Nel panorama lessicale della riabilitazione le quattro parole (o meglio i quattro aggettivi) che preferiamo sono: precoce, intensiva, completa, domiciliare. Esse infatti esprimono con precisione – così marcata da non sembrare quasi “italiana” – le caratteristiche della metodica riabilitativa – il cosiddetto “metodo Doman” – che le nostre famiglie hanno seguito per lunghi anni.
Nessun desiderio di riaprire qui annose polemiche pro o contro tale metodica: ben nota è la sua ascientificità – comune del resto a tutte le metodiche del settore – controverso l’esame statisticamente obiettivo dei risultati ottenuti e altrettanto controversi i risvolti economici e di soggezione psicologica con sfumature “messianiche” che tale metodica secondo i detrattori produrrebbe. E tuttavia dobbiamo considerare come primo elemento di valutazione dei risultati quello espresso dalle “famiglie con disabilità” che con tale metodica hanno lungamente convissuto. In questo senso la valutazione è globalmente positiva. E tale positività crediamo derivi principalmente da quei quattro aggettivi che la definiscono:
– precoce: pochi, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, affermavano l’utilità di un trattamento riabilitativo sin dalla primissima infanzia, riferendosi principalmente a paralisi cerebrali connatali di varia eziologia. La precocità del trattamento permette infatti di sfruttare appieno le potenzialità plastiche del cervello giovanissimo;
– intensiva: molto lavoro, probabilmente “ascientifico”, ma basato sulle scoperte effettuate dagli stessi genitori. Molte ore al giorno, tutti i giorni dell’anno, forse per molti anni;
– completa: da intendersi come “olistica”; e questo per noi è il lato più positivo. La metodica comprendeva – e credo comprenda ancor oggi – tutti gli aspetti fondamentali del fisico e dell’intelletto della giovanissima persona con disabilità: respiratorio, motorio, nutrizionale, intellettivo e relazionale;
– domiciliare: aggettivo “obbligato”, ma veramente fondamentale; non reclusioni o ricoveri, ma una vita non facile, però in famiglia!
Poi le famiglie con disabilità hanno fatto il resto: dopo un po’ hanno adattato la presunta rigidità della metodica ai singoli casi, hanno smussato inutili preclusioni (esempio classico: l’andare a scuola!), hanno privilegiato la qualità complessiva della vita rispetto a dogmatiche ostinazioni.
Certo, è bello vedere che a distanza di molti anni questi quattro aggettivi sono stati in un certo senso “riscoperti”: li rileggo infatti, più o meno immutati, negli articoli che si soffermano su un recente convegno a Genova riguardante il trattamento precoce della sindrome autistica (si legga ad esempio in questo sito il testo intitolato Autismo: un intervento intensivo e precoce dà sempre buoni risultati, cliccando qui e per approfondimenti l’articolo di «Italiasalute.it» disponibile cliccando qui), nonché in quelli sui progressi di Simone Castellani, ragazzo con cerebrolesione di Gragnano (Napoli), di cui si è occupata la rubrica del TG1 Fa’ la cosa giusta del 19 maggio scorso (se ne veda al sito del TG1 cliccando qui).
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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