Necessario per noi, utile per molti, giusto per tutti

di Vladimir Kosic*
Quasi contemporaneamente alla presentazione in Parlamento della Terza Relazione sulla Legge 68/1999, riguardante l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, è stato presentato in Friuli-Venezia Giulia il Rapporto 2006 sul Mercato del Lavoro in tale regione. Secondo Vladimir Kosic, anche l'inclusione nel lavoro delle persone con disabilità va collocata nel processo di coordinamento e interazione di più sistemi (salute, studio, lavoro), che garantirà il miglioramento del welfare comunitario per tutti i cittadini

Cartina del Friuli-Venezia GiuliaIn concomitanza alla presentazione del Rapporto 2006 sul Mercato del Lavoro nel Friuli-Venezia Giulia è stata recentemente presentata in Parlamento la Terza Relazione sullo stato di attuazione della Legge 68/1999 sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità in Italia.
Rispetto alla precedente normativa (Legge 482/1968), sono aumentati gli avviamenti annuali, con una media che supera i 20.000 individui coinvolti e con 25.337 avviamenti di persone disabili nel corso del 2004 e 30.865 nel 2005, mentre sono 525.217 le persone con disabilità iscritte alle liste al 31 dicembre 2004 e 589.543 nel 2005.

Per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia, su 6.851 iscritti al 31 dicembre 2005, sono stati registrati 858 avviamenti effettivi. Poco! Ma la percentuale regionale, confrontata con quella nazionale, è pari al doppio in nostro – di cittadini con disabilità del Friuli-Venezia Giulia – favore.
È indiscutibile che anche altri dati citati nel Rapporto per il Friuli-Venezia Giulia (pubblicato dalla Camera di Commercio di Udine) abbiano il loro peso, ma è altrettanto vero che la Legge Regionale 17/1994 – che ha precorso e ispirato la Legge Nazionale 68/1999 – abbia avuto la sua influenza sulle cifre sopracitate.
Oggi, poi, con la Legge Regionale 18/2005, che mira all’inclusione dei disabili nel mercato del lavoro, si punta allo sviluppo nella continuità:
a) salvando l’esperienza (metodo e merito della Legge Regionale 17/1994);
b) favorendo la sperimentazione (le criticità, nella cosiddetta knowledge economy, “economia della conoscenza”, o si sanno trasformare in opportunità o è meglio lasciar perdere!);
c) promuovendo, in tal modo, l’innovazione dei servizi che si adeguano ai bisogni dei cittadini e non viceversa (nel nostro caso, favorire il collocamento mirato significa migliorare, tout court, l’incontro tra la domanda e l’offerta).

L’inclusione delle persone con disabilità nei vari sistemi (salute, studio, lavoro) è tuttavia un processo complesso, che presuppone due condizioni necessarie:
1. Fare acquisire competenze ed esperienze ai sistemi coinvolti in prima persona, in precedenza garantite, soprattutto, dalle politiche sociali.
2. Fare interagire i sistemi coinvolti, promuovendo e diffondendo al loro interno le competenze e le esperienze che hanno prodotto risultati, svolgendo l’aggiornamento (updating) necessario (organizzativo, strumenti di lettura per l’analisi, definizione di indicatori ecc.), come accade un po’ ovunque.

Tutta la normativa di settore approvata di recente dal Friuli-Venezia Giulia è correttamente ispirata da questi princìpi. Siamo dunque a metà del guado. Personalmente mi permetto però di segnalare alcune questioni.

Anche l’inclusione nel mercato del lavoro dei disabili va collocata nel processo di coordinamento e interazione di più sistemi, che garantirà il miglioramento del welfare comunitario per tutti i cittadini della nostra regione. La stessa Legge Regionale 18/2005 rischia altrimenti di perdere parte della sua efficacia.
Infatti, il complesso  quanto necessario processo di interazione dei sistemi per favorire l’inclusione (disabili, pari opportunità, immigrati, cittadini con bisogni specifici molto diversi anche al loro interno) non è un fatto automatico, né basta che sia citato nel primo articolo delle leggi approvate perché esso sia avviato e promosso.
Se le finalità delle leggi medesime non si traducono negli strumenti operativi, anche per immettere senso in norme regolamentari che spesso, e per consuetudine, sono usate dagli operatori soprattutto con la funzione di autotutela e di conservazione (i servizi, soprattutto se pubblici o finanziati dal pubblico, sono come dei “macigni”…), le leggi servono di più a chi le fa ed è chiamato a concedere finanziamenti ad amici più o meno influenti, e meno a coloro per i quali si dice di farle.

Da anni ripetiamo che se si vuole avviare nella nostra regione un serio processo di welfare comunitario, mirato sui bisogni delle persone e non sul generico “svantaggio”, senza l’Assessorato al Welfare per il Friuli-Venezia Giulia le buone intenzioni continueranno ad oscurare i risultati che assieme perseguiamo.
Un assessorato senza portafoglio, che possa partecipare non agli avanzi di risorse dei sistemi, ma che possa affermare e indirizzare le rispettive risorse, in fase di programmazione, verso i processi di inclusione citati nei primi articoli delle norme che ciascun sistema si è dato.

Basta dunque con gli slogan che perseguono prima lo sviluppo economico, poi la salute e la protezione sociale, perché si tratta di idee sbagliate, come confermano anche le cifre riguardanti la nostra regione.
Anche noi disabili “serviamo” di più se, assieme a noi, si promuove la “salute” della comunità e, anche in tal modo, si concorre alla promozione dello sviluppo economico.

*Presidente della Consulta Regionale delle Associazioni dei Disabili del Friuli-Venezia Giulia.

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