SLA: una questione di pulizia cellulare?

È quanto sembra dimostrare una recente scoperta, che ha individuato appunto nella sclerosi laterale amiotrofica - per il momento solo sul modello animale - il cattivo funzionamento di un gruppo di enzimi che serve a demolire le proteine danneggiate o alterate. Lo studio potrebbe dunque aprire una strada in futuro a strategie terapeutiche per questa grave malattia neurodegenerative progressiva dalle cause ancora in gran parte sconosciute

Nell'immagine un motoneurone malato (a destra) in fase di degenerazione, processo che contraddistingue la sclerosi laterale amiotroficaPulizia della cellula non fatta a dovere: sembra essere questo uno dei meccanismi alla base della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), grave malattia neurodegenerativa progressiva dalle cause ancora in gran parte sconosciute.
È quanto emerge da uno studio pubblicato nella rivista «Human Molecular Genetics» da Caterina Bendotti (Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano) e Silvia De Biasi (Università di Milano).

In sostanza, nelle persone affette da SLA si assiste a una progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i muscoli responsabili di attività fondamentali come il movimento, il linguaggio, la deglutizione e la respirazione.
Da tempo i ricercatori sanno che nei motoneuroni colpiti dalla malattia sono presenti proteine dalla struttura anomala il cui accumulo può provocare il malfunzionamento e quindi la morte di queste cellule. In condizioni normali, infatti, le cellule controllano in modo molto accurato qualsiasi proteina prodotta, regolando in particolare la demolizione di quelle danneggiate o alterate tramite vie metaboliche specializzate.
Una di queste vie è quella che gli scienziati chiamano proteasoma, un insieme di enzimi che di fatto “digerisce” le proteine da eliminare, rendendole innocue.

Lo studio di Bendotti e De Biasi dimostra che nella SLA si ha effettivamente un difetto nell’attività del proteasoma, ciò che è stato provato nel modello animale della malattia, un topo geneticamente modificato che produce una forma mutata della SOD1 (responsabile di circa il 20% delle forme ereditarie di SLA) e che presenta un decorso clinico e alterazioni cellulari simili a quelli che si riscontrano nell’uomo.
Sfruttando dunque la proteina fluorescente GFP (acronimo che sta per Green Fluorescent Protein, tecnologia che nel 2008 ha valso ai suoi scopritori il Premio Nobel per la Chimica), i ricercatori hanno potuto visualizzare i motoneuroni malati in cui il complesso del proteasoma era malfunzionante. Questi risultati confermano quelli già ottenuti nel 2007 dallo stesso gruppo sulle singole cellule portatrici della proteina SOD1 mutata.

La scoperta – frutto di un ampio progetto incentrato sulla patogenesi della SLA, che si avvale del finanziamento di Telethon e cui partecipa anche Angelo Poletti dell’Università di Milano – apre la strada a una possibile strategia terapeutica, basata sull’individuazione e sull’applicazione di sostanze in grado di supportare e rinforzare l’attività detossificante del proteasoma.
Una sorta di “aiutanti” in grado di favorire maggiormente l’eliminazione delle proteine tossiche che le cellule malate da sole non riescono a distruggere. I ricercatori sono infatti già al lavoro per sperimentare – al momento solo su modelli di laboratorio – l’efficacia di alcune sostanze già note per avere questa capacità, nella speranza che non siano tossiche e che possano rallentare il decorso della patologia. (Ufficio Stampa Telethon)

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Telethon, tel. 06 44015402, ufficiostampa@telethon.it.

Ad occuparsi in Italia di SLA vi è:
AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), numero unico 199 242466, segreteria@aisla.it.

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