Elezioni regionali: chiediamo garanzie!

«Il timore è quello che, nell'attuale contesto, vengano penalizzate le politiche di inclusione sociale». Lo ha dichiarato Pietro V. Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), nel corso di un civile e proficuo confronto con alcune personalità politiche, in vista delle prossime Elezioni Regionali

Ruota di carrozzinaAppare ormai chiaro che la qualità della vita delle persone con disabilità dipende oggi in misura crescente dai provvedimenti che le Amministrazioni Regionali assumeranno nei prossimi anni, grazie alle competenze sempre più ampie previste dalle recenti modifiche costituzionali.
In tal senso le prossime Elezioni Regionali di aprile rappresentano quindi un appuntamento particolarmente importante per i cittadini con disabilità.

Nel corso di un incontro organizzato a Milano dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), per dare voce alle aspettative dei cittadini con disabilità, la stessa FISH ha presentato un documento di respiro nazionale, in vista appunto della prossima scadenza elettorale e che qui di seguito presentiamo in forma integrale.

Dal canto suo, Pietro V. Barbieri, presidente della FISH, cui aderiscono 29 Associazioni Nazionali con oltre 1.200 sedi locali, non ha nascosto la propria preoccupazione: «Il timore è proprio quello che, in questo contesto, vengano penalizzate le politiche di inclusione sociale. Infatti, dobbiamo registrare, purtroppo, una crescente insofferenza verso i processi di inclusione sociale nel mondo della scuola e del lavoro, una contrazione delle prestazioni riabilitative, una preoccupante tendenza all’istituzionalizzazione, mentre resta costante l’incertezza delle risorse».
Di fronte a questo panorama, la FISH ha ribadito le proprie proposte, volte a garantire parità di accesso a tutte le persone con disabilità alle esperienze e opportunità di vita offerte alla generalità dei cittadini.

Per quanto poi riguarda l’ambito lombardo, Salvatore Giambruno, presidente della LEDHA, ha sottolineato come «la vasta gamma di servizi e opportunità presenti in regione nasce anche da un forte livello di collaborazione tra il mondo delle associazioni e l’istituzione regionale. Un punto di partenza importante per affrontare le problematiche non risolte che generano le mille difficoltà esistenziali che ancora colpiscono le persone con gravi disabilità e alle quali è necessario trovare risposte efficaci».
Anche la LEDHA ha presentato un proprio documento che pure riportiamo in forma integrale, al termine di questa nota.

Civile e corretto è stato il confronto di oggi, al quale hanno aderito numerosi rappresentanti delle associazioni. Oltre a Barbieri e a Giambruno, sono intervenuti anche Maura Cossutta (deputato alla Camera per i Comunisti Italiani e componente della Commissione Affari Sociali), Paolo Danuvola (consigliere regionale per l’Ulivo-Margherita e membro della Commissione Sanità e Assistenza), Giampiero Griffo (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), Mario Mantovani (deputato al Parlamento Europeo e responsabile nazionale delle Politiche Sociali di Forza Italia) e Sante Zuffada (candidato al Consiglio Regionale per Forza Italia).
L’incontro è stato moderato da Franco Bomprezzi giornalista dell’agenzia AGR  e portavoce della LEDHA, oltre che direttore responsabile di «DM», la rivista della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
(S.B.)

Per ulteriori informazioni:
Giovanni Merlo, LEDHA, tel. 02 6570425 oppure 347 7308212
comunicazione@informahandicap.it

 

Un documento della FISH
(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

Disabilità e federalismo: le aspettative delle persone
con disabilità e delle loro famiglie nelle prossime elezioni regionali

