Il DNA della nostra società

di Pietro Pellillo
Se ne stanno occupando in questi giorni quasi tutti gli organi d'informazione: per alcune settimane, tramite il motore di ricerca Google, molti hanno potuto vedere un filmato - inserito nella categoria "Video divertenti" (!) - ove un ragazzo con sindrome di Down veniva sbeffeggiato e picchiato in un'aula scolastica. L'associazione Vividown ha denunciato sia gli autori del video che Google, il ministro dell'Istruzione Fioroni si è costituito parte civile. Ora sembra che i responsabili - presumibilmente minorenni - siano stati identificati. Noi, per il momento, cediamo ben volentieri la parola ad un nostro lettore

Hieronymus Bosch, Trittico delle delizie, 1500 circa, Museo del Prado di MadridA volte la società e i benpensanti mi sconcertano per la meraviglia, sconfinante nella superficialità, che mostrano nello scoprire alcune ovvietà sociali e culturali, particolarmente evidenti.

Vorrei quindi chiarire subito un concetto fondamentale, per cui, partendo dal presupposto che atteggiamenti e gesti come quelli del video incriminato sono condannabili al di là di ogni parola, essi rappresentano, a parer mio, la logica conseguenza della violenza e delle prevaricazioni che la società ha insite nel proprio DNA e che la società stessa non riesce a far emergere né a controllare.
Questi nostri ragazzi in realtà sono alquanto “persi” in un mondo agguerritamente contraddittorio e competitivo, dove il solo e vero valore sembra quello legato al “diventare ricco e famoso”.
Se il mondo che abbiamo dato e stiamo dando ai nostri figli ci sembra ostile e contraddittorio nelle proprie viscere di valori, non possiamo far altro che prendercela con noi stessi e con la nostra coscienza, nella fondata speranza che siano proprio i nostri figli ad essere capaci di fare il meglio possibile per la loro vita, per il loro mondo e per quello dei loro figli.

Da un’altra parte avverto poi un profondo turbamento e una vera e propria ira nel constatare come tali atteggiamenti, violenti e deplorevoli, assumano un aspetto fondante di quello che è il rapporto interpersonale dell’uomo sociale, senza però al tempo stesso renderci conto (magari perché non lo si vuole) delle tante violenze che quotidianamente subiscono le persone disabili come me.
Penso ad esempio al fatto di non poter entrare in un palazzo, di non poter aprire una porta o camminare tranquillamente sul marciapiede, di non riuscire ad entrare in un cinema o in un teatro, di dover chiedere l’autorizzazione ad altri per poter accedere al mio appartamento eliminando le barriere architettoniche, di un bimbo che deve pregare e sperare di trovare un insegnante di sostegno, di tutta una lunga serie di eventi e azioni che fanno parte di quelle violenze profonde, sottili, nascoste che ledono nel profondo la Dignità e il Diritto alla Vita.
Senza poi calcolare in tutto questo l’aspetto più destabilizzante, che è quello economico, dove il disabile con la concessione (termine invero ripugnante) della sua povera pensione è costretto a subire più di tutti gli altri proprio perché più bisognoso.
I componenti del branco malvagio che hanno così ferocemente, meschinamente e vigliaccamente picchiato il nostro giovane amico a scuola saranno individuati e puniti secondo le regole sociali.
Ma nello stesso momento mi chiedo chi pagherà per tutte le violenze (che non fanno troppa cronaca) subite quotidianamente da me, persona con disabilità, visto che è la società stessa ad infliggermele e che essa non mi pone altre scelte se non quella di ribadire, contrastare, controbattere per dimostrare la mia disabilità e soprattutto per ottenere Rispetto e Diritto.
Più che insegnare l’Integrazione e la Tolleranza (altro termine spesso fuori posto), credo dunque che ci dovremmo preoccupare di insegnare fin da piccoli il rispetto verso tutti gli esseri umani, a prescindere dalla forma, dal colore e dallo stato sociale, soprattutto verso i più deboli e i più sofferenti.
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