Piccoli e grandi maestri

di Antonella Benedicenti
Un totale di 20 lezioni, con 23 docenti e 241 scolari coinvolti: sono le cifre presentate dalla Sezione UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Torino e dai suoi "insegnanti per caso", di fronte ai piccoli maestri di tante scuole

Quando quel pomeriggio dissi «ok, alla riunione vado io», non immaginavo minimamente in quale strana avventura mi sarei tuffata coinvolgendo la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Torino. Infatti, quel giorno accettai di partecipare come incaricata dell’Associazione ad un’iniziativa del Comune relativa al progetto Educare alla sensibilità che prevedeva una serie di incontri teorico-pratici presso le scuole torinesi.
L’intento era quello di parlare in sei classi, ma in realtà il programma realizzato a questo scopo ha riscosso un tale interesse che è stato scelto da dieci classi elementari (una prima, quattro seconde, due quarte, tre quinte) e da due classi medie (seconde). Ovviamente, non potendo fare tutto da sola, ho dovuto chiedere la collaborazione di altri ed ecco apparire al mio fianco Gianni e Germano, i miei due insostituibili partner. L’aumento del numero di scolaresche da affrontare non ci ha intimorito, anzi ci ha spronato ancor di più e abbiamo fronteggiato tutta la mole di lavoro che ciò comportava, raddoppiando i nostri sforzi e tutto il materiale da utilizzare.
Piccoli maestri di disabilitàLe cifre parlano da sé: 10 incontri preliminari con gli insegnanti, 20 lezioni (di circa un’ora e mezza ciascuna) a cui hanno assistito 23 docenti e 241 alunni. A tutte le scolaresche coinvolte sono state distribuite oltre 1.400 fotocopie delle proiezioni presentate e, a puro scopo divulgativo, centinaia di riviste e dépliant della UILDM. Inoltre è stato proposto ad ogni alunno un “compitino-questionario”, composto da nove domande inerenti le lezioni tenute in classe e proprio in virtù delle risposte fornite e dei disegni eseguiti, abbiamo ottenuto una fedele immagine della reale comprensione dei nostri insegnamenti e un imponente materiale di archivio. Sono state così create nove proiezioni, formate da circa duecento schermate e altrettante immagini.

Gli argomenti
Questi i temi trattati: la distrofia muscolare, sulla quale sono state fornite differenti versioni, adatte a coprire un raggio di età variante dalla prima elementare alla seconda media. La UILDM, con tante informazioni sulle attività della nostra Associazione. Il concetto di diversità, in cui le spiegazioni e i giochini del millepiedi Camillo hanno riscosso l’entusiasmo incondizionato di ogni alunno delle elementari. Le barriere architettoniche, la cui proiezione ha spesso confermato la grande sensibilità già acquisita dagli scolari su questo problema, I dieci consigli relativi al corretto comportamento da tenere con un eventuale compagno distrofico o disabile, per mostrare in tutta semplicità e con un pizzico di umorismo i giusti atteggiamenti da assumere in questa ipotetica evenienza. Le avventure del supereroe Distrofik (creato da Gianni Minasso), grazie alle cui gesta si è potuta ottenere la conferma che è possibile educare divertendo. Un compendio riguardante l’hockey in carrozzina, che ha catturato l’attenzione di tutti gli scolari, rivelandosi utile anche per veicolare altre preziose informazioni sulla disabilità in generale e sulla distrofia in particolare. Alcune vignette umoristiche comprovanti la possibilità di sorridere anche su un tema così complesso come quello dell’handicap. E da ultimo, ma non ultimo, la maratona di solidarietà Telethon – per finanziare la ricerca sulle malattie genetiche – con precise informazioni sull’evento.
A completare questa serie di proiezioni, un poster di un metro per settanta sui meccanismi di sviluppo della distrofia muscolare e tre brevi filmati, i famosi Muscoli di Cartone, realizzati dall’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, che presentano alcuni problemi della disabilità, utilizzando un supporto “amichevole” e popolare come i cartoni animati.

Incontri preliminari e lezioni
Negli incontri preliminari con gli insegnanti abbiamo presentato e adattato il nostro lavoro in base alle esigenze delle singole classi, a seconda cioè della presenza in esse di disabili, casi difficili, immigrati o anche solo in relazione al livello di “vivacità” e bravura degli scolari. In questa fase abbiamo avuto modo quindi di avvicinarci alla realtà delle scuole riguardo le svariate tematiche della diversità, intendendo con essa sia quella degli studenti disabili, sia di quelli provenienti da situazioni familiari disagiate oppure ancora extracomunitari.
Dopo i colloqui con i docenti, sono iniziate le vere e proprie lezioni con gli alunni, quelle che, in verità, ci preoccupavano di più, in quanto non sapevamo bene come saremmo stati accolti e temevamo di essere impreparati di fronte alle loro domande.
Nei ritagli di tempo dei giorni precedenti il primo incontro, ripassavamo la scaletta e cercavamo di esternare i reciproci dubbi, valutare tutti gli imprevisti e tranquillizzarci a vicenda. Poi finalmente abbiamo affrontato la prima classe (una quarta elementare) che ha sbloccato tutte le incertezze e ci ha catapultato in una realtà bellissima fatta di scolaretti semplici, spontanei, interessati e sensibili.

