Tra i tanti crimini del regime nazista, l’“Aktion T4” si distingue per la crudeltà con cui le persone con disabilità furono private del diritto alla vita. Questo programma di sterminio portò all’eliminazione di oltre 270.000 persone, considerate dal regime nazista “vite indegne”, caratterizzandosi come un tragico preludio della “Shoah” di cui anticipò le metodologie. Ne parliamo con Silvia Cutrera, una delle maggiori studiose a livello nazionale di “Aktion T4”
Tra i tanti crimini perpetrati dal regime nazista, l’Aktion T4 si distingue per la crudeltà con cui le persone con disabilità furono private del diritto alla vita. Il nome di questo programma di sterminio trae origine dall’indirizzo di Berlino Tiergartenstrasse n. 4, dove il progetto, avviato nel 1939, segnò l’inizio di una serie di politiche che portarono alla disumanizzazione e all’eliminazione di centinaia di migliaia di vite umane (si parla di oltre 270.000 persone), considerate dal regime nazista “vite indegne”. Sebbene meno conosciuto rispetto alla Shoah, l’Aktion T4 ne anticipò le metodologie e ne condivise pienamente l’ideologia.
Ho incontrato nei giorni scorsi Silvia Cutrera, tra le maggiori studiose a livello nazionale del programma Aktion T4, con la quale, in occasione del Giorno della Memoria del 27 gennaio, siamo tornati su questa pagina drammatica della storia del XX secolo.
È importante parlarne, perché rappresenta il primo sterminio sistematico organizzato dal regime nazista su di un intero gruppo sociale: le persone con disabilità.
Nel 2015, su queste pagine, la nostra direttrice Stefania Delendati in un bell’articolo parlò di Aktion T4 come del “primo Olocausto”. Ti senti di concordare con questa definizione?
«Sì, possiamo definirlo assolutamente così, perché fu il primo esperimento di sterminio su base ideologica. Attraverso l’Aktion T4, infatti, il nazismo mise in atto il concetto di “vite indegne di essere vissute”. Fu un genocidio fisico e simbolico: le persone con disabilità vennero rappresentate come un peso per la società e private della loro dignità. Tecniche come le camere a gas e un’organizzazione burocratica pressoché maniacale, curata fin nei più piccoli dettagli, furono testate in questo contesto e poi perfezionate per la Shoah. In questo senso, l’Aktion T4 fu un banco di prova per la macchina genocida nazista».
Alla base dell’Aktion T4 vi furono teorie pseudoscientifiche come l’eugenetica. In che cosa hanno di più influenzato questo programma?
«L’Aktion T4 si fondava su teorie eugenetiche e sul darwinismo sociale. L’eugenetica, sviluppata nel XIX secolo, sosteneva la necessità di migliorare la “qualità genetica” della popolazione, promuovendo la riproduzione dei “migliori” e limitando quella dei “deboli”. Il darwinismo sociale, invece, proponeva che solo i più “adatti” dovessero sopravvivere, giustificando così l’eliminazione dei “non idonei”. Un testo cruciale fu Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens (“La liberalizzazione della soppressione della vita senza valore”) dello psichiatra Alfred Hoche e del giurista Karl Binding, uscito nel 1920, con la teoria che alcune vite fossero prive di valore, sia per chi le viveva sia per la società. Queste idee furono integrate nell’ideologia nazista, con la collaborazione attiva di medici e scienziati».
Come reagì la società tedesca all’Aktion T4?
«La reazione fu complessa, benché prevalentemente passiva. Molti tedeschi, influenzati dalla propaganda, accettarono il programma, credendo alla narrazione che le persone con disabilità fossero un peso economico. Altri, invece, tra cui anche alcuni medici, si opposero: familiari delle vittime, inoltre, denunciarono le sparizioni, e figure religiose come il vescovo Clemens August von Galen condannarono pubblicamente il programma. La sua omelia del 1941 a Münster scosse la società e fu tra le ragioni che portarono Hitler a sospendere ufficialmente il programma. L’Aktion T4, tuttavia, continuò segretamente fino alla fine della guerra».
Quali erano i principali centri di sterminio?
«I centri erano sei. Tra i più noti si ricordano Grafeneck, Hartheim e Hadamar, tutti ospedali psichiatrici trasformati in luoghi di sterminio. Le vittime venivano uccise con gas, iniezioni letali o fame forzata. Questi luoghi non furono scelti a caso: erano isolati, lontani dai centri urbani, per nascondere le operazioni. Le tecniche sviluppate lì furono poi applicate nei campi di sterminio durante la Shoah».
Si è iniziato a parlare di Aktion T4 in tempi relativamente recenti. Quando secondo te si è manifestato un vero interesse da parte degli storici?
«Gli studiosi hanno cominciato ad approfondire il tema solo dagli Anni Sessanta. Durante i processi di Norimberga (1945-1946), alcuni dettagli del programma erano stati resi noti, soprattutto attraverso le testimonianze di medici e funzionari coinvolti, ma l’attenzione degli storici e dell’opinione pubblica si concentrò maggiormente sulla Shoah e sugli altri crimini di guerra nazisti. La ricerca sull’Aktion T4 è cresciuta con il tempo, grazie a studiosi come Henry Friedlander, che hanno dimostrato come questo programma abbia gettato le basi ideologiche e tecniche per il genocidio su larga scala. Negli ultimi decenni, l’interesse accademico e sociale è cresciuto notevolmente. Sono stati aperti memoriali e musei, come quello della Tiergartenstrasse 4 a Berlino, e sono stati pubblicati molti studi che indagano non solo i dettagli operativi del programma, ma anche le implicazioni etiche di esso e la memoria delle vittime. Questo riflette una maggiore consapevolezza storica e una volontà di rendere giustizia a una categoria di vittime che per lungo tempo era rimasta nell’ombra».
Da oltre vent’anni ormai, con i tuoi tanti incontri e conferenze parli e racconti dell’Aktion T4. Qual è la reazione più frequente che hai potuto notare?
«Molti rimangono scioccati. L’idea che medici e scienziati abbiano potuto collaborare a un programma tanto crudele mette in crisi la visione della medicina come disciplina etica. Altri, soprattutto nelle nuove generazioni, reagiscono con un profondo senso di responsabilità e si interrogano sul rischio che simili ideologie possano riemergere.
In un mondo dove temi come la selezione genetica e il valore della vita umana sono ancora dibattuti, la conoscenza dell’Aktion T4 invita a riflettere su come evitare che scelte apparentemente “scientifiche” possano essere usate per giustificare discriminazioni o violazioni dei diritti umani».
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