La prossima tornata elettorale riguarda la scelta di 15 Governi ed assemblee regionali su 20.
Si tratta di una consultazione che assume una valenza politica nazionale per l’estensione e la vicinanza alla competizione elettorale del 2006.
I temi propri di questo turno rischiano di essere offuscati dall’invadenza della polemica politica più rilevante per la comunicazione mass mediatica. L’influenza di questa sull’opinione pubblica sospinge i cittadini elettori nel vortice di una scelta ridotta ad un referendum sull’azione del governo attualmente in carica.
Il federalismo che rende più prossimo il governo della cosa pubblica al cittadino, da più parti predicato, non è praticato sicuramente sul piano elettorale. Gli spazi per affrontare i temi delle comunità regionali con i loro tratti caratteristici sono relegati a sistematici annunci di nuovi progetti connotati da estrema parzialità. Non affrontano i nodi della vita della comunità locale, della crescita della coesione sociale, dei diritti e dei doveri di cittadinanza, della non discriminazione e della pari opportunità.
La riforma del Titolo V della Costituzione, varata nel 2001, ha restituito ai cittadini nuovi assetti istituzionali che consegnano alla dimensione territoriale nuovi poteri. La tornata elettorale delle regionali 2005 è la prima dopo una rivoluzione di tale portata.
Come riconosciuto da più parti, la Corte Costituzionale è sommersa di ricorsi delle regioni contro provvedimenti dell’Amministrazione centrale e anche l’impugnazione di statuti regionali da parte del Consiglio dei Ministri testimonia la delicatezza dell’attuale circostanza storica.

I cittadini con disabilità e con figli e parenti disabili, invece, percepiscono appieno il passaggio e si preoccupano della confusa situazione istituzionale e delle fughe della politica verso la polemica puramente ideologica.
Temono che il disordine riporti indietro le lancette dell’orologio che segna l’universalità dei diritti e le politiche di inclusione sociale.
Paventano che le ambiguità istituzionali possano limitare l’uniformità degli interventi diretti a garantire le scelte di vita della singola persona o, laddove non in grado, quelle della loro famiglia, a favore di facili scorciatoie o, peggio, di consorterie localiste verso forme di segregazione, nuovi e più moderni istituti che offrono solo il congelamento della persona verso la morte.
Il sospetto è corroborato da una linea di tendenza che afferma stanchezza nei confronti di norme nazionali rimaste ampiamente inapplicate anche grazie alla confusione dell’assetto istituzionale federalista. Si tende a operare una forzatura contrapponendo il pragmatismo di ciò che è possibile alla presunta utopia di splendidi princìpi. I segnali sono forti ed allarmanti e ne produciamo esempi nelle aree di intervento che caratterizzano la scelta di valorizzazione della partecipazione alla vita della comunità delle persone con disabilità.

1. L’insofferenza verso l’inadeguatezza dell’organizzazione dell’integrazione scolastica che corrisponde alla riduzione delle ore di sostegno da parte dei nuovi Uffici Scolastici Regionali e la nascita delle scuole “polo” specializzate, con una scelta non dichiarata di ritorno a forme di segregazione.

2. La contrazione delle prestazioni di riabilitazione ambulatoriale e diurna, privilegiando e promuovendo la degenza in centri, lungodegenze o residenze sanitarie.

3. Il ribaltamento dell’idea stessa da cui sorge l’esigenza del “dopo di noi”, verso il disimpegno obbligato delle famiglie a causa dell’età ed il contestuale ricorso a nuove residenzialità protette dotate di un numero di ospiti spesso superiore a sei-otto unità, che non può certo definirsi “casa famiglia” oppure “gruppi appartamento”.

4. La spinta verso l’occupazione in cooperative sociali spesso improduttive ed assistite da contribuzioni pubbliche a fondo perduto, dando origine a nuovi “laboratori protetti” e la cultura che vuole trasformare il concetto di collocamento mirato nei luoghi ordinari di lavoro (Legge 68/99) in quello di segregazione obbligata di una cooperativa sociale (art. 14 della Legge Biagi).

