«In Italia, per quanto riguarda l’applicazione dello screening neonatale, quello che domina è la difformità. Nascere in una Regione piuttosto che in un’altra, o a volte semplicemente in una città o in un’altra, può fare la stessa differenza che passa tra la vita e la morte, o comunque tra una vita con una salute abbastanza buona e una con una disabilità grave. Non è un modo di dire, mentre parlo, infatti, mi vengono in mente casi concreti di bambini e famiglie che a causa di uno screening non effettuato stanno passando un vero e proprio inferno. Un inferno ora perché la diagnosi è arrivata troppo tardi, quando già i danni c’erano stati, un inferno prima per le difficoltà di arrivare a dare un nome a quel continuo star male dei propri figli, tempo speso a girare da un ospedale all’altro. E chi lo spiega a quei genitori che tutto questo si sarebbe potuto evitare con un esame fatto entro i primi tre giorni di vita, che richiede solo una goccia di sangue e che costa circa 55 euro? Chi lo dice a quei genitori siciliani che se erano liguri o toscani il bimbo oggi starebbe bene e magari avrebbe solo bisogno di una dieta un po’ particolare?».
Mentre racconta queste cose e spiega com’è oggi la situazione in Italia, Manuela Pedron, vicepresidente dell’AISMME (Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie), si anima, si indigna, si interrompe e le vengono in mente altri casi che potrebbe raccontare. «Ma come si fa – aggiunge – ad avere tutti i mezzi per evitare certe tragedie e non farlo? Io credo che se anche si può salvare un solo bambino ci sia il dovere di fare tutto quello che è possibile».
Un esempio sui tanti che Manuela Pedron ricorda è quello di Giovanni, un bimbo a cui nessuno potrà dare più una vita normale, che poteva essergli garantita alla nascita se gli fosse stato fatto lo screening. «Ma a Caserta, in Campania – racconta – dove è nato lui, non lo facevano; se fosse nato in Toscana oggi sarebbe un bambino come tutti gli altri». Giovanni, infatti, fu dimesso dopo soli tre giorni dal parto e i suoi problemi cominciarono rapidamente. Edemi, crisi epilettiche, problemi cardiaci, per la diagnosi ci vollero quattro mesi. Aveva “semplicemente” una malattia metabolica rara, la metilmalonico aciduria con omocistinuria, patologia del metabolismo della cobalamina, che comporta l’accumulo di metaboliti derivati dalla mancata attività di due enzimi – metionina sintasi e metilmalonicCoA mutasi – di cui la cobalamina è cofattore. La mancata diagnosi tempestiva ha provocato dunque il seguente quadro clinico: anemia, neutropenia, encefalopatia epilettica, atrofia ottica e cardiomiopatia.
«Sarebbe bastato – sottolinea Pedron – uno screening metabolico allargato alla nascita di Giovanni, per evitare tanti danni e un calvario prima di trovare una causa. Oppure sarebbe bastato che il pediatra, opportunamente informato sulle malattie metaboliche, di fronte ai sintomi avesse lui stesso raccolto una goccia di sangue, inviandola a un centro in grado di fare lo screening. Nulla di tutto questo è accaduto e per la diagnosi si sono persi quattro mesi. Ora Giovanni segue una cura appropriata, ma a causa del ritardo nella formulazione della diagnosi esatta è cardiopatico, ipotonico, soffre di un deficit visivo, di ritardi psicomotori e deve assumere degli antiepilettici per tenere sotto controllo le crisi. Nulla di tutto ciò, ripeto, sarebbe accaduto con una diagnosi tempestiva e con la somministrazione immediata di qualche puntura di vitamina B12».
Quella di Giovanni è solo una delle tante storie raccolte dall’AISMME grazie al proprio Centro d’Ascolto (c’è anche il numero verde gratuito 800910206, raggiungibile tutti i giorni dalle 8 alle 24), un osservatorio che ora consente anche di tentare un quadro generale della situazione Regione per Regione d’Italia.
«Fare un quadro della situazione esatto al cento per cento – dichiara Manuela Pedron – non è facile, ci teniamo sempre aggiornati, ma questo è un ambito in cui a decidere sono le singole Regioni, che possono avere una politica chiara o affidarsi a progetti che si interrompono. E in ogni caso, anche se forse qualche recente novità può essere sfuggita, credo che il quadro globale, aggiornato al mese di giugno scorso, sia complessivamente attendibile. In sostanza c’è la Toscana che è l’unica Regione ad aver fatto una legge in materia di screening e ad eseguire su tutti i nuovi nati l’esame per ben quarantasette malattie metaboliche rare. Gli stessi esami, poi, li esegue anche per l’Umbria. E ancora, un ottimo programma è presente in Liguria, anche lì con una copertura di tutti i nuovi nati. Per il resto c’è la più ampia disomogeneità».
E vediamo dunque qual è la situazione zona per zona del nostro Paese.
Come detto, la Toscana e l’Umbria rappresentano l’eccellenza, dal momento che la prima è l’unica Regione italiana ad avere introdotto lo screening metabolico allargato a ben quarantasette malattie, attraverso una legge regionale, ciò che ha anche facilitato un accordo con la vicina Umbria, che per le sue nascite si affida a quanto viene attuato in Toscana.
