Più di sessantacinque centri italiani che lavorano con persone in stato vegetativo e in stato di minima coscienza si sono riuniti a Milano, insieme a numerose associazioni di familiari, per il lancio del progetto di ricerca nazionale denominato Funzionamento e disabilità negli stati vegetativi e negli stati di minima coscienza.
L’iniziativa, che dovrebbe coinvolgere più di ottocento pazienti ospitati in strutture italiane o a domicilio, è coordinata dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e finanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, attraverso il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM).
«Si tratta del più ampio studio sulle persone in stato vegetativo e in stato di minima coscienza mai realizzato in Italia – afferma Matilde Leonardi della Direzione Scientifica della Fondazione Besta, coordinatrice della ricerca – e uno dei più ampi a livello internazionale. Le informazioni che metteremo a disposizione della comunità scientifica e del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali permetteranno infatti di rilevare gli attuali percorsi di cura dei pazienti nelle diverse realtà coinvolte dal progetto e di proporre un modello di presa in carico, comune a tutto il territorio nazionale».
Il progetto, che segue una fase pilota su cui l’unità operativa di ricerca coordinata da Leonardi ha lavorato negli ultimi tre anni, nasce in un momento storico particolarmente significativo da un punto di vista culturale, scientifico e politico.
La complessa realtà riguardante le persone in stato vegetativo e in stato di minima coscienza e le loro famiglie non è stata, fino ad oggi, adeguatamente e sistematicamente indagata. I dati epidemiologici sono poco precisi, le prassi organizzative e socio-assistenziali disomogenee nelle diverse zone del Paese, le caratteristiche e i bisogni delle famiglie mai indagati su larga scala; né vi sono nemmeno informazioni sul carico degli operatori socio-sanitari.
«La disabilità delle persone in stato vegetativo e in stato di minima coscienza non è un problema esclusivo dell’individuo e della sua famiglia – sottolinea ancora Leonardi – ma un problema collettivo, dove l’impegno e lo sforzo delle politiche sociali e sanitarie possono giocare un ruolo fondamentale nel garantire e mantenere un dignitoso livello di salute e, di fatto, una dignità della persona in quanto persona e non in quanto malato».
Da segnalare che le questioni etiche collegate alla situazione di questi pazienti e delle loro famiglie rappresentano uno dei principali ambiti di rilevanza del progetto Nazionale e saranno affrontate con tutti gli operatori, grazie alla presenza come partner del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica.
«Accanimento terapeutico, proporzionalità delle cure, consenso informato – afferma Adriano Pessina, direttore di tale Centro – così come la questione antropologica, che ha conseguenze sulle prassi organizzative socio-sanitarie e sulle politiche, sono temi di grande rilevanza oggi in Italia e abbiamo voluto discuterne assieme a coloro che ogni giorno vivono come professionisti o come familiari questi problemi».
Al progetto nazionale CCM, oltre ai sessantacinque centri italiani che ospitano pazienti in stato vegetativo e in stato di minima coscienza e alle associazioni di familiari, hanno aderito anche la FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) e l’AIDM (Associazione Italiana Donne Medico). (Ufficio Stampa Istituto Besta)
La notizia è oggettivamente importante, visto lo spessore del progetto e le persone coinvolte. Come tale abbiamo scelto naturalmente di darla ai lettori. Dobbiamo però constatare con rammarico la totale assenza di coinvolgimento delle persone con disabilità (si parla infatti solamente di “associazioni di familiari”), ovvero dei diretti destinatari della ricerca. «Dovremmo forse chiederlo direttamente al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – dichiarano provocatoriamente i responsabili della FISH – ovvero a chi finanzia il lavoro, di essere chiamati a far parte del gruppo che se ne sta occupando?».
L’auspicio è dunque che in tempi brevi il coinvolgimento delle organizzazioni di persone con disabilità sia concreto, come si chiede da più parti nella stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata alla fine del febbraio dal nostro Parlamento. In altre parole, vogliamo far sì che in iniziative come queste Nulla su di Noi senza di Noi diventi una prassi e non semplicemente una bella dichiarazione d’intenti? (S.B.)
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