5. L’eliminazione delle specifiche risorse nazionali per le attività dirette all’autonomia individuale come la legge 162/98 e la 13/89, senza che gran parte delle regioni se ne sia fatto carico.

6. L’incertezza delle risorse determinata dalla riduzione del fondo nazionale per le politiche sociale, dei trasferimenti agli enti locali e della mancata approvazione della proposta di legge sul fondo per i non autosufficienti, con la conseguenza di un restringimento dei servizi di inclusione sociale.

L’eventualità del ricorso ad istituti è bandita nel dibattito alle Nazioni Unite sulla “Convenzione sui diritti umani delle persone con disabilità”, il quale si concentra sull’idea che vi sia una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, qualora si ricorra a qualunque forma di tutela giuridica che porta alla restrizione della libertà, giudicandola del tutto fuori luogo per cittadini che non hanno commesso alcun reato, come le persone con disabilità. Il conseguente approccio alla disabilità quale questione di sicurezza sanitaria pubblica è ormai improponibile.
 Avvalorata è invece la necessità di garantire pari opportunità e non discriminazione alle persone con disabilità ed alle loro famiglie ed è promosso il modello bio-psico-sociale della disabilità attraverso la classificazione ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Le persone con disabilità e le loro famiglie ritengono indispensabile che i candidati ai governi regionali si impegnino a riconoscere la fondatezza di queste preoccupazioni e, ipso facto, la condizione di discriminazione e di mancanza di eguali opportunità in cui permangono le persone con disabilità, i cui diritti sono soggetti alle variazioni delle stagioni politiche ed agli assetti istituzionali.

La FISH, le associazioni aderenti e le articolazioni regionali, chiedono che i candidati riportino con forza al centro dell’azione di governo la persona, e il diritto di scelta del proprio percorso di vita e, qualora non in grado, da parte della loro famiglia, attraverso azioni di valorizzazione dei principi universali sanciti dall’ONU e ripresi nella Costituzione Europea.
L’universalità dei diritti va riaffermata a tutti i livelli istituzionali della Repubblica: l’eguaglianza delle opportunità è un principio costituente delle autonomie locali. Il ruolo delle istituzioni regionali è essere interprete principe dei doveri di solidarietà appropriandosi della funzione di promozione dei diritti attraverso l’organicità delle politiche ed il coordinamento interististituzionale, istituto concepito dalla Legge 104/92. Solo così la sussidiarietà troverà piena valorizzazione.

La pianificazione e l’organizzazione degli interventi deve essere centrata sulla rimodulazione dell’accesso alle prestazioni ed ai servizi, promuovendo il criterio della presa in carico globale, affinché la persona non sia identificata con la sua patologia o i limiti che ne derivano.
Va quindi resa organica la fase valutativa in modo tale da comprendere le funzioni di accertamento delle condizioni di salute e della disabilità, in un’unica unità operativa semplice della medicina legale dei distretti ASL.
Attraverso l’adozione di strumenti normativi e di indirizzo regionali, va iniziato il percorso di riforma che generi l’introduzione della classificazione ICF quale nuovo parametro per la fase di determinazione del progetto individuale di vita della persona e conseguentemente l’accesso ai benefici previsti dalle norme in vigore, recuperando funzioni soppresse dall’art. 42 Legge 326/03.

La modulazione delle attività deve essere resa coerente con la personalizzazione, la domiciliarità e la territorialità degli interventi, integrando la rete dei servizi educativi, socio sanitari, e occupazionali, individuando livelli regionali uniformi trasferibili della qualità e quantità necessaria, elaborando strumenti di programmazione partecipata ed ancorandola alla dimensione territoriale di riferimento sulla quale fondare la pianificazione integrata.
La trasferibilità implica una chiara opzione verso l’armonizzazione nazionale delle prestazioni evitando diversificazioni tra regioni fonte di inesorabile ed intollerabile disuguaglianza. La deprecabile mancanza delle definizione dei livelli essenziali di assistenza in attuazione dell’articolo 22 legge 328/00, investe le regioni di una responsabilità diretta nel predisporli e condividerli nell’ambito della Conferenza Unificata.

