Malattie da prioni e «problemi di traffico»

Uno studio finanziato da Telethon e condotto all'Istituto Mario Negri di Milano ha consentito di descrivere per la prima volta il meccanismo tossico dei prioni, versioni anomale della proteina prionica cellulare, ancora piuttosto misteriose per gli scienziati di tutto il mondo. «Chiarire la cascata di eventi molecolari innescata dalla proteina prionica alterata - spiega il coordinatore della ricerca Roberto Chiesa, il cui gruppo si è basato sullo studio della malattia di Creutzfeld-Jakob di origine genetica (nota, nella sua variante infettiva, come "morbo della mucca pazza") - sarà in futuro essenziale per individuare possibili terapie in grado di impedire a monte la morte neuronale». «Come in tutte le malattie neurodegenerative - aggiunge infatti - la chiave è intervenire il più presto possibile, altrimenti il danno diventa irreversibile»

Ombra di profilo di ricercatore al microscopioA descrivere per la prima volta sulle pagine della rivista scientifica «Neuron» il meccanismo tossico dei prioni – versioni anomale della proteina prionica cellulare, ancora piuttosto misteriose per gli scienziati di tutto il mondo – è stato Roberto Chiesa dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano e dell’Istituto Telethon Dulbecco (DTI), il “programma carriere di Telethon“. E proprio al Premio Nobel Renato Dulbecco, recentemente scomparso, è dedicato questo studio, che si è avvalso anche della collaborazione dell’Università di Milano e dell’University College di Londra.

«Abbiamo studiato –  spiega lo stesso Chiesa – quello che succede nel cervelletto, l’area del cervello che controlla i movimenti, prima che inizi la degenerazione neuronale. Abbiamo visto che in corrispondenza dei primi deficit motori, si ha un’alterazione nel rilascio di un particolare messaggero chimico cerebrale, il neurotrasmettitore glutammato. Questo perché – accumulandosi all’interno del neurone – la proteina prionica alterata ostacola il trasporto sulla superficie della cellula di un’altra proteina, un canale per il calcio voltaggio-dipendente, coinvolta nel regolare il rilascio dei neurotrasmettitori. Questo “problema di traffico” è un meccanismo patologico del tutto nuovo che potrebbe essere alla base della disfunzione dei neuroni anche in altre malattie neurodegenerative in cui si osserva un accumulo di proteine alterate all’interno della cellula. Inoltre, è un evento precoce e probabilmente reversibile e quindi potenzialmente interessante in chiave terapeutica. Ripristinare il corretto trasporto dei canali per il calcio potrebbe infatti rivelarsi la chiave per evitare la degenerazione dei neuroni, ma naturalmente resta ancora molto da capire – e da scoprire – sui meccanismi con cui questo avviene».

Per arrivare a questo risultato, Chiesa ha utilizzato, insieme al suo gruppo di lavoro, un modello murino [di topo, N.d.R.] della malattia di Creutzfeldt-Jakob di origine genetica (quella che nella variante infettiva viene comunemente definita “morbo della mucca pazza”), che riproduce in modo fedele l’andamento della patologia: apparentemente sano alla nascita, sviluppa con il tempo problemi nella coordinazione dei movimenti e dell’equilibrio e successivamente un deficit neurologico.
«Circa il 10% dei casi delle malattie da prioni è di origine genetica – aggiunge Chiesa – e dipende da specifiche mutazioni di un gene localizzato sul cromosoma 20, che contiene le informazioni per la proteina prionica, piuttosto conservata a livello evolutivo: studiare queste forme genetiche è la strada migliore per cercare di capire a cosa serva questa proteina nella cellula e come le sue alterazioni si traducano in un vero e proprio segnale tossico per il cervello. Chiarire la cascata di eventi molecolari innescata dalla proteina prionica alterata è essenziale per individuare possibili terapie in grado di impedire a monte la morte neuronale: come in tutte le malattie neurodegenerative, infatti, la chiave è intervenire il più presto possibile, altrimenti il danno diventa irreversibile».

Balzati agli onori della cronaca alla fine degli anni Ottanta, in occasione dell’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina che dal Regno Unito si è poi diffusa in tutta Europa, i prioni sono entità biologiche ancora cariche di mistero. Benché si conoscano da oltre trent’anni e abbiano fruttato il Premio Nobel al loro scopritore Stanley Prusiner, non è ancora chiaro quale ruolo svolgano fisiologicamente nella cellula, né con quali meccanismi portino alla morte le cellule nervose nei pazienti affetti da patologie come la malattia di Creutzfeldt-Jakob, l’insonnia fatale familiare o la sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker.
Queste rare patologie – che presentano ciascuna dei sintomi peculiari e sono accomunate da disfunzione e progressiva degenerazione dei neuroni – insorgono in età adulta e hanno un’evoluzione rapida e inevitabilmente fatale. (Ufficio Stampa Telethon)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@telethon.it.
Share the Post: