I tagli del Governo sembrano dunque proprio voler cancellare uno dei pilastri dell’ormai “antica” Riforma Moratti, quella delle tre “I” (Inglese, Impresa, Internet o Informatica). Dal prossimo anno scolastico, infatti, gli insegnanti della scuola elementare (ora primaria) e della media (secondaria di primo grado) dovranno fare i salti mortali per aprire il mondo delle conoscenze informatiche ai propri alunni, dal momento che il taglio delle cosiddette “compresenze” nella scuola primaria e la riduzione delle ore di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado renderà quasi impossibile l’insegnamento dei primi fondamenti di Informatica e internet a bambini e ragazzi.
La conferma arriva dallo stesso Ministero dell’Istruzione, che nei giorni scorsi ha aperto una finestra di dialogo sulla riforma con genitori e insegnanti.
Le faq (frequently asked questions, ovvero le “domande poste frequentemente”) presenti nel sito del Ministero mostrano che genitori e insegnanti sono piuttosto confusi. «Con il taglio delle compresenze, mio figlio potrà continuare a fare il laboratorio di Informatica?», si chiede ad esempio un genitore.
L’ingenua domanda posta ai tecnici ministeriali sollecita una risposta quanto meno inaspettata. «La riduzione delle ore di compresenza – si legge nella faq numero 23 – comporterà qualche riassetto organizzativo […]. Ci auguriamo che anche il laboratorio di informatica possa trovare spazio tra le attività, anche se vorrà convenire che esso non costituisce, soprattutto nella scuola primaria, un insegnamento prioritario».
E tutto il bailamme sulla scuola delle tre “I”? Dal prossimo mese di settembre la scuola elementare passerà dall’organizzazione modulare, con tre insegnanti su due classi, al “maestro unico di riferimento”. Tale passaggio cancellerà le ore di compresenza e tutte le attività legate ad esse: corsi di recupero e di approfondimento, laboratori di Informatica, supplenze ecc. Oggi, con i moduli, le 54 ore di lezione settimanali di due classi funzionanti a 27 ore vengono coperte da tre insegnanti che assicurano 18 ore a testa di lezione. La restante parte dell’orario settimanale del docente (4 ore) viene utilizzata per ampliare l’offerta formativa o tappare i buchi dei colleghi assenti. Ma tra qualche mese tutto questo verrà “tagliato”.
Discorso analogo alla scuola media, dove le prime conoscenze di Informatica vengono oggi impartite ai ragazzi dal docente di Tecnologia, perché, sempre da settembre, il monte ore della disciplina verrà decurtato del 33%.
Eppure, l’Europa ci chiede di puntare sull’Informatica. Nel 2000, infatti, il Consiglio Europeo Straordinario di Lisbona [23 e 24 marzo 2000, n.d.R.] fissò l’ambizioso obiettivo di trasformare quella del Vecchio Continente «nell’economia più dinamica e competitiva del mondo». Tra le tante cose da fare per centrare l’obiettivo venne ritenuto necessario che «ciascun cittadino sia in possesso delle competenze necessarie per vivere e lavorare nella nuova società dell’informazione» e che «tutti i docenti entro la fine del 2002 possiedano le competenze necessarie per l’utilizzo di internet e delle risorse multimediali» (Una società dell’informazione per tutti, documento adottato dalla Commissione Europea il 25 maggio 2000).
Per la verità, l’Italia si è mossa per tempo. Per dotare infatti le scuole di tecnologie dell’informazione e della comunicazione e per formare i docenti, tra il 1997 e il 2003 sono stati investiti 1.341 miliardi delle vecchie lire (pari a quasi 700 milioni di euro) che a questo punto, però, rischiano di trasformarsi in una spesa inutile.
*Testo pubblicato in «la Repubblica.it», con il titolo “A scuola Internet non è una priorità” e qui ripreso per gentile concessione.
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