Malattie Rare: la situazione, le carenze e i diritti trascurati

di Gabriella Fogli
Una ricognizione generale sulle Malattie Rare: definizioni, cifre, criticità e legislazione. Ma anche il clamoroso ritardo delle Istituzioni del nostro Paese nell'aggiornare l'elenco di quelle riconosciute, che come tali godono di una serie di tutele socio-sanitarie. La conseguenza è che centinaia di migliaia di "Malati Rari" non hanno ancora diritto ad alcun percorso diagnostico e terapeutico specifico e adeguato, ad alcuna esenzione per la spesa dei farmaci e dei presìdi sanitari, né ad alcuna forma di assistenza sociale specifica

Corridoio di ospedale: in fondo un medico di spalleParliamo di Malattie Rare, argomento di cui non si conosce mai abbastanza e che resta per lo più “misterioso” per la stragrande parte delle persone.
Intanto chiariamo quando una malattia è considerata Rara: in Europa è ritenuta tale una patologia che riguarda non più di cinque persone su diecimila. Esiste poi il problema dei numeri, sia per quanto riguarda la stima delle patologie, che il numero delle famiglie coinvolte.
Qualche tempo fa la Fondazione Luca Barbareschi ONLUS-Dalla parte dei bambini organizzò un convegno [“Figli di un male minore?”, 28 febbraio 2009, Roma. N.d.R.] e nemmeno in tale occasione venne chiarito il numero. C’è quindi chi parla di 6.000 chi di 8.000 patologie, e le famiglie coinvolte potrebbero essere un milione o forse tre, ma c’è anche chi ritiene che le cifre siano ancora più alte. Fare chiarezza, dunque, per ora non sembra possibile.

Come abbiamo visto, le Malattie Rare sono tante, con il numero che oscilla tra le 6 e le 8.000. Si tratta quindi di un fenomeno che colpisce milioni di persone e tuttavia sono pochi i malati affetti da una singola patologia, ciò che è il più grande scoglio per la ricerca la quale, attualmente, è sostenuta in massima parte dalle case farmaceutiche. Queste ultime – proprio a causa del grande impegno in termini di investimento economico e di anni di ricerca – non hanno alcun interesse economico a sostenerla.
Pertanto le Malattie Rare sono migliaia, ma le cure specifiche sono poche, pochissime. Si utilizzano per la terapia dei farmaci che vengono definiti “orfani”, perché non garantendo il rientro degli investimenti – dato appunto l’esiguo numero di malati che necessitano di una cura specifica -, sono studiati a livello internazionale in modo non sufficiente. Inoltre, sempre a causa dei pochi pazienti, si vengono a creare anche difficoltà nella sperimentazione clinica.
Nel nostro Paese la ricerca beneficia di centri di ricerca pubblica di eccellenza e di ricercatori di livello internazionale, ma purtroppo sono anche molte le difficoltà in cui si dibattono gli studiosi per la mancanza di fondi adeguati.

Nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) leggiamo: «In Italia, il Piano Sanitario Nazionale (PSN) 1998-2000 indicava fra le priorità la “tutela dei soggetti affetti da malattie rare” e tra gli interventi prioritari la realizzazione di una rete nazionale delle malattie rare. Indicazioni che nel giro di poco tempo si sono trasformate in realtà: nel maggio 2001 è stato infatti emanato il Decreto Ministeriale 279/2001 “Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12-7-2001 – Suppl. Ordinario n.180/L. Un decreto che raccoglie le indicazioni del PSN 1998-2000 (peraltro ribadite nel successivo PSN 2003-2005) che indicava, come risposta istituzionale alle problematiche correlate alle malattie rare, la realizzazione di una rete nazionale costituita da Presidi, appositamente individuati dalle Regioni per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia. A partire dal 2001 le Regioni hanno iniziato a individuare i Presidi per l’assistenza ai pazienti affetti da malattie rare e attualmente le reti regionali sono indicate su quasi tutto il territorio nazionale. Dal Luglio 2002 è stato istituito nell’ambito della conferenza Stato-Regioni un gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero della Salute e l’ISS, il cui obiettivo è rappresentato dall’ottimizzazione del funzionamento delle reti regionali e dalla salvaguardia del principio di equità dell’assistenza per tutti i cittadini.Genitori con una figlia affetta da una Malattia Rara Il 10 maggio 2007 è stato siglato il secondo accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento di Centri coordinamento regionali e/o interregionali, di Presidi assistenziali sovraregionali per le patologie a bassa prevalenza e sull’attivazione dei registri regionali ed interregionali delle malattie rare» [questa citazione è rintracciabile cliccando qui, N.d.R.]
Ebbene, secondo i dati appresi da questi Registri, risultano, ad oggi, circa 70.000 italiani malati di Patologie Rare, l’80% delle quali ha una causa genetica, mentre il restante 20% è il risultato di diversi fattori associati: dall’alimentazione all’ambiente, dalle infezioni ad abnormi reazioni immunitarie. Alcuni sintomi, poi, possono essere già presenti alla nascita o manifestarsi nell’adolescenza; altri, invece, si presentano una volta raggiunta l’età adulta.
Naturalmente, i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità sono estremamente parziali perché diverse Regioni non hanno ancora riversato i propri negli archivi. Il Decreto Ministeriale 279/01 individuò esattamente 581 Malattie Rare e 13 gruppi di Malattie, per un totale di 2.138 Patologie Rare aventi diritto all’esenzione per le prestazioni sanitarie. Benché quindi – come detto – si registrino ufficialmente 70.000 malati, in realtà la stima va da un minimo di 300.000 fino a un massimo di un milione e mezzo di persone a seconda delle fonti e delle definizioni usate di malattia.
Va anche considerato che i centri di riferimento, purtroppo, non sempre sono adeguati alla gestione del Malato Raro, a causa – talora – di mancanza di competenza e di gestione. Esistono gravi carenze e mancanze di collegamento tra la gestione clinica e quella socio-assistenziale e inoltre un ulteriore dislivello emerge dalla diseguaglianza tra le Regioni che hanno autonomia nella politica sanitaria.
E ancora, queste patologie hanno un andamento cronico ingravescente e anche invalidante, il che comporta il coinvolgimento di diverse figure specialistiche e professionali, tipo infermieri, fisiatri, fisioterapisti, assistenti sociali, psicologi ecc., che non sempre sono informati e competenti per mancanza di corsi di specializzazione. Un’ulteriore difficoltà, infine, si ha con il passaggio dall’età pediatrica a quella adulta, causa della mancanza di continuità dei progetti assistenziali già attivati.

Ma il problema comune a tutti è quasi certamente la difficoltà della diagnosi che, mediamente, impiega nel 58% dei casi 12 mesi, nel 18,4% fra 1 e 5 anni, mentre quasi un 23% delle persone aspetta più di cinque anni.
Attendere tutto questo tempo significa affrontare un vero e proprio “calvario” fatto di visite specialistiche e di esami nell’arco di anni. Alcuni di questi esami, poi, si riveleranno perfettamente inutili, comportando, tra l’altro, spese non indifferenti per la collettività e agendo inesorabilmente sul progredire della malattia, azione, questa, che fa la differenza tra una vita potenzialmente normale e una minata invece dalla sofferenza e dal dolore.
Inoltre, in prima battuta, generalmente l’ammalato non viene creduto, non è compreso e giudicato “depresso”, oltreché curato come tale. A volte le stesse famiglie cadono in questo “tranello”, contribuendo in tal modo a far sentire l’ammalato ancora più solo e incompreso.

