L’ECC (European Care Certificate) è un certificato che attesta il possesso delle conoscenze di base ritenute necessarie per lavorare in ambito socio-assistenziale e socio-sanitario. Esso dimostra che una persona possiede le competenze attese dal cosiddetto “standard BESCLO” (Basic European Social Care Learning Outcomes) ed è anche uno strumento assai importante per lanciare una riflessione e uno stimolo volti a rivalutare le prassi nel settore socio-assistenziale con parametri nuovi, sempre più in sintonia con una società inclusiva che sappia garantire una buona qualità della vita a tutti i suoi Cittadini, compresi i più fragili.
Patrocinato dalla Regione Emilia Romagna e dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), sarà indirizzato a tecnici delle Istituzioni, dei servizi e della formazione, ma anche ad operatori e utenti di servizi socio-assistenziali/sanitari, il convegno denominato Competenze professionali per la qualità dei servizi. Creare una base comune per il lavoro di cura. Il ruolo dell’European Care Certificate, che si terrà giovedì 15 settembre a Bologna (Sede della Regione Emilia Romagna, Viale della Fiera, 8, Sala Conferenza A, terza rtorre, ore 9-17.30), a cura dell’AIAS locale (Associazione Italiana Assistenza agli Spastici), con il coinvolgimento di una serie di partner continentali, a conclusione del progetto finanziato dalla Commissione Europea, Creare una base comune per il lavoro di cura in ambito socio-assistenziale, che ha visto appunto aumentare in Europa la diffusione dell’ECC, compresa la sua sperimentazione in Italia.
«Avere a cuore la qualità della vita dei cittadini più a rischio di esclusione in una società in mutamento – spiegano i promotori dell’iniziativa – significa non perdere mai di vista i loro diritti e il loro benessere, soprattutto se i cambiamenti riguardano i bisogni e la disponibilità di risorse. L’ambito socio-assistenziale/sanitario in questi anni non è indenne da mutamenti; in particolare, per quanto riguarda le attività di cura: assistiamo a un aumento della domanda di assistenza a causa dell’invecchiamento della popolazione; esiste la necessità di mantenere standard di qualità anche in presenza di minori risorse; la composizione della forza lavoro sta cambiando con la presenza di operatori di origine non italiana. In questi anni, poi, sta avvenendo un mutamento culturale, che riguarda la modalità di percepire la disabilità e la condizione anziana. Pare evidente, dopo l’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la necessità di ridefinire i concetti di cittadinanza e partecipazione, nonché di valutare l’impatto che questa riflessione può avere sulla preparazione delle persone che lavorano nel settore socio-assistenziale/sanitario. Le associazioni degli utenti e le istituzioni europee invitano il settore del care a considerare prospettive basate sui diritti, sulla partecipazione e sulla cittadinanza attiva, che vedono le persone con disabilità di qualunque età e gli anziani attivi, partecipi e protagonisti della propria vita e delle proprie scelte. Questo convegno intende dunque indagare sull’impatto di queste prospettive – da considerare come elementi costituenti della qualità dei servizi – sul bagaglio professionale degli operatori: assistenti familiari, operatori socio-sanitari (OSS), responsabili delle attività assistenziali (RAA), tecnici dei servizi sociali, educatori, assistenti sociali, infermieri, responsabili di struttura e animatori».
Tra i relatori provenienti dall’estero, da segnalare Marjan Sedmak, James Churchill, Evert-Jan Hoogerwerf, Andreas Hermann, Christopher Schindegger e Andreia Morariu, in rappresentanza di varie organizzazioni partner dell’AIAS di Bologna, mentre uno dei primi interventi (Convenzione ONU e cittadinanza) sarà affidato al presidente della FISH Pietro Barbieri. (S.B.)
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