La “relazione di aiuto”, la “relazione che cura”, la “relazione tra curante e curato” sono al centro di una recente pubblicazione data alle stampe dal Gruppo Solidarietà e intitolata La cura della vita nella disabilità e nella malattia cronica, là dove il curato può essere ricondotto al malato o alla persona con disabilità e dove il curante può essere il medico, l’operatore sanitario, l’educatore, il volontario, l’amico, il parente.
«Relazioni – si legge nella presentazione del volume – che rimandano ad un’asimmetria, ad un’impossibile parità. L’invito è quello di vedere oltre la malattia, la limitatezza, la disabilità, la patologia, per arrivare alla persona – alla donna e all’uomo con un nome e un cognome – con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue necessità. Vedere oltre, questa è la richiesta, l’invito. Un invito ai curanti perché in quel vedere oltre, c’è anche un vedere dentro di sé, volgersi verso i propri sentimenti ed emozioni. C’è una relazione che cura e che guarisce anche quando, paradossalmente, davanti a noi c’è una persona inguaribile. Quando l’altro cessa di essere una malattia, una patologia, un’insufficienza. Ricompare, allora, l’umano. Un umano che ci mette davanti alle nostre difficoltà e paure – che possono assumere la maschera del distacco, fino, a volte, alla supponenza – che ci fa sperimentare più spesso l’impotenza».
«Talora – continua la presentazione dell’opera, che assomma contributi di Andrea Canevaro, Roberto Franchini, Vanna Iori, Ivo Lizzola, Antonio Valentini e Riziero Zucchi – ci viene richiesto soltanto di esserci: presenti e silenziosi. L’incontro con la debolezza e la sofferenza può diventare anche l’incontro con noi stessi, con le nostre fragilità e in-certezze; le nostre incapacità di ascolto. La nostra paura di farci “spazi vuoti” per accogliere l’altro. Un incontro che può condurci alla conoscenza dell’altro».
«Questo libro – spiegano i responsabili del Gruppo Solidarietà – nel quale, vale la pena ricordarlo, non c’è alcun rifiuto di competenze e specializzazioni, vuole essere un invito a “farci attraversare dall’altro”, a fargli posto, un altro che non deve scomparire dietro una diagnosi o una patologia. Un altro che rendendoci meno sicuri e più incerti, può restituirci, nei nostri ruoli, un po’ di umanità. Di questo, ci pare, c’è grande bisogno all’interno delle “istituzioni che curano”, siano esse ospedali, residenze sanitarie, servizi socio educativi. Luoghi accoglienti e non giudicanti; luoghi umanizzanti per gli stessi curanti». (S.B.)
Gruppo Solidarietà, Via S. Fornace, 23, 60030 Moie di Maiolati (Ancona)
tel. e fax 0731 703327, grusol@grusol.it.
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