Va promosso il criterio comunitario dell’accesso a tutto a tutti affinché gli spazi di libertà e le opportunità di esperienze di vita, non siano impedite a persone con disabilità motorie, sensoriali, intellettive e relazionali: ambiente, beni, servizi e reti devono essere totalmente accessibili.

L’impegno di governo del welfare di promozione della partecipazione a concorrere al bene della comunità, comporta precisi ed inequivocabili indirizzi sulle risorse da destinare allo scopo. A fronte di limitazioni di bilancio, è necessario privilegiare la scelta verso il sistema di interventi a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Ciò significa invitare la cittadinanza un patto di solidarietà per far fronte all’istituzione di un fondo specifico per la non autosufficienza che garantisca le necessarie risorse ad evitare ricoveri impropri in degenze sanitarie, i nuovi istituti della segregazione.

Le associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie richiedono che tutti gli interventi siano indirizzati all’empowerment delle persone con disabilità e delle loro famiglie, rafforzando le capacità individuali di ogni persona con disabilità e garantendo la piena partecipazione alla vita della società.
Ciò implica un diverso approccio da parte della comunità a partire dalle istituzioni: le persone con disabilità sono esperte di sé stesse, e nel caso di persone con disabilità intellettiva, lo sono le loro famiglie.
Bisogna sancire una volta per tutte che le persone o le loro famiglie sono in grado di autodeterminarsi al pari di qualunque altro cittadino, non solo per sottrarre un carico di responsabilità alla comunità, ma anche per tutelare i loro diritti umani.
L’intervento, quindi, va predisposto a partire dalle volontà e dalle aspirazioni della persona o della sua famiglia. Le politiche vanno pianificate con le organizzazioni che li rappresentano, non con forme di consultazione confuse o peggio relegate a funzione decorativa. Va garantita concreta opportunità di partecipazione alle decisioni che riguardano la disabilità ed al controllo della loro pratica attuazione quotidiana, proseguendo il processo innescato nel 2003 Anno Europeo delle persone con disabilità con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni.

Per ciò ribadiamo lo slogan-diritto che unisce il movimento delle persone con disabilità e delle loro famiglie a livello mondiale :
Nulla su di noi, senza di noi.

 

Un documento della LEDHA
(Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità)

Elezioni Regionali 2005
I cittadini con disabilità e le loro famiglie prendono la parola
e chiedono risposte ai candidati alla presidenza della Regione Lombardia

I cittadini con disabilità possono contare in Lombardia su una vasta rete di servizi e opportunità per rispondere ai propri bisogni e affermare  i propri diritti, frutto anche della collaborazione fra istituzioni e associazioni. Molto è stato fatto ma molto rimane da fare perché, ancora oggi, in Lombardia una persona con grave disabilità rischia di essere

Povera, Discriminata e Isolata

Povera perché la condizione di grave disabilità impedisce di trovare un lavoro e costringe le persone a sopravvivere con la sola pensione di invalidità (235 euro al mese). I familiari sono sempre più spesso chiamati a pagare rette elevate per frequentare i servizi diurni e residenziali oltre a sostenere i costi per la vita quotidiana.
Discriminata perché i servizi essenziali, i mezzi di trasporto, le possibilità di partecipazione alla vita sociale presentano barriere, architettoniche e culturali che scoraggiano le persone con disabilità a condurre una vita attiva, nel lavoro, nel tempo libero, nell’impegno sociale.
Isolata perché la famiglia è ancora vista come unica e principale risorsa per rispondere ai bisogni essenziali delle persone con disabilità, anche quando sono adulte e i genitori ormai anziani.

