Audiodescrizione: dalla mediocrità all’“aurea mediocritas”

di Savio Tanzi
«È una vera e propria battaglia, quella delle audiodescrittrici e degli audiodescrittori seri e ben formati, contro l’invisibilità, l’esclusione e la mediocrità sferzate da tanti agenti negativi, che per interessi personali o superficialità, banalizzano una professione dalla vocazione nobilissima, com’è per chiunque operi nel settore dell’accessibilità»: lo scrive Savio Tanzi, raccontando di un incontro dell’UICI Emilia Romagna con la dialoghista, audiodescrittrice e insegnante Laura Giordani

Chiunque ama l’aurea via di mezzo,
al sicuro sta lontano dallo squallore di un tetto diroccato
e sta lontano, sobrio, da una reggia invidiabile.
Orazio, Odi II 10

Audiodescrizione di un filmLa buona riuscita di un progetto spesso passa per l’incontro. La prima metà di questi nuovi Anni Venti – inaugurati dalla pandemia – ci ha ormai dato in eredità la conferma che ci si può riunire anche in videoconferenza: gli Incontri del giovedì dell’UICI Emilia Romagna (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), ne sono un esempio.
Nel corso di una videoconferenza del 21 novembre scorso, il presidente del Consiglio Regionale UICI dell’Emilia Romagna Marco Trombini ha intrattenuto una chiacchierata informale con la dialoghista e audiodescrittrice romana Laura Giordani [“firma” anche di Superando, N.d.R.] che nel 2009 fu chiamata da “mamma RAI” per importare l’audiodescrizione (d’ora in poi abbreviata in AD) e stilare delle regole di “buona prassi” per film e serie TV, sulla base delle linee guida esistenti all’estero.
Il presidente Trombini ha raccontato che è nato tutto da una corrispondenza social: una reazione al post di un evento, una richiesta di contatto, una chat e da lì ha scoperto molto di più su quel nome che conosceva solo come autrice dei testi delle AD cinetelevisive. Ovvero che Laura Giordani è anche e soprattutto una dialoghista, una professoressa, un’insegnante che si è impegnata nella giusta causa di inserire nella filiera figure professionali cieche o ipovedenti. Da lì è nata l’idea di invitarla all’incontro. A posteriori, si è detto più che soddisfatto, visto il record di presenze che quella videoconferenza ha registrato.

All’inizio, Giordani ha portato la propria esperienza, parlando e sensibilizzando sull’AD nel suo solito stile: interloquendo con i suoi diretti interessati, i fruitori (cosa, ahinoi, per niente scontata). Muovendosi da un tema all’altro, l’incontro ha toccato le criticità che ancora vincolano l’AD e non permettono ad essa di spiccare il volo. Il tono della riunione è stato caratterizzato da trasporto e polemica, termine spesso usato nelle sue connotazioni più negative.
Ma la polemica qui ci vuole: dal greco πολεμικός (polemikós), la parola indica tutto ciò che è “attinente alla guerra”. Trattasi infatti di una vera e propria battaglia, quella delle audiodescrittrici e degli audiodescrittori seri e ben formati. Una guerra contro l’invisibilità, l’esclusione e la mediocrità sferzate da tanti agenti negativi, che per interessi personali o superficialità, banalizzano una professione dalla vocazione nobilissima (com’è per chiunque operi nel settore dell’accessibilità). Ma andiamo con ordine, toccando questi tre antagonisti contro cui lottare.

Invisibilità: qual è il colmo per un audiodescrittore – colui che rende il cinema “visibile” ai non vedenti – se non l’invisibilità? Di fatto, lo siamo. Per esempio, si è parlato degli anni di insistenza che ci sono voluti per far entrare nei vocabolari il lemma audiodescrizione all’interno delle loro raccolte, nonostante ogni film o fiction RAI si apra, ormai da anni, con il cartello che ne annuncia la fruibilità “sul canale audio digitale o satellitare dedicato”.
E che dire delle leggi che obbligano alla produzione di un’AD senza però assicurarsi che queste vengano rese fruibili? Di fatto, finiscono in cineteca senza che più nessuno possa metterci mano, o “orecchio”. Un esborso economico non indifferente che però non si traduce poi in una sua effettiva utilità.
L’invisibilità degli audiodescrittori straripa anche in àmbito fiscale: non esiste ancora un Codice ATECO per gli audiodescrittori, ovvero dei liberi professionisti che creano opere dell’ingegno com’è il copione (o testo descrittivo) di un’AD. Tutte criticità che Laura Giordani sottolinea e denuncia. Proprio sul fronte fiscale, il presidente Trombini ha dimostrato interesse, rilanciandole la palla per organizzare progetti futuri atti a battersi insieme in tal senso, con l’obiettivo di acquisire visibilità e “farsi sentire”.

Esclusione: il contrario dell’inclusività e quindi dell’accessibilità. Il testo (audio)descrittivo di un’opera è per definizione devoto all’inclusività: l’intero settore dovrebbe esserlo. L’inclusione di professionisti ciechi o ipovedenti nella filiera dell’AD dovrebbe dunque essere un qualcosa di irrinunciabile. Più di chiunque altro, loro possono percepire i bisogni dei fruitori, essendone anche i destinatari. È chiaro che per un cieco è difficile scrivere un testo di AD, ma può facilmente partecipare alla fase di collaudo o speakerarlo.
La professoressa Giordani ha portato l’esempio di Mario Loreti e Veronica Cosimelli, due ragazzi ciechi ma «dall’energia da spaccare il mondo» che ormai speakerano i copioni delle audiodescrizioni filmiche per professione.

