Gentilissimo Ministro Gelmini, siamo il “Gruppo Genitori Tosti in Tutti i Posti”, tutti genitori di ragazzi con disabilità.
Che la scuola al momento viaggi su mari tempestosi, è poco ma sicuro e non si sa dove si approderà e in quali condizioni. Di questo panorama abbastanza fosco vorremmo affrontare un aspetto: quello dell’inserimento dell’alunno con disabilità.
Sono tanti gli ostacoli che i nostri figli incontrano nel loro percorso scolastico fin dall’asilo nido: sostegno insufficiente, educatori inesperti e impreparati, ascensori in cui non passano le carrozzine, libri in braille mai presi in considerazione, personale dedicato all’assistenza durante i pasti o all’accompagnamento in bagno non in grado di affrontare con professionalità l’assistenza stessa all’alunno con disabilità.
E non parliamo soltanto della scuola dell’obbligo: infatti, per quanto riguarda i bambini e i ragazzi con disabilità, è necessario prevedere serie forme di sostegno già dall’inserimento all’asilo nido e continuare fino alle scuole superiori. L’università, poi, è un altro capitolo ancora.
Ma possiamo veramente parlare di integrazione, di inclusione, di ausili e di diritti? Ad esempio, quale bambino con disabilità iscritto a scuola non ha diritto ai giusti ausili? Le circolari parlano chiaro. Peccato, però, che poi nessuno abbia i soldi per acquistarli, quei benedetti ausili che hanno tutti un costo esagerato. E se gli ausili ci sono, sbuca sempre quella norma di sicurezza per cui non possono essere messi in classe…
A ben guardare, dunque, di questi tempi ci si accorge che molto spesso l’inclusione diventa rapidamente esclusione.
E c’è poi lo studente con disabilità grave che sta in carrozzina, non si muove, non parla o parla in tempi lenti e difficoltosi, a volte un po’ a sproposito e a voce troppo alta. Insomma, situazioni diverse e “strampalate”, su cui spesso né la scuola né il “mitico Gruppo” composto da svariati personaggi dell’ASL hanno strumenti adeguati per capire, per accettare.
«Eh sì – dicono gli esperti – cosa potranno mai apprendere a scuola questi bimbi?». Perché gli “esperti” (di che cosa poi?) non conoscono la CF (Comunicazione Facilitata) o la CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa).
Dopo arrivano le scuole superiori e l’intreccio si infittisce. Infatti, se un alunno con disabilità grave è riuscito a passare indenne dalle scuole elementari e dalle medie, raggiungendo risultati ragionevoli magari con tecniche e ausili specifici, quando arriva alle superiori, il solo fatto della disabilità decreterà la sua esclusione non dalla scuola, ma dall’istruzione stessa! Al disabile grave verrà proposto fin dall’inizio un programma differenziato, «tanto lui che se ne fa del diploma? Lo appenderà in camera sua? Tanto non potrà mai utilizzarlo» e così via.
Se invece i genitori rifiutano il percorso differenziato, bene, allora il ragazzo disabile dovrà fare tutto il programma come gli altri. Difficile, però, trovare insegnanti di sostegno in grado di supportare egregiamente lo studente e i genitori che quotidianamente debbono lottare contro questa ottusa cecità vengono tacciati di essere «genitori che non accettano le limitazioni del figlio».
Le nuove norme da Lei pensate, Gentile Ministro, e approvate dal Consiglio dei Ministri, non sono certo incoraggianti (si veda a tal proposito il Rapporto 2008, Revisione della Spesa Pubblica, Ministero della Pubblica Istruzione).
Complimenti! Eravamo all’avanguardia per l’integrazione degli alunni con handicap nelle scuole “di tutti” e ora ci adegueremo ai Paesi più avanzati, dove le scuole sono soltanto “di qualcuno”. A quando il ritorno alle classi differenziali?…
La nostra Costituzione, però, che è ancora in vigore, dice che «tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge», il che dovrebbe significare che godono di uguali diritti. È vero che non viene menzionato l’handicap, ma appunto, non essendo menzionato, ci rientra. E uguali diritti comprende anche il diritto allo studio, che non significa diritto a stare nella struttura a debita distanza dai coetanei, significa invece istruzione insieme ai coetanei e con tutto ciò che è necessario per l’apprendimento. Così come sono necessari libri e quaderni, possono essere necessari programmi per il computer, sintetizzatori vocali, lettori ottici, banchi speciali e soprattutto è necessario capire che l’alunno con disabilità non è “un mondo a parte”, un “giocattolo” con cui farsi belli, tanto non potrà mai reagire. È una persona come i suoi compagni, con altre modalità di rapporto e di vita, una persona che può imparare molto e insegnare molto, come tutti i suoi compagni. E cacciarlo via, isolarlo nello stanzino o nel corridoio e fare di tutto per farlo sentire e percepire come “diverso”, sarebbe una perdita grande alla quale ci ribelleremo con tutte le nostre forze.
Siamo preoccupati, ma dire preoccupati è riduttivo e se i nostri figli per ovvi motivi non possono far valere i loro diritti, noi saremo la loro voce.
I nostri figli fanno parte degli uomini e donne di domani e noi genitori vogliamo essere ricordati per quelli che “hanno costruito” e non per quelle persone che sono rimaste inerti ad assistere allo sfacelo anche della scuola.
*Chiara Brigato (Pavia), Cecilia Cappellini (Montale – Pistoia), Marina Cometto (Torino), Alessandra Corradi (Verona), Vincenzo Giannoccari (Cancello ed Arnone – Caserta), Marina Ingrosso (Grottaferrata – Roma), Marinella Melis (Quartu Sant’Elena – Cagliari), Rosalba Moia (Borgomanero – Novara), Rossella Monaco (Crespina – Pisa), Luciana Pacelli (Carnate – Milano), Nassiri Nejad Parastou (Viverone – Biella).
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