Molto bene anche la Liguria che, pur non avendo una legge regionale, ha un programma di screening che garantisce una copertura del 100% dei nuovi nati.
Dopo un avvio incoraggiante, è invece tutto fermo in Piemonte, con una situazione aggravata anche dal commissariamento dell’Azienda Ospedaliera Regina Margherita-Sant’Anna di Torino fino al mese di dicembre del 2012, allo scopo di rientrare dal deficit della Sanità. Difficile, quindi, ipotizzare una data di inizio dell’applicazione dello screening allargato.
Per quanto poi riguarda la Lombardia, si sta avviando un processo che dovrebbe portare allo screening allargato. Nel febbraio di quest’anno, infatti, l’assessore regionale alla Sanità Luciano Bresciani aveva annunciato parere favorevole all’estensione del programma di screening regionale, con inclusione anche del gruppo di malattie riguardanti gli errori congeniti del metabolismo. Si attende dunque l’attivazione delle procedure ufficiali da parte della Direzione Generale Sanità e in particolare la definizione di un Piano Operativo Regionale che includa anche le azioni di follow up clinico, oltre alla definizione del gruppo ufficiale di patologie sottoposte a screening.
Il Laboratorio Regionale di Riferimento dovrebbe essere quello dell’Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano. Va per altro ricordato che nel frattempo, in Lombardia, ci sono centri che eseguono lo screening metabolico allargato su richiesta e previo pagamento.
Tutto fermo, invece, nel Veneto. Qui, infatti, dopo l’incoraggiante passo di una legge regionale che aveva stabilito l’avvio dello screening allargato per tutta la Regione, la situazione si è arenata a causa del mancato accordo tra le due Aziende Ospedaliere – quelle di Verona e di Padova – che dovrebbero spartirsi il territorio per effettuare lo screening. In passato erano stati effettuati anche dei progetti pilota.
E veniamo all’Emilia Romagna, dove sin dal 1978 viene applicato lo screening metabolico, che comprende oltre alle tre analisi previste a livello nazionale, anche la sindrome adrenogenitale congenita e la galattosemia. Nel febbraio di quest’anno è stato annunciato l’allargamento delle malattie “screenabili” a diciannove patologie metaboliche ereditarie per le quali l’evidenza scientifica dimostra la validità del test: si tratta di malattie congenite che rientrano nelle famiglie delle aminoacidopatie, delle acidurie organiche, dei difetti di ossidazione degli acidi grassi. Si arriverebbe così a uno screening per ventiquattro patologie.
Il Centro di Riferimento Regionale è l’Unità Operativa di Pediatria del Sant’Orsola di Bologna, in stretto contatto con il Laboratorio Centralizzato del Policlinico. Nel 2010, per l’ampliamento del programma di screening neonatale, la Regione ha destinato 2 milioni e 700.000 euro.
Attualmente (prima dell’ampliamento) la copertura dello screening sui bambini nati nelle strutture pubbliche e private accreditate dell’Emilia Romagna è del 100% e dall’avvio dello screening al 2008 sono state 393 le persone che, grazie alla diagnosi precoce, hanno visto cambiata la storia naturale della loro malattia, con un miglioramento della qualità della vita.
Dalla Campania, a quattro anni dall’avvio di un progetto pilota, non giunge alcun cenno dagli organismi regionali preposti a concretizzare la messa a regime dello screening allargato, né si parla di una legge regionale.
Attualmente, nel laboratorio che esegue le analisi, interpreta i dati e li referta, lavorano tre persone pagate con fondi di ricerca che cominciano a scarseggiare.
La Puglia ha recentemente manifestato la volontà di introdurre lo screening allargato, ma questo non è ancora partito.
In Sicilia ci sono dei progetti pilota, con il Laboratorio del P.O. “G. Di Cristina” ARNAS di Palermo che ha in dotazione la Tandem Mass [spettrometria di massa sulle malattie metaboliche rare, N.d.R.]. Di fatto, però, non esiste nell’Isola un programma di screening in grado di assicurare una copertura uniforme.
Segnali incoraggianti provengono invece dalla Sardegna, dove alcuni Laboratori del Cagliaritano attualmente si appoggiano per gli screening all’Istituto Gaslini di Genova. Manca comunque nella Regione una politica in grado di assicurare uno screening allargato uniforme a tutti i nuovi nati.
La novità più recente proviene dalle Marche, da dove è stato annunciato che il Centro per lo Screening Metabolico Allargato sarà a Fano (Pesaro-Urbino) e che esso coprirà anche l’Abruzzo. Biosgnerà comunque vedere quali saranno le malattie sulle quali lo screening verrà applicato e i tempi per l’attivazione.
Attualmente la Basilicata invia a Roma gli esami per gli screening obbligatori ed è probabile che se il Lazio decidesse di effettuare lo screening allargato, questo verrebbe esteso anche alla Basilicata.
Attualmente sia il Friuli Venezia Giulia che la Provincia Autonoma di Trento si appoggiano sul Veneto e quindi la copertura con lo screening dei bimbi di queste zone dipende di fatto da ciò che verrà attuato nel Veneto stesso.
La Provincia Autonoma di Bolzano, infine, si appoggia attualmente per gli screening fuori dall’Italia e per l’esattezza a Vienna. Se però anche nel Veneto dovesse partire lo screening allargato, è possibile che anche Bolzano stringa accordi per aderirvi.