Come risolvere i problemi legati alle Borse Lavoro

Arriva molto rapidamente una risposta alla nota da noi pubblicata nei giorni scorsi, elaborata dal Coordinamento Nazionale Associazioni di Persone con Sindrome di Down e riguardante la questione delle Borse Lavoro, sostanzialmente assimilate, in Friuli Venezia Giulia, ai redditi da lavoro dipendente. Ed è una risposta quanto mai interessante, vale a dire quella di Vladimir Kosic, assessore alla Sanità di tale Regione

Foto di Luca Nizzoli (per gentile concessione dell'AGPD - Associazione Genitori e Persone con Sindrome di Down)Certo, ad una prima lettura, i dibattiti in corso nella Regione Friuli Venezia Giulia, relativamente all’assoggettabilità fiscale delle incentivazioni per le Borse Lavoro di cui sono beneficiarie persone disabili, sembrerebbero null’altro che capziose interpretazioni burocratiche “di lana caprina” rispetto alla natura di tali compensi.
Come afferma esplicitamente il Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down, «le Borse Lavoro in questione […] vengono erogate nell’ambito del sistema di protezione sociale previsto dall’articolo 14-ter della Legge Regionale del Friuli Venezia Giulia 41/96 […], nel quadro della più ampia normativa dell’inserimento lavorativo mirato (Legge Nazionale 68/99). Esse sono considerate a tutti gli effetti di natura assistenziale; infatti, l’utente beneficiario – pur svolgendo un’attività lavorativa di “carattere terapeutico”, non intrattiene con l’azienda in cui è impiegato alcun rapporto di lavoro subordinato». E quindi si tratta di compensi esenti dal punto di vista fiscale. Il problema, dunque, potrebbe essere legato solo alla tutela personale da parte dei funzionari comunali o degli enti erogatori chiamati alla concreta erogazione di tali incentivazioni.

Ma la questione sta proprio in questi termini così semplificatori? Forse non è un caso che il problema si ponga proprio nella Regione Friuli Venezia Giulia, che ha avviato fin dagli anni Ottanta un processo di valorizzazione delle persone disabili anche sotto il profilo lavorativo, “scommettendo” con una serie di leggi successive, fino alla più recente (Legge Regionale 18/05), sulla concreta possibilità di inserimento lavorativo produttivo della persona disabile.
Nelle finalità dichiarate dal Legislatore e nell’articolazione degli strumenti – anche se  sviluppati in due diverse aree, quella delle politiche sociali e quella delle politiche del lavoro – l’assunto di base è quello di considerare il percorso complessivo di ogni singola persona disabile come un continuum composto da più fasi: una struttura modulare in cui si intersecano e si sviluppano, anche con sequenze non necessariamente e rigidamente consequenziali, i progetti personalizzati propedeutici all’integrazione lavorativa (disciplinati dalla Legge Regionale 41/96) e i progetti per l’integrazione lavorativa (disciplinati dal capo III della Legge Regionale 18/05).
Sulla base delle finalità dei progetti desumibili dagli atti normativi e regolamentari e della stessa ragion d’essere degli strumenti suaccennati, è indubbio che la natura di essi sia chiaramente quella formativa, con il fine ultimo (anche se non raggiungibile concretamente per tutte le persone) dell’inserimento lavorativo produttivo, che li assimila ai tirocini formativi e di orientamento di cui alla Legge Nazionale 196 del 24 giugno 1997.

Nella pluriennale esperienza dei SIL Regionali (Servizi di Integrazione Lavorativa), l’approccio al lavoro come “attività terapeutica” è stato da lungo tempo superato anche nelle situazioni più complesse per le quali si parla comunque di possibilità di socializzazione in ambiente di lavoro, per affermare invece la possibilità concreta di inserimento della persona disabile nella normalità produttiva di qualsiasi ambiente di lavoro, a condizione di essere in grado di realizzare un articolato percorso, supportato da adeguate professionalità di operatori della mediazione, anche in sinergia con i servizi di collocamento mirato dei centri per l’impiego. In sostanza, di corretto abbinamento tra domanda e offerta di lavoro.
Non stiamo parlando quindi di Borse Lavoro – che costituiscono null’altro che “parcheggi” più o meno protetti per persone disabili che ricevono un contributo economico – ma di reali percorsi evolutivi dell’identità e delle competenze delle persone, che vanno lentamente a colmare la distanza con il mondo del lavoro, fino ad ottenere inserimenti lavorativi di piena affermazione dei diritti di cittadinanza di quelle stesse persone.

