L’audiodescrizione del film “Sei nell’anima”, che racconta l’ascesa di Gianna Nannini

di Laura Giordani*
«Audiodescrivere un’opera come questa mi ha dato la possibilità di apportare alla voce di un’artista qualcosa di nuovo nell’immaginario collettivo di chi non vede, che ovviamente conosce i cantanti solo per la loro voce»: lo scrive tra l’altro Laura Giordani, adattatrice di dialoghi, audiodescrittrice e docente universitaria, nel raccontare il suo lavoro di audiodescrizione per il film Netflix “Sei nell’anima”, che racconta l’ascesa iniziale della rockstar Gianna Nannini
Letizia Toni in "Sei nell'anima"
L’attrice Letizia Toni nei panni di Gianna Nannini, in una scena del film “Sei nell’anima”

Uno dei poteri dell’arte, si sa, è quello di essere “onnipervasiva”: arriva ovunque e tocca tutto, anche altre forme d’arte. Per esempio, il cinema può farci vedere più da vicino un artista appartenente al mondo delle arti visive o della musica. È il caso del film Netflix Sei nell’anima (2024), successo nazionale che ha raccontato l’incredibile avventura che è stata l’ascesa della regina indiscussa del rock italiano, Gianna Nannini.
Diretta da Cinzia TH Torrini, la pellicola è tratta dall’autobiografia Cazzi miei (2016) e vede l’attrice Letizia Toni nei panni della rockstar a cavallo tra gli Anni Settanta e Ottanta.
Il film si avvale inoltre della partecipazione della conduttrice televisiva e radiofonica Andrea Delogu nei panni di una giovane Mara Maionchi, la produttrice che “scoprì” la regina del rock italiano.
Alla sottoscritta è stata affidata l’audiodescrizione di questo film Netflix, con l’obiettivo di renderlo accessibile a tutte le persone con disabilità visiva.

D’ora in poi abbreviata in AD, l’audiodescrizione, com’è noto, traduce in parole le azioni che, in un’opera audiovisiva, non possono essere percepite dalla vista. Uno speaker ne legge poi il testo descrittivo, la cui traccia viene “missata” a quella originale del film, che si compone di dialoghi, rumori, musiche e suoni.
Ma oltre agli aspetti più tecnici, un’AD dovrebbe rendere visibile ciò che non lo è agli occhi dei fruitori, trasponendone il senso artistico desiderato e ideato dal regista. Prendendo in prestito i versi iniziali di Ragazzo dell’Europa (1982) – canzone che compare nel film – l’audiodescrittore dovrebbe “stare negli occhidel fruitore e “raccontargli gli inganni” del gran bel sogno che è il cinema.

La natura particolare di questa lavorazione ha suscitato in me delle riflessioni: audiodescrivere l’intrigante esperienza di vita di Gianna Nannini significa fondere una descrizione “in prosa” alla poesia delle sue canzoni, ma non solo. Da vedente, sono abituata ad associare la voce graffiante della Nannini alla sua immagine, che è riconoscibilissima. Ma l’audiodescrizione di un’opera del genere si carica della responsabilità di creare nella mente del fruitore l’immagine della sorgente di quella voce: nel concreto, si tratta di attribuirle un qualcosa che non le era mai stato attribuito: è un’operazione che comunque va a cambiare la concezione mentale di quel personaggio nella mente del fruitore.

La musica, dal punto di vista di una persona con disabilità visiva, è sicuramente l’arte più inclusiva di tutte: bastano l’udito e il sentimento, un po’ come per l’AD di un’opera audiovisiva. Entrambe, inoltre, mirano a un’armonia che fonda magistralmente tutte le componenti. Va da sé che quando l’AD tocca l’ambito musicale ci si aspetti la quintessenza dell’armonia. È stato dunque di vitale importanza accostare un testo descrittivo che si unisse bene con il carattere indomito della protagonista e con i suoi grandi successi, senza rinunciare ad adattarsi alle varie tematiche trattate nel film: la ribellione giovanile, la tenacia dei propri sogni, lo scontro padre-figlia, ma anche la droga, il disagio, la pressione lavorativa.
La protagonista, inoltre, viene anche connotata a fondo per la sua provenienza senese: «Gianna entra in una camera. Appoggia il borsone sul letto e lo apre. Estrae il fazzoletto di seta della Contrada dell’Oca, quartiere di Siena, e lo posiziona accanto alla custodia della chitarra. Poi tira fuori un poster di Janis Joplin […] e lo appende alla porta. […] Afferra una scatola di Ricciarelli, biscotti tipici di Siena e ne mangia uno. Chitarra alla mano, si siede in poltrona e canta».
In questo caso, elementi tipici quali oggetti, luoghi e prodotti gastronomici, hanno richiesto l’aggiunta di incisi che ne giustificassero la presenza o che ne spiegassero la natura.

