Piacere, atlastina!

a cura dell'Ufficio Stampa di Telethon
E' stata recentemente svelata su "Nature" la funzione biologica di questa proteina, che risulta alterata in una forma di paraplegia spastica ereditaria. Il suo nome è appunto atlastina e il prossimo passo, spiegano i ricercatori, sarà quello di approfondirne bene i compiti, per capire come fa a far fondere le membrane

Il ricercatore Andrea Daga, al centro della foto, con il suo gruppo di lavoro Si chiama atlastina e fino ad oggi era nota ai ricercatori soltanto per essere difettosa nelle persone affette da una rara malattia genetica, la paraplegia spastica ereditaria. Ma grazie al lavoro di Andrea Daga, ricercatore finanziato da Telethon che lavora presso l’Istituto Scientifico “Eugenio Medea” di Conegliano, si è finalmente chiarito il ruolo di questa proteina nella cellula. A conferma del contributo della scoperta all’avanzamento delle conoscenze sul funzionamento della cellula, il lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature.

Le paraplegie spastiche ereditarie sono un gruppo molto eterogeneo di malattie neurodegenerative che colpiscono in particolare il midollo spinale e il cervelletto, la porzione del cervello responsabile della coordinazione dei movimenti. Possono insorgere nell’infanzia oppure in età adulta, in due forme differenti: quella pura, caratterizzata da spasticità e debolezza muscolare degli arti inferiori, e quella complicata, che presenta anche anomalie della vista, sordità e ritardo mentale.

Attualmente si conoscono più di trenta geni che – se mutati – possono essere coinvolti nell’insorgenza della malattia. Uno di questi è denominato SPG3A ed è associato a una delle forme più gravi di paraplegia pura: un errore in questo gene, infatti, provoca un’alterazione dell’atlastina, proteina di cui finora si ignorava completamente la funzione all’interno della cellula. Si sapeva, però, che questa proteina è piuttosto conservata dal punto di vista evolutivo: anche un organismo molto semplice e apparentemente “lontano” dall’uomo come la Drosophila Melanogaster – il famoso moscerino della frutta, storico protagonista della ricerca genetica – ne possiede una versione molto simile. Questa analogia ha offerto quindi l’occasione di studiare il ruolo dell’atlastina con molta più facilità.

Lavorando sul moscerino, Daga e il suo gruppo hanno infatti scoperto che questa proteina è essenziale per il mantenimento del reticolo endoplasmatico, un organulo presente in tutte le cellule eucariotiche, da quelle degli organismi unicellulari fino a quelle umane. Il reticolo è coinvolto in numerose attività, tra cui per esempio il trasporto di sostanze attraverso la cellula, la sintesi delle proteine, dei grassi e di diversi ormoni. La sua particolarità è di essere delimitato da membrane che non rimangono statiche, ma si fondono continuamente tra di loro: l’atlastina è responsabile proprio di questa fusione, una capacità unica nel mondo animale. Finora, infatti, la capacità di far fondere delle membrane senza l’aiuto di altri fattori era nota soltanto per i virus, che sfruttano questa attività per introdursi nelle cellule che infettano.

Il prossimo passo, quindi, sarà quello di approfondire il compito dell’atlastina, per capire come fa esattamente a far fondere le membrane, ma anche verificare che cosa succede nella Drosophila quando si introduce la proteina alterata tipica dei pazienti con paraplegia spastica ereditaria di tipo SPG3A. Attualmente non esiste, infatti, alcun modello animale che simuli la patologia umana: questi studi rappresentano quindi i primi fondamentali passi per cominciare a comprendere i meccanismi alla base della malattia, finora praticamente sconosciuti.

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Telethon, UfficioStampa@Telethon.it

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