I due giovani attori del film Rosso come il cielo, dedicato alle scuole speciali vigenti in Italia fino al 1975, diretto da Cristiano Bortone e in uscita nelle nostre sale il 9 marzo 2007 (al quale il nostro sito ha recentemente dedicato un ampio spazio), sono stati scelti dal regista Guido Votano per la realizzazione del documentario Altri occhi.
Si chiamano Federico e Matteo, hanno 8 anni e sono non vedenti.
Altri occhi – prodotto come già il film di Bortone da Orisa Produzioni, diretto appunto da Guido Votano e presentato a numerosi festival – ci dice qualcosa in più su Rosso come il cielo, il quale ultimo racconta l’infanzia di Mirco Mencacci, importante montatore del suono del cinema italiano contemporaneo, non vedente dall’età di otto anni. Alla realizzazione del film hanno partecipato bambini vedenti e non vedenti, con i secondi che hanno insegnato ai primi a muoversi nello spazio e a compiere azioni quotidiane senza il supporto della vista.
In particolare, Votano sceglie di realizzare il documentario sul backstage del film senza soffermarsi sulla realizzazione tecnica dello stesso ed esplorando invece la vita di due bambini non vedenti che partecipano alle riprese, Federico e Matteo.
Li incontra nelle loro case, parla con i genitori, ne conosce fratelli e amici, li accompagna fino a Genova, all’Istituto Chiossone, dove è stato allestito il set.
Prima però di arrivare a Genova, i due bambini vengono mostrati mentre vanno a scuola, fanno sport, scoprono interessi, passioni e timori, possono esprimere liberamente la loro personalità in sviluppo.
Il percorso educativo dei due protagonisti di Altri occhi, figli del XXI secolo, è dunque ben diverso da quello raccontato nel film di Bortone sull’esperienza degli istituti speciali degli anni Settanta.
Oggi, infatti, Federico e Matteo sono inseriti in classi frequentate da bambini normodotati e vengono seguiti da insegnanti di sostegno. Le maestre e gli altri bambini li aiutano e coinvolgono. Soprattutto non sembrano trattarli come diversi. Non si respira aria di emarginazione.
Il documentario parte dalla vita quotidiana nelle case. Federico vive a Marcellina, in provincia di Roma, Matteo ad Albenga, in provincia di Savona. In un montaggio incrociato, li vediamo confrontarsi con i compagni di classe, con le loro paure, con la neve e l’acqua della piscina. Ne conosciamo i genitori e l’irresistibile sorellina di Matteo, Chiara, anche lei non vedente.
Sono proprio i genitori a raccontare alla telecamera la loro esperienza, sottolineando alcuni aspetti collegati agli altri, alla gente, al pregiudizio.
Per esempio, i genitori di Federico ad un certo punto confessano il proprio disagio nel sentirsi gli occhi della gente addosso quando escono di casa: «Vorrei fare un annuncio megagalattico», dice la mamma di Federico, «quando usciamo non guardateci!». Lei sa che suo figlio non può accorgersi della curiosità che desta, ma lei sì e le fa male.
I genitori di Matteo spiegano invece come a volte sia difficile sgridarlo. Se lo fanno in mezzo alla gente vengno guardati con aria severa: «Se gli do una sberla, la gente pensa: “ha sette anni, cosa fa, picchia un disabile”?! E Matteo questo lo sa e se ne approfitta!».
Il documentario cresce via via come un film, raccontando prima le esistenze dei due protagonisti che non si conoscono e accompagnandoli poi, sempre con montaggio incrociato, nel loro viaggio verso il set di Genova. Il crescendo narrativo culmina con l’incontro, nella hall di un albergo, ed è subito l’inizio di un’amicizia.
La frase di apertura dell’opera di Votano è affidata allo scrittore portoghese, premio Nobel, José Saramago: «Due ciechi dovranno vedere più di uno».
In albergo, poi, i due bambini giocano insieme, con i modellini dei super eroi Batman e Robin, inventandosi per loro la capacità di vedere i nemici invisibili o di essere più invisibili degli invisibili e non essere visti proprio da nessuno.
Più tardi, in auto, si raccontano le emozioni del viaggio: «In aereo ti diverti alla partenza e all’atterraggio, in macchina quando ci sono le curve».
Ed infine arrivano sul set, dove si suggeriscono reciprocamente l’azione, sostenendosi l’un l’altro mentre il film va in scena. «Mi sa che abbiamo fatto giusto», si dicono alla fine…
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