Il testo descrittivo di quest’opera si è poi dovuto fare particolarmente cupo laddove toccava temi aspri come la morte dell’amica Tina per overdose: «Alla pensione, fa per entrare in camera sua ma desiste sentendo la musica provenire dalla stanza accanto. Fruga nelle tasche dei jeans. Apre con la sua chiave. Il sorriso sul suo volto scompare. Il registratore continua a girare a vuoto. Gli occhi azzurri di Gianna si posano sconvolti sul corpo inerme di Tina riverso sul letto disfatto, seminuda, con gli occhi spalancati. Sul braccio destro, i lividi intorno ai buchi e un laccio emostatico. Accanto a lei una siringa insanguinata. Gianna indietreggia atterrita ed esce dalla stanza. Con una barella, due uomini portano via il corpo senza vita di Tina, ricoperto da un lenzuolo bianco».
Come sempre accade nelle opere audiovisive, è il linguaggio filmico a “mostrarci la via”. La musica che proveniva dalla stanza è finita: l’inquadratura sul registratore che continua a girare a vuoto è metafora di ciò che stiamo per vedere, ovvero una giovane vita stroncata dal mostro che è la droga. Certi segnali vanno colti e messi in risalto: solo così si evita un’AD vuota, piatta e noncurante del senso artistico dell’opera.

Scena del film "Sei nell'anima"
Una scena “di famiglia” del film “Sei nell’anima”

Altre scene potenti all’interno del film sono quelle di sesso: l’irrequietezza di un’anima ribelle come quella della protagonista passa anche da clip che sottolineano la natura sfrenata e improvvisa degli episodi amorosi, in un climax di passione: «Nel cuore della notte, a casa di Gianna, lei e Mark si baciano, si spogliano. Addossati alla parete, si toccano. A letto, lui affonda la bocca tra le cosce di lei che si contrae dal piacere. Poi le scivola dentro, i corpi nudi a contatto, travolti dalla passione».
Lo stesso vale per la scena in cui Gianna fa la conoscenza di “Undici”, una ragazza leccese con cui nascerà un’intensa storia d’amore: «Bevono entrambe un sorso di vino. La ragazza posa il calice e si tocca il collo con espressione dolorante. Gianna le prende la mano e le fa scorrere il pollice lungo le vene dal polso al gomito. […] La ragazza la scruta con un sorrisetto ammiccante. La mano di Gianna le sfiora il braccio in una lenta carezza fino a un bracciale rigido d’argento sul bicipite. […] Più tardi, in un bosco. La ragazza dai capelli corti è appoggiata al cofano di un’auto con i fari accesi. Gianna strappa un filo d’erba. Lo annoda e crea un anello. Lo infila all’anulare sinistro della ragazza. […] I loro visi si fanno più vicini. Le loro bocche si cercano. Si assaporano. Gianna le sfiora le labbra con le dita. Poi la bacia con passione. Undici le sfila il giubbotto di pelle. Gianna le apre la zip dei jeans e le sfiora la pelle del ventre. Si baciano toccandosi…».
Il sorrisetto ammiccante e la lenta carezza sono elementi che innescano un corteggiamento serrato. L’esperienza omosessuale – l’ennesimo aspetto che caratterizza una rockstar che antepone il sentimento ai precetti sociali di quegli anni – viene presentata come un assaporamento. Sono temi vitali per un’artista che ha fatto della sua stessa vita un’espressione di rottura con i retaggi di un Paese ancora troppo vincolato al passato.

A incarnare la generazione precedente alla sua, perbenista e osservante di quei canoni sociali, il padre, che la voleva una tennista di successo, anziché una rockstar dissoluta. L’audiodescrizione di un ricordo della giovane Gianna rende bene il loro scontro generazionale: «Gianna cammina nella foschia notturna e ricorda: da adolescente gioca una partita di tennis sotto lo sguardo attento del padre, seduto sugli spalti a bordo campo. Gianna, seduta in panchina con espressione combattuta, guarda il padre che la incita. La partita ricomincia. Gianna e la sua avversaria tornano in campo. Gianna, immobile, non risponde al servizio. Si volta verso il padre e lo guarda con aria di sfida. Il cielo imbrunisce e il viso del padre si contrae dalla rabbia. I due, sotto la pioggia battente, si scrutano a lungo. Il pubblico lascia gli spalti. Padre e figlia continuano a fissarsi. Lui, rassegnato e fradicio, abbassa le braccia lungo i fianchi; lei è irremovibile».

In conclusione, audiodescrivere un’opera del genere mi ha dato la possibilità di apportare alla voce di un’artista qualcosa di nuovo nell’immaginario collettivo di chi non vede, che ovviamente conosce i cantanti solo per la loro voce. Ma nel caso di quest’opera, l’inclusione non sta solo nell’averla resa accessibile, ma anche nell’averla impreziosita con la voce di Mario Loreti, speaker professionista cieco che, proprio per questa lavorazione, lo scorso 1° dicembre ha vinto il Premio Speciale Accessibilità al Festival del Doppiaggio Voci nell’Ombra. E pensare che lui stesso si era detto “dubbioso” della sua performance: con sua grande sorpresa – ma non la nostra – questa lavorazione gli è valsa un importante riconoscimento. Con la sua voce, è davvero riuscito a entrare “nell’anima” del testo descrittivo [nei prossimi giorni daremo spazio a una nostra intervista esclusiva a Mario Loreti, N.d.R.].

*Adattatrice di dialoghi, audiodescrittrice, docente universitaria. Ne segnaliamo anche, sempre sulle nostre pagine (a questo link), il recente contributo intitolato “La buona audiodescrizione di un ‘teen drama’”.

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