Quando la malasanità ricade sui disabili e sulle loro famiglie

È questo il caso della Regione Lazio, dove - secondo quanto denuncia il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi - non può essere certo la più recente delibera della Giunta Regionale, con i suoi finanziamenti al trasporto e ai centri estivi, a risolvere gli annosi e crescenti problemi riguardanti i tagli ai budget dei centri di riabilitazione. Cosicché si fa sempre più concreta l'ipotesi, in tempi brevi, di 1.300 persone con disabilità senza più riabilitazione e di altrettanti operatori senza lavoro

Persona in carrozzina guarda fuori casa dalla finestra (la finestra ha le sbarre)«La malasanità della Regione Lazio ricade sulle spalle di disabili e famiglie»: lo ha dichiarato don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capordarco, richiamandosi all’allarme lanciato dai Coordinamenti Regionali di ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari), FOAI (Federazione degli Organismi per l’Assistenza alle Persone Disabili) e Fondazione Don Gnocchi, per la mancata applicazione degli accordi sottoscritti nel maggio scorso, relativamente ai tagli sui budget dei centri di riabilitazione.

«La Giunta Regionale – aggiunge Albanesi – ritiene di avere risolto ogni problema deliberando uno stanziamento per il trasporto e i centri estivi per persone disabili, garantendo in tal modo anche livelli di qualità e quantità delle prestazioni sanitarie. Il sociale, dunque, già povero di suo, sosterrebbe il sanitario, senza compensare alcuna criticità, ormai cronica, del Sistema Sanitario Regionale. In realtà, il budget dei centri, tagliato dal Decreto Commissariale n. 51/08, ad oggi non è ancora stato reintegrato e questo fatto incide negativamente sulle cure e sui trattamenti riabilitativi e terapeutici di tipo sanitario, che per molti utenti rappresentano la possibilità concreta per un reale percorso di recupero».

Il presidente della Comunità di Capodarco ricorda inoltre che nella Regione Lazio le attuali remunerazioni (le tariffe) delle prestazioni sanitarie sono ferme ormai da dieci anni, nonostante ben tre rinnovi contrattuali e un indiscutibile decennale aumento del costo della vita. Continuano poi a provocare disagi anche le ripercussioni del cosiddetto “Affare Lady ASL” (scandalo della Sanità Laziale scoppiato nel 2004), perché da allora non sono ancora stati riconosciuti e accreditati i posti aggiuntivi provenienti dall’ex IKT, mentre molte strutture si son fatte carico nel tempo di pazienti e operatori provenienti proprio da quei centri riabilitativi.
«La decisione, quindi, di licenziare almeno 1.300 operatori (terapisti, ausiliari, specialisti della riabilitazione ecc.), e di dimettere circa 1.300 disabili, presa dal Comitato di Coordinamento dei Centri associati all’ARIS, alla FOAI e alla Fondazione Don Gnocchi, non è altro – conclude Albaneasi – che una conseguenza di questa gestione fallimentare della sanità laziale, cosicché ora il disagio si sposta interamente sulle famiglie, già sacrificate di loro, appesantite e stanche da questo stato di cose». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Comunità di Capodarco, tel. 348 8022793, ufficiostampa@capodarco.it.
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