Le solite emergenze
Ovviamente nel prosieguo non sono mancati gli inconvenienti: un montascale che non funzionava e a cui Germano ha dovuto sopperire alzando di peso le nostre carrozzine; io che ho bucato una gomma mentre uscivo dalla Sezione; noi che ci siamo adattati a tenere le lezioni nei locali eterogenei che ci hanno messo a disposizione, in quanto quasi nessun istituto possedeva una sala-proiezione. L’unica sala attrezzata allo scopo era però inaccessibile a causa della gradinata per accedere al palco! Nessun problema. Abbiamo costretto i ragazzi a trascinarsi dietro la propria sedia. In un’altra scuola abbiamo utilizzato un’aula che aveva all’interno un telefono e, ogni tanto, si affacciava qualcuno con l’impellente necessità di usarlo.
Poco alla volta ci siamo però abituati alle emergenze e abbiamo acquisito sempre più velocità nella preparazione dei locali e nel montaggio del nostro apparato audiovisivo, grazie soprattutto a Germano che, da vero factotum, ci ha quasi sempre fatto da autista, da fotografo, ma soprattutto è stato di aiuto anche durante le lezioni per mimare degli esempi (come accovacciarsi per parlare ad una persona in carrozzina o come porgere gli oggetti) e anche per sedare il brusio di sottofondo nelle classi in cui le insegnanti sono risultate un po’ latitanti.

Alunni protagonisti
E in ogni caso i veri protagonisti sono stati gli alunni. Molto attenti e partecipi con le loro numerose domande sui temi trattati, hanno richiesto tutto il nostro impegno per non deluderli nelle risposte. Tanti scolari conoscevano già un po’ il corpo umano e quindi è risultato più facile spiegar loro il funzionamento dei muscoli con un elastico e, nel caso della distrofia, con uno spago. Per lo più ignoravano l’esistenza delle miopatie, ma si sono dimostrati molto interessati a comprenderne i lati più nascosti.
«A che età vi ha colpito la malattia?» e «Quando avete smesso di camminare?» sono stati i quesiti sempre presenti in tutte le classi. Poche invece le domande sulle barriere, perché quasi tutti già le conoscevano, molte invece le curiosità sulla vita quotidiana: come facciamo ad andare a letto, ad entrare in un negozio, a prendere un oggetto sistemato in alto e così via.
Qualcuno innocentemente ci ha anche confessato che il proprio genitore aveva l’abitudine di parcheggiare malamente sul marciapiede, «come avete fatto vedere voi», aggiungendo subito che avrebbe detto al papà di non farlo più!
Molti sarebbero quindi gli aneddoti da raccontare, ma vale senz’altro la pena di concludere questa emozionante testimonianza, citando alcune frasi estrapolate dai compitini. Ecco le più significative: «Ricorderò sempre di aver conosciuto delle persone simpatiche anche se sono diverse da me. Parlando insieme a loro io ho dimenticato questa loro diversità e ho capito che è una cosa che può succedere a tutti. VI VOGLIO TANTO BENE», e a seguire due cuoricini disegnati (Marta, 7 anni).
«“Potrei aiutare una persona disabile dicendo a qualsiasi barriera architettonica di spostarsi» (Nicole, 7 anni).
«Un disabile è una persona triste, perché ha la distrofia muscolare che è una malattia brutta per loro ma anche per noi» (Mario, 8 anni).
«Ho imparato delle cose nuove e che le metterò in pratica se sarà necessario» (Ilaria, 7 anni).
«Che mi avete spiegato tutto quello che so su di voi vi ringrazio e forse un giorno troverò la cura e tu Antonella guarirai con Gianni» (Giuseppe, 10 anni).
Considerando l’età dei bambini… lascio ai lettori ogni commento!

Quando abbiamo intrapreso questo progetto pensavamo di andare a spiegare che cosa vuol dire essere disabili e tutto ciò che l’esserlo comporta. Devo tuttavia ammettere che siamo andati oltre perché abbiamo imparato molto anche noi dalla semplicità e dalla spontaneità di questi piccoli maestri.

Testo tratto da DM 152 (luglio 2004), periodico della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

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