Infine, il minimo comune denominatore di ogni lavoro superficiale: la mediocrità. È la cattiva consigliera che regna sovrana sulla spalla di tutti quei sedicenti audiodescrittori che, neofiti e sprovvisti della formazione necessaria, improvvisano scimmiottando qualsiasi AD reperibile in tivù o linea guida rintracciabile sul web, magari superata da trent’anni. Spesso non hanno un briciolo di cultura cinematografica o nozioni di linguaggio filmico, che sono imprescindibili: chi si accosta all’audiodescrizione con serietà lo sa bene. Ma, senza prenderci in giro, questo è un problema più grande: la mediocrità si deve spesso a un esercito di giovani adulti che, spaesati, tentano di insinuarsi nel mondo del lavoro alla bell’e meglio. Il sottoscritto che, venticinquenne, non da molto è transitato dal mondo della formazione a quello del lavoro, non può che confermarlo: la mediocrità è spesso un morbo che attacca anche i centri di formazione. Gli studenti impreparati, ma stufi di aspettare, daranno i frutti mediocri che formatori altrettanto scarsi avevano seminato nei loro allievi: così si alimenta un’inarrestabile catena della mediocrità.
Ma come riconoscere un’AD mediocre? Semplice: manca di tutte quelle accortezze che assicurano un ausilio accessibile per le persone con disabilità visiva e si mostra totalmente sprovvisto del rispetto in primis ai fruitori, ma poi anche all’opera audiovisiva e a chi l’ha creata, il regista.

Una buona audiodescrizione è fatta di equilibrio e discernimento: tra ciò che va detto e ciò che va lasciato intendere, rispettando ciò che il regista ha voluto per noi spettatori. Dunque mai anticipare dettagli, mai dare il nome di un personaggio prima che compaia nei dialoghi, mai sopperire alla mancanza parziale o totale del senso della vista, con un eccesso di informazioni inutili e asfissianti. Così facendo, roviniamo solo l’esperienza dello spettatore che, va ricordato, si dovrebbe solamente godere un film o l’episodio di una serie in santa pace.
Francesca, una partecipante all’incontro promosso dall’UICI Emilia Romagna, non avrebbe potuto dirlo meglio: l’AD dovrebbe «togliere al fruitore il fardello e la fatica mentale di dover unire insieme i pezzi di un puzzle disordinato, al quale mancano dei tasselli». Niente di più, niente di meno.

Da suo onorato e fortunato ex allievo, posso testimoniare che la professoressa Giordani consiglia sempre ai suoi studenti di scrivere in punta di sedia” e di fare venticinquemila passi indietro”: non si viene apprezzati per una scrittura autocompiaciuta e vanagloriosa, bensì per chiarezza, oggettività e semplicità (non a caso, i tre precetti fondamentali dell’AD). L’horror vacui lasciamolo ai rococò. E allora, se volessimo restare sulla scia dei classici, dalla “polemica” greca, dovremmo approdare all’aurea mediocritas latina: l’aurea via di mezzo. Il buon audiodescrittore deve saper mediare, con equilibrio e parsimonia, per assicurare un ausilio che si mantenga sempre discreto, rifuggendo dalla ridondanza.

D’altronde, la descrizione esiste da che mondo è mondo. È un fatto naturale, un bisogno che nasce dall’esperienza umana e che necessita di figure professionali che lo colmino. Rita, attrice e cantante cieca col sogno del doppiaggio, ha raccontato ai partecipanti all’incontro di quando, da piccola, la sorella le descriveva i cartoni animati come poteva. Adesso che lei è madre si chiede dov’è la giustizia nel fatto che suo figlio cieco non possa godersi un cartone animato insieme al fratello vedente, a meno che quest’ultimo non abbia voglia di armarsi della pazienza di descriverglielo come può.
Lo stesso presidente Trombini, da fruitore a contatto con tanti altri fruitori, ha dichiarato che – stando alla sua esperienza – «quasi tutti i non vedenti vanno a caccia di AD», osservando come la necessità di tale ausilio sia in crescita. Infatti, se prima degli Anni Novanta i film tendevano a lasciare molto spazio al suono e ai rumori, si è poi andati via via a dare sempre più importanza all’immagine: questo complessifica l’esperienza per le persone con disabilità visiva. Ma rimane un grosso problema: la mancanza di un indice univoco e aggiornato che renda conto dei prodotti audiodescritti. Rai e Netflix fanno un ottimo lavoro, l’app MovieReading invia delle notifiche sul cellulare, ma servirebbe un qualcosa di più ufficiale e meglio organizzato.
Questa e altre problematiche sono state portate all’orecchio delle figure UICI più di spicco a livello nazionale in un secondo incontro – il 17 dicembre – che, si è augurato il presidente Trombini, porti presto a dei frutti concreti.

La guerra all’invisibilità, all’esclusione e alla mediocrità va combattuta a spada tratta, sensibilizzando a suon di seminari, articoli e di lavori ineccepibili dal punto di vista della qualità. E a livello di attivismo sociale, il presidente del Consiglio Regionale UICI dell’Emilia Romagna, Marco Trombini, promette di andare anche oltre. Perché no? Magari con manifestazioni per acquisire quella visibilità tanto agognata. È la lotta per un futuro socialmente più accessibile per le persone con disabilità sensoriale, ma anche per uno più giusto dal punto di vista professionale per chi dedica o vorrà dedicare le proprie competenze a questa causa.

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