I nostri quattro aggettivi preferiti

di Giorgio Genta*
Precoce, intensiva, completa, domiciliare: sono le parole che secondo la Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi) devono contraddistinguere le caratteristiche della riabilitazione riguardante appunto le persone con cerebrolesione. Ed è bello, a distanza di molti anni da lunghe stagioni di polemiche, rileggerle oggi, più o meno immutate, anche in articoli che riferiscono di un recente convegno sul trattamento precoce della sindrome autistica

Mano di adulto stringe mano di bimboNel panorama lessicale della riabilitazione le quattro parole (o meglio i quattro aggettivi) che preferiamo sono: precoceintensiva, completa, domiciliare. Esse infatti esprimono con precisione – così marcata da non sembrare quasi “italiana” – le caratteristiche della metodica riabilitativa – il cosiddetto “metodo Doman” – che le nostre famiglie hanno seguito per lunghi anni.

Nessun desiderio di riaprire qui annose polemiche pro o contro tale metodica: ben nota è la sua ascientificità – comune del resto a tutte le metodiche del settore – controverso l’esame statisticamente obiettivo dei risultati ottenuti e altrettanto controversi i risvolti economici e di soggezione psicologica con sfumature “messianiche” che tale metodica secondo i detrattori produrrebbe. E tuttavia dobbiamo considerare come primo elemento di valutazione dei risultati quello espresso dalle “famiglie con disabilità” che con tale metodica hanno lungamente convissuto. In questo senso la valutazione è globalmente positiva. E tale positività crediamo derivi principalmente da quei quattro aggettivi che la definiscono:
precoce: pochi, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, affermavano l’utilità di un trattamento riabilitativo sin dalla primissima infanzia, riferendosi principalmente a paralisi cerebrali connatali di varia eziologia. La precocità del trattamento permette infatti di sfruttare appieno le potenzialità plastiche del cervello giovanissimo;
intensiva: molto lavoro, probabilmente “ascientifico”, ma basato sulle scoperte effettuate dagli stessi genitori. Molte ore al giorno, tutti i giorni dell’anno, forse per molti anni;
completa: da intendersi come “olistica”; e questo per noi è il lato più positivo. La metodica comprendeva – e credo comprenda ancor oggi – tutti gli aspetti fondamentali del fisico e dell’intelletto della giovanissima persona con disabilità: respiratorio, motorio, nutrizionale, intellettivorelazionale;
domiciliare: aggettivo “obbligato”, ma veramente fondamentale; non reclusioni o ricoveri, ma una vita non facile, però in famiglia!

Poi le famiglie con disabilità hanno fatto il resto: dopo un po’ hanno adattato la presunta rigidità della metodica ai singoli casi, hanno smussato inutili preclusioni (esempio classico: l’andare a scuola!), hanno privilegiato la qualità complessiva della vita rispetto a dogmatiche ostinazioni.
Certo, è bello vedere che a distanza di molti anni questi quattro aggettivi sono stati in un certo senso “riscoperti”: li rileggo infatti, più o meno immutati, negli articoli che si soffermano su un recente convegno a Genova riguardante il trattamento precoce della sindrome autistica (si legga ad esempio in questo sito il testo intitolato Autismo: un intervento intensivo e precoce dà sempre buoni risultati, cliccando qui e per approfondimenti l’articolo di «Italiasalute.it» disponibile cliccando qui), nonché in quelli sui progressi di Simone Castellani, ragazzo con cerebrolesione di Gragnano (Napoli), di cui si è occupata la rubrica del TG1 Fa’ la cosa giusta del 19 maggio scorso (se ne veda al sito del TG1 cliccando qui).

*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).

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