«”Non c’è nulla di più ingiusto quanto fare parti uguali tra diseguali…“: prenderemo in prestito da don Milani questa frase tratta dalla Lettera a una professoressa per scriverla su centinaia di cartelloni davanti alla sede della Regione Lazio, per mano di operatori, terapisti, famiglie e disabili».
Lo dichiarano gli organizzatori della manifestazione pubblica prevista per martedì 26 maggio a Roma (Via Rosa Raimondi Garibaldi, ore 10) e indetta dopo le ripetute richieste di dialogo con la Regione Lazio e le annunciate convocazioni per l’apertura di un tavolo di trattative.
A promuovere l’iniziativa sono state l’ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari) e la FOAI (Federazione degli Organismi per l’Assistenza alle Persone Disabili), vale a dire i due più importanti coordinamenti regionali dei Centri di Riabilitazione nel Lazio, che hanno deciso di scendere in piazza per denunciare i tagli indiscriminati alla sanità.
«Si parla infatti – viene spiegato – di prestazioni riabilitative per centinaia di persone disabili che rischiano di rimanere senza servizi essenziali e senza alternative. Naturalmente le autorità pubbliche si guardano bene dal dire chi tagliare e chi mandare a casa, contravvenendo alle regole elementari di ogni committente. Non c’è da dimenticare, inoltre, che le tariffe sono ferme ormai da dieci anni, evidentemente perché i disabili psichici e mentali costituiscono un “comparto debole”».
Va detto anche che quella del 26 maggio – cui hanno aderito tutti gli associati di ARIS e FOAI – sarà una manifestazione silenziosa: tutti con un bavaglio bianco alla bocca, infatti, con cartelloni e striscioni dove compariranno i punti della piattaforma rivendicativa. La mattinata si concluderà poi con una conferenza stampa all’aperto, con i presidenti dei due coordinamenti regionali e la partecipazione di don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco.
«Tagliare in questo modo – aveva dichiarato qualche settimana fa lo stesso don Vinicio Albanesi – significa lasciare persone per strada. Se si tagliano posti letto in un ospedale, ci si può rivolgere a un altro ospedale. Ma queste persone non hanno alternative. Chi oggi la Comunità ha in carico, domani non avrà più servizi. Una sofferenza ulteriore per tante famiglie già provate, per genitori che, invecchiando, sentono tutto la responsabilità di assicurare una vita serena ai propri figli. Dal punto di vista dell’occupazione, poi, sarà necessario mettere in mobilità terapisti e personale sanitario». (S.B.)
Articoli Correlati
- Ci sono bugie che hanno il naso lungo Torneranno in piazza il 22 luglio, con una nuova manifestazione silenziosa, l'ARIS e il FOAI - i due più importanti coordinamenti regionali dei Centri di Riabilitazione nel Lazio - insieme…
- Bologna, Barbiana, Firenze: tra memoria e attualità, tra sociale e sanità «Ad un anno dalla scomparsa di Andrea Canevaro - scrive Andrea Pancaldi - e nel centesimo anniversario della nascita di don Lorenzo Milani, due ricorrenze estremamente significative per tutti coloro…
- Quando la malasanità ricade sui disabili e sulle loro famiglie È questo il caso della Regione Lazio, dove - secondo quanto denuncia il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi - non può essere certo la più recente delibera…