Nel settembre del 1978 i leader di 134 Paesi e numerosi delegati delle Nazioni Unite e di organizzazioni non governative si riunirono ad Alma Ata, nel Kazakistan, per lanciare una strategia integrata per l’assistenza sanitaria di base, che avrebbe dovuto rivoluzionare l’approccio alla salute dei popoli, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo [la Dichiarazione finale di quella Conferenza è disponibile cliccando qui, N.d.R.].
Oggi, a più di trent’anni da quella dichiarazione, si è riacceso il dibattito intorno ai princìpi e alle riflessioni che ne sancirono la nascita. Per questo motivo l’organizzazione non governativa CESTAS (Centro di Educazione Sanitaria e Tecnologie Appropriate Sanitarie), in collaborazione con il CERGAS (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) dell’Università Bocconi di Milano e l’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale ha organizzato una conferenza internazionale dal titolo Primary Health Care: quali sfide ed opportunità a trent’anni da Alma Ata, che si terrà giovedì 24 settembre a Bologna (Sala Conferenze del Baraccano, Via Santo Stefano, 119/a, ore 9.30-13.30).
La giornata sarà un’occasione di dialogo e confronto sui progressi e sulle promesse mancate della Dichiarazione di Alma Ata, che nel corso degli anni ha subito un’interpretazione riduttiva dei suoi princìpi, con il prevalere di un’immagine della Primary Health Care (l’assistenza sanitaria di base, appunto) come insieme di prestazioni minime, a basso costo e fornite da operatori non qualificati.
Il programma della conferenza è diviso in due sessioni complementari, la prima delle quali farà il punto sullo stato della Primary Health Care a livello internazionale e sulle sfide ancora aperte legate alla governance globale*, alla gestione dei sistemi sanitari, al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Development Millennium Goals), ai tentativi di superamento della contrapposizione fra programmi verticali (focalizzati su specifiche patologie) e orizzontali (volti a potenziare l’assistenza sanitaria di base e renderla accessibile a tutta la popolazione), nonché agli impegni assunti dalla comunità internazionale in particolare nell’ultimo G8. La seconda parte della giornata si concentrerà invece sull’analisi dell’applicazione dei principi di Alma Ata, attraverso il confronto fra Italia (e, nello specifico, Emilia Romagna) e America Latina.
Ai lavori, che saranno introdotti dal presidente del CESTAS Uber Alberti, parteciperanno Timothy Evans, vicedirettore generale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), Eduardo Missoni, docente alla Bocconi e socio fondatore dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale, Gavino Maciocco, docente al Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Firenze e anch’egli tra i soci fondatori dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale, Jorge Jiménez de la Jara, ex ministro della Sanità della Repubblica del Cile e docente al Dipartimento di Salute Pubblica dell’Università Cattolica del suo Paese e Francesco Ripa di Meana, direttore generale dell’Azienda USL di Bologna. (Ufficio Stampa Agenda)
*«Qualche anno fa, dinanzi alle gravi disuguaglianze, le Nazioni Unite diedero vita, con un grande rapporto, all’idea di una global governance, cioè che non si può pensare di sanare certe storture, certe gravi disuguaglianze di salute, istruzione, speranza di vita, lasciandole in balia dell’automatismo del mercato. La globalizzazione dev’essere “governata” – è il concetto di governance, appunto – che non significa istituire un’altra organizzazione internazionale, ma operare mediante accordi, intese e alleanze multilaterali e a vari livelli – statale, regionale (intendendo per regione l’Europa, gli Stati Uniti, l’Asia Orientale) – per sviluppare le capacità che ci sono nei vari Paesi e limitare o annullare i danni per quanti vengono spinti giù dal carro della globalizzazione» (Luciano Gallino, sociologo).
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