Usher) e il ritardo mentale. I pazienti, inoltre, possono essere miopi, ipermetropi, soffrire di deformazioni della cornea, strabismo o altro ancora.
Cause e trasmissione
La retinite pigmentosa è causata da una mutazione del DNA e in particolare di un gene che codifica una delle proteine coinvolte nel processo che determina la trasformazione di impulsi luminosi in segnale nervosi. Questo fa sì che le proteine non funzionino regolarmente e il metabolismo della cellula retinica ne sia alterato. La conseguenza è che le cellule programmate per durare molti anni muoiono prima.
Tutte le forme di retinite pigmentosa sono ereditarie e fino ad ora ne sono state individuate tre diverse modalità di trasmissione: autosomica dominante, autosomica recessiva, e legata al sesso (X-Linked).
Trattamenti
Attualmente non esiste una cura risolutiva a questa malattia, anche se i ricercatori hanno sviluppato diversi sistemi terapeutici che vanno dallo sviluppo della terapia genica, alla realizzazione di molecole che indirettamente rallentano la morte cellulare o fanno rigenerare le cellule retiniche, dal trapianto di retina alla realizzazione della retina artificiale (occhio bionico).
Questi trattamenti – alcuni dei quali sono ancora a livello sperimentale – non possono però realizzarsi su vasta scala.
In letteratura internazionale sono stati proposti trattamenti per rallentare la progressione della malattia come la vitamina A (1993) e l’ossigenoterapia iperbarica (1999).
*Consigliere dell’AIRPI (Associazione Italiana Retinite Pigmentosa e Ipovisione).
Il recapito dell’AIRPI è: Casella postale 4135, Roma Appio, airpi@tiscalinet.it.