Mano di un medico sopra a quella di un bimbo malatoIl citato Decreto Ministeriale 279/01 – come pure altri provvedimenti legislativi successivi – prevede una serie di importanti tutele per i Malati Rari, ma solo per quelli affetti da una delle malattie riconosciute ed esentate, ovvero quelle incluse nell’Allegato 1 del Decreto stesso, che ad oggi costituisce di fatto l’Elenco Ufficiale delle Malattie Rare riconosciute dallo Stato Italiano: le sole e uniche, cioè, per le quali il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto ad offrire un’assistenza sociosanitaria specifica e adeguata.
Di conseguenza, le malattie che non sono ancora incluse in quell’Allegato – pur essendo di fatto Rare – non hanno diritto ad alcuna tutela, ad alcun percorso diagnostico e terapeutico specifico e adeguato, ad alcuna esenzione per la spesa dei farmaci e dei presìdi sanitari, ad alcuna forma di assistenza sociale specifica. Per queste Malattie, inoltre, non vengono individuati i presìdi di riferimento ufficiali, ai quali garantire le risorse economiche per l’attuazione dei protocolli diagnostici e terapeutici specifici.

Dall’entrata in vigore del Decreto 279/01 ad oggi, l’Allegato 1 non è mai stato aggiornato e ancora oggi contiene solo le 326 Malattie Rare (indicate con 583 nomi di patologie, gruppi, afferenti e sinonimi) individuate a quella data, ognuna con il proprio Codice di Esenzione. Nel frattempo sono state individuate altre 109 Patologie che hanno ottenuto il riconoscimento dello status di Malattia Rara e che di conseguenza hanno fatto richiesta di essere inserite nell’Allegato 1, con l’assegnazione di un proprio Codice di Esenzione. Altre ancora si sono aggiunte successivamente e hanno fatto a propria volta richiesta di inserimento.
E tuttavia, le Istituzioni preposte – nonostante le continue istanze presentate dalle associazioni di malati – non hanno ancora modificato l’elenco, lasciando i malati stessi privi di ogni forma di tutela socio-sanitaria specifica, privi cioè del diritto alle cure socio-sanitarie e creando discriminazione.
Alcune Regioni – tra le quali il Piemonte – hanno di propria iniziativa inserito alcune di quelle 109 Patologie, considerandole, a tutti gli effetti, alla pari di quelle del Decreto 279/01. Questo però dà ancor di più l’immagine di un’Italia in cui esistono “malati di serie A e di serie B” a seconda di dove essi sono nati.
In tal senso non si comprende per quale motivo la sanità italiana non debba essere amministrata a livello centrale, lasciando a ogni Regione il potere di stabilire e di decidere di quali cure necessiti un malato. E la centralità della persona con la propria dignità dov’è finita? Per chi voterà questa persona? Il dolore e la sofferenza, infatti, non hanno colore partitico e lo Stato deve garantire ai propri Cittadini – indipendentemente da dove essi risiedono – quei diritti costituzionali inalienabili che sono la salute, il lavoro, la famiglia.
In altre parole, una buona politica dovrebbe ridare alla persona la centralità e la dignità che le spettano di diritto. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce che tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Oggi si parla spesso di Etica e di Giustizia. Che siano proprio i politici a dover dare per primi l’esempio, ricollocando il malato, l’anziano, il disabile al centro del proprio operato e riconoscendogli la Dignità e il diritto alla cura, al sostegno, all’ascolto?

Al 30 giugno 2009 risultavano presenti, nel Registro Nazionale delle Malattie rare, 33.797 schede, suddivise per Regione come segue (le Regioni non presenti non avevano caricato ancora alcuna scheda):
– Abruzzo 87
– Basilicata 65
– Calabria 1.364
– Friuli Venezia Giulia 6.496
– Lazio 6.566
– Lombardia 2.015
– Marche 623
– Molise 143
– Piemonte 4.993
– Puglia 1.892
– Sardegna 70
– Toscana 9.331
– Provincia Autonoma di Trento 152
Totale 33.797
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