Per questi motivi, le associazioni delle persone con disabilità chiedono a Roberto Formigoni e Riccardo Sarfatti di sottoscrivere le loro proposte e impegnarsi a realizzarle nel primo anno di lavoro della nuova giunta regionale.

1. Niente su di noi senza di noi
Trasformare il tavolo disabili del Terzo Settore in una Consulta permanente della disabilità con cui studiare e confrontare in modo preliminare ogni decisione riguardante le persone con disabilità insieme alle organizzazioni dei diretti interessati, nel rispetto del principale obiettivo stabilito in occasione dell’Anno Europeo delle Persone con Disabilità.

2. Pagare secondo la legge
Emanare un regolamento regionale in materia di partecipazione al costo dei servizi alla persona (sociosanitari e socio-assistenziali domiciliari, diurni, residenziali, trasporto) nel rispetto della normativa nazionale,  a partire dalla legge che impone di considerare il reddito della sola persona disabile e non dell’intera famiglia.

3. Risorse per l’autonomia
Creare un Fondo regionale per la non autosufficienza e, per quanto riguarda in modo particolare le persone con possibilità di autonomia, definire una rete di servizi e opportunità per favorire la vita autonoma e indipendente e scoraggiarne la istituzionalizzazione.

4. Dalla culla in poi…
I bambini con disabilità hanno bisogno, come tutti i bambini, di misure di protezione efficaci.  Il diritto alla protezione rispetto alle vulnerabilità individuali tra cui la condizione di salute e disabilità  deve poter essere non solo esigibile per legge ma anche e soprattutto governato attraverso buone prassi volte a garantire  “certezze fin dalla nascita”.
Per questa ragione si chiede l’impegno a realizzare le Linee Guida regionali sul “processo di presa in carico precoce dei minori con disabilità”.

5. Dalla casa alla comunità
Promuovere un Progetto Obiettivo per creare un sistema di residenzialità ampio e articolato, che riduca il più possibile situazioni di istituzionalizzazione e privilegi la nascita di alloggi protetti, comunità di piccole dimensioni, progetti sperimentali di residenzialità integrata, uscendo dalla logica dell’emergenza, dando così al cittadino disabile la possibilità di attivare un progetto per il “dopo di noi” quando diviene adulto e non quando l’uscita dal nucleo familiare di origine diviene inevitabile per vari motivi.

6. Formarsi per lavorare
Garantire a tutti l’accesso al sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale, potenziando le strutture di accoglienza ed orientamento. Mantenere, per i soggetti più deboli, un percorso formativo mirato (corsi FLAD e FILD)  che permetta una frequenza pluriennale e sviluppi percorsi di accompagnamento al lavoro e monitoraggio continuo. Favorire l’accesso al mercato ordinario del lavoro quale luogo privilegiato dell’integrazione sociale.

7. Liberi di muoversi…
Ritirare
le delibere assunte nel 2004 sulle tessere di trasporto regionale che creano discriminazione tra le persone con disabilità e penalizzano le persone con invalidità civile al di sotto del 100%. Approvare un Piano per la piena accessibilità del trasporto pubblico che preveda la eliminazione di ogni barriere da tutti i mezzi di trasporto pubblico circolanti in Regione.

8. …e di viaggiare
Condizionare l’erogazione di fondi ad attività di promozione turistica alla presenza di strutture ricettive e turistiche accessibili e a servizi di accoglienza adeguati alle necessità dei turisti con disabilità.

Le associazioni delle persone con disabilità  richiedono ai candidati e alle forze politiche di impegnare il prossimo Consiglio Regionale della Lombardia a inserire nel prossimo Statuto Regionale il principio di non discriminazione delle persone con disabilità già affermato nell’art. 14 del Trattato di Amsterdam e di promuovere una Legge Regionale sui diritti delle persone con disabilità che affronti i temi della presa in carico, delle pari opportunità e della partecipazione alla vita sociale.

(Milano, 22 febbraio 2005)

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