L’integrazione va fatta in classe*

E se le risposte delle Istituzioni in ambito di studenti con disabilità continuano ad essere del tutto insufficienti, dati confortanti arrivano dalla "base", ovvero dagli insegnanti, la maggior parte dei quali vuole fortemente fare attività formative con i ragazzi disabili all'interno delle aule scolastiche ed è del tutto contraria alla costruzione di piccolo gruppi autonomi con gli studenti in difficoltà. Un atteggiamento che fa ben sperare e che emerge dal Settimo Convegno Internazionale di Rimini, sulla "Qualità dell'Integrazione Scolastica", pur tra difficoltà e problemi mai così pressanti come in questo periodo

Ragazzina con disabilità insieme a compagni di scuolaUna tendenza positiva a integrare i disabili nella classe, minacciata però «dalle classi troppo ampie, dalle poche risorse e dalla scarsa attenzione alla formazione degli operatori scolastici» da parte delle Istituzioni. Sono queste le conclusioni del Settimo Convegno Internazionale La Qualità dell’Integrazione Scolastica, organizzato dal Centro Studi Erickson al Palacongressi di Rimini, dal 13 al 15 novembre [se ne legga la presentazione in questo sito cliccando qui, N.d.R.].
La mozione finale prodotta in Romagna – indirizzata a politici, sindacalisti, imprenditori e comuni cittadini – vuole «denunciare i rischi di deriva sociale che viviamo ogni giorno e che temiamo portino oggi a un punto di non ritorno». Ecco allora l’appello alle istituzioni a cui si chiedono «non solo investimenti economici, ma anche una diversa cultura del servizio pubblico», mettendo mano ad alcune «abulie», come «la scarsa attenzione alla formazione di tutti gli operatori scolastici» e «l’abnorme aumento del numero degli alunni per classe».
Ai sindacati invece si rimprovera «il corporativismo», mentre dovrebbe contare di più «il diritto di ogni bambino ad essere promosso e non bocciato da regole contrattuali corporative».

Nonostante queste difficoltà, uno dei direttori scientifici del convegno, Dario Ianes, ha tracciato un quadro abbastanza positivo dell’integrazione scolastica nel nostro Paese: «Da una ricerca condotta su 3.064 insegnanti delle scuole italiane di ogni grado – dichiara – emerge una volontà diffusa a fare attività formative con i ragazzi disabili all’interno delle aule scolastiche e non fuori, come risultava da un’indagine precedente su duemila famiglie italiane». In tal senso il 39,49% degli insegnanti curricolari o di sostegno che hanno risposto al questionario on line confermano di svolgere attività di apprendimento con i bambini certificati in classe, mentre il 54,90% alternano insegnamenti extra e all’interno dell’aula. Solo il 5,58% portano sempre i disabili fuori dalla classe.
«Dai numeri – continua Ianes – emerge anche che la maggioranza degli intervistati usa metodologie didattiche specifiche, come il tutoraggio fra pari e i gruppi educativi, man mano che aumenta l’integrazione degli alunni con disabilità». Un altro dato interessante riguarda il rapporto con i compagni di classe: «Il 50% aiuta spesso e in modo spontaneo i compagni disabili –  è il commento di Ianes – il 10% li aiuta sempre. Crediamo che gli insegnanti debbano spingere di più in questa direzione».

Naturalmente non mancano i punti dolenti. «Il 50% dei docenti – conclude infatti Ianes – pensa che si diano poche risposte adeguate ai bisogni specifici degli alunni e questo significa che i bambini certificati rischiano spesso di non essere compresi e aiutati nel modo corretto a formarsi nella scuola. Per fortuna, però, la maggioranza degli insegnanti (il 47,7%) è fermamente contraria alla costruzione di piccoli gruppi autonomi con questi giovani studenti in difficoltà, atteggiamento, questo, che porterebbe a una pericolosa deriva segregante».

*Testo pubblicato da «Redattore Sociale», con il titolo di Rimini, l’appello degli insegnanti: “L’integrazione dei disabili va fatta in classe, dateci i mezzi” e qui ripreso, con adattamenti, per gentile concessione.

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