Ribadisce l’Agenzia delle Entrate: «Rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 34, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e pertanto  sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche “i sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale”». Condizioni per l’applicazione dell’esenzione sono dunque un requisito di carattere soggettivo, consistente nel fatto che l’erogazione dev’essere effettuata solo dallo Stato o da altri Enti Pubblici e uno di carattere oggettivo, concernente la natura assistenziale del sussidio erogato. Si intendono quindi erogati a titolo assistenziale quei sussidi corrisposti dallo Stato o da altri Enti Pubblici, per finalità fondate sulla solidarietà collettiva, a soggetti che versano in stato di bisogno.
Attribuire alle somme corrisposte per tutti i tirocini propedeutici previsti dalla Legge Regionale del Friuli Venezia Giulia 41/96 la natura di “sussidio con finalità assistenziale” nella lettura su riportata, significherebbe perciò introdurre un’ottica completamente superata e opposta a quella che ha orientato negli scorsi decenni il complessivo impianto valoriale, concettuale e metodologico dei progetti di integrazione lavorativa delle persone disabili.

E tuttavia resta il senso di una situazione di ingiustizia: è corretto cioè che il disabile in omaggio alla  finalizzazione ultima dell’esperienza lavorativa debba essere penalizzato sotto il profilo fiscale, anche quando sappiamo che il successo dei percorsi è sì significativo, ma non certo garantito nella maggioranze delle situazioni?
A parer mio, il vero problema – più che il rischio di una perdita di valore economico degli importi corrisposti a titolo di Borse Lavoro – sta proprio nei complessi meccanismi fiscali, adempitivi di cumulabilità di redditi o di perdita di esenzioni ecc., che derivano dalla condizione di percettore di reddito in capo alla persona disabile. E anche il rischio di non essere più a carico del nucleo familiare è limitato ad un numero ristretto di situazioni, data l’entità estremamente modesta delle Borse che si trovano al di sotto delle soglie economiche che fanno perdere la condizione di essere appunto a carico del nucleo familiare.
Il rischio più rilevante è invece quello di introdurre per il disabile e per la sua famiglia elementi di valutazione rispetto all’avvio di un percorso di inserimento lavorativo che poco hanno a che fare con l’effettiva valenza dell’esperienza prospettata e molto di più con variabili di tipo economico-fiscale.
Premesso che la Regione può esprimere un parere di tipo legale o interpretativo in materia, ma  che – a legislazione invariata – l’interpretazione applicativa concreta spetta comunque agli enti erogatori delle incentivazioni (SIL, ASL ecc.), cui la Regione non può sostituirsi, la strada che appare doveroso percorrere (e che potrebbe essere anche quella risolutiva per il futuro) è quella di una forte sollecitazione di un intervento legislativo statale, per ricomprendere tali somme tra quelle di analoga natura che godono di esenzione IRPEF. Sussistono infatti numerose deroghe alla previsione dell’articolo 50, comma 1 del TUIR [Testo Unico dell’Imposta sui Redditi, N.d.R.], riguardanti – tramite esplicite previsioni normative – specifiche tipologie di borse, assegni di studio o collaborazioni lavorative. Tali deroghe, però, non sono applicabili in via analogica (a causa della loro natura eccezionale rispetto alla norma generale) e si richiede pertanto un intervento legislativo ad hoc.

La Regione Friuli Venezia Giulia, dunque, si farà parte diligente nel proporre questo tipo di soluzione al Governo Nazionale, mentre, per quanto concerne le proprie competenze, ha già disposto la modifica della Legge Regionale 41/96, introducendo elementi di flessibilizzazione rispetto all’ammontare economico di questi strumenti.

*Assessore alla Sanità della Regione Friuli Venezia Giulia. Il presente testo risponde a quello intitolato È sbagliato tassare le Borse Lavoro!, da noi pubblicato nei giorni scorsi a firma Sergio Silvestre, disponibile cliccando qui.

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