Si «recita a soggetto», a spese di un bambino di quattro anni

di Alessandra Corradi*
Ma questa quotidiana e assurda "odissea" raccontata da una nostra lettrice, per far sì che il proprio figlio con disabilità possa usufruire di un diritto garantito dalla legge, come quello del trasporto scolastico, è semplicemente un “caso estremo" oppure molte altre famiglie nel nostro Paese potrebbero raccontare vicende analoghe? Si tratta solo di singoli casi di incompetenza da parte dei responsabili oppure sono situazioni sin troppo frequenti?

Primo piano di volto di donna, con particolare dell'occhio sinistroTra le varie incombenze di carattere burocratico che ha un genitore con figlio disabile, relativamente alla scuola, c’è anche la voce trasporto scolastico. Tale servizio si richiede al momento dell’iscrizione a scuola e la legge prevede che se ne faccia carico il Comune di residenza fino alle medie e la Provincia dalle superiori fino all’università (Legge 104/92, articoli 8, 12, 13, 26, che riprende la Legge 118/71, articolo 28, Provvedimenti per la frequenza scolastica). Occorre pertanto avvalersi di mezzi di trasporto idonei e di personale specializzato al fine di erogare un servizio che può essere anche individualizzato. Ciò costituisce un obbligo inderogabile, anche perché strumentale all’adempimento del diritto allo studio del disabile, come sancito pure da una sentenza del TAR Lombardia (Brescia, 11 aprile 2001, n. 240). Chi poi burocraticamente provvede a fornire il servizio è il dirigente scolastico.

Ebbene, lo scorso anno, dopo una vera e propria “girandola” di telefonate a uffici vari (nessuno ne sapeva niente!) e il ricorso persino agli assistenti sociali – uno mi consigliò di prendere appuntamento dal sindaco!!! (ma come, lo prevede la legge, vengono stanziati appositi fondi, lo fanno in tutt’Italia e qui a Verona si va a elemosinare “il favore” addirittura dal sindaco?) – ho dovuto scrivere una lettera congiuntamente agli assessori comunali all’Istruzione e ai Servizi Sociali, per sollecitare l’attivazione del servizio, che poi partì in gennaio, costringendo la sottoscritta, da settembre a dicembre, ad arrangiarsi alla bell’e meglio…
Quest’anno, nonostante solletici, telefonate e raccomandate (pur essendo sulla carta predisposto il servizio), dalla dirigente scolastica tutto ha taciuto. Finalmente riesco a mettermi in contatto con l’Ufficio Trasporti del Comune, trovando una persona cortese e disponibile che, perfettamente memore delle mie “avventure” nell’anno precedente, recupera una delle lettere da me inviate e operando le debite verifiche (il tutto nell’arco di tre settimane), ottiene la firma della dirigente.
“Puntualmente” il servizio parte in questo mese di gennaio 2010 (ancora una volta, da settembre a dicembre, la sottoscritta si è arrangiata alla bell’e meglio…), a cura del SIT (Servizio Integrato Trasporti). Non mi perviene però nessun regolamento e nessuna carta da firmare, come invece dovrebbe essere (anch’io salgo sul pulmino e poi, da scuola, me ne torno, pedibus calcantibus, a casa, così come pedibus calcantibus vado a scuola il pomeriggio in attesa che arrivi il pulmino), cosicché il primo giorno, con enorme stupore, al viaggio di ritorno da scuola si presenta solo l’autista – dovrebbe esserci invece anche l’operatore per accompagnare il bambino – cui non era neanche stata descritta la condizione di mio figlio. Vedendolo sulla carrozzina, mi chiede pure: «Ma ha bisogno della pedana?», da intendersi naturalmente come dispositivo di sollevamento per le carrozzine…
Quando poi mi dice che non sa come agganciare e mettere in sicurezza la carrozzina, mi si rizzano i capelli in testa e per metà viaggio devo sorreggere fisicamente l’ausilio, con l’autista che guida molto piano…. poi ci ripensa e prova a vedere se riesce a mettere i ganci…

Il giorno dopo mi telefona il gentile addetto dell’Ufficio Trasporti del Comune, per comunicarmi una nota pervenuta dal SIT, nella quale si fa presente che l’autista non può assolutamente aiutare a trasportare la carrozzina davanti all’uscio perché non gli compete (ho sette gradini tra il portone d’ingresso e l’uscio). Chiedo allora se insieme alla nota vi fosse anche la norma di riferimento e faccio notare che non era presente l’operatore, ma solo l’autista, ciò di cui l’addetto giustamente si stupisce.
Passa un altro giorno e al rientro pomeridiano mi vedo arrivare ancora solo l’autista, che non sa fornire alcuna motivazione. Chieste spiegazioni, via telefono, mi viene detto che «l’operatore non serve» perché tanto sul pulmino ci sono anch’io! Certo, ma si dà il caso che io non sappia come agganciare e mettere in sicurezza la carrozzina di mio figlio sul pulmino stesso. Mi viene anche detto che l’autista è perfettamente in grado di farlo.
A questo punto mi chiedo: se l’operatore non serve, come mai per tutto lo scorso anno c’è sempre stato e addirittura portava il bambino all’interno della scuola, gli toglieva il giubbino e lo trasportava dalla carrozzina al sistema di postura? Su questo avevo anche chiesto lumi al SIT, perché non mi sembrava il caso di garantire tutti questi servizi; mi era stato risposto che effettivamente tutto ciò non era di competenza dell’operatore, ma era solo per fare una cortesia. Quest’anno, invece, di colpo tutti maleducati?
Pulmino per trasporto disabili, con pedanaSempre al telefono chiedo allora quale sia il riferimento normativo e il relativo regolamento interno in cui vengono descritte tutte queste cose e mi dicono che non lo sanno, ma che se voglio cercare io la legge sono libera di farlo… Faccio anche presente che non mi è stata data alcuna copia del regolamento, che infatti il giorno dopo mi arriva, ma sotto forma di un semplice volantino patinato di presentazione del servizio. Di riferimenti normativi manco l’ombra, ma soprattutto nessuna menzione del trasporto scolastico: il SIT, infatti, dichiara di effettuare solo trasporti casa-CEOD [Centri Diurni a carattere Educativo-Occupazionale, N.d.R.] e quindi per un’utenza adulta. Mi domando perciò di quale tipo di competenze siano forniti gli operatori per un minore.
Scopro inoltre che gli utenti sono dotati di badge, alias documento di viaggio, che dev’essere sempre indossato (mio figlio no!), che l’operatore – lì definito “accompagnatore” – ha «il compito di collaborare con il conducente in caso di manovra, di accompagnare il disabile dalla propria abitazione al mezzo, di accompagnarlo a destinazione ed infine vigilare che durante il viaggio non abbia a verificarsi alcun inconveniente a bordo». E tuttavia tra le norme di comportamento si legge anche: «I familiari si impegnano a portare il loro congiunto fino al pulmino». Allora, lo devo accompagnare io, mio figlio, al pulmino o viene l’operatore? Contraddizione misteriosa!

E siamo ai “giorni nostri”, ovvero a lunedì scorso. Chiamo il SIT per chiedere se sia possibile effettuare il trasporto in mattinata, in quanto non è disponibile il pulmino che di solito (due volte alla settimana) ci porta a fare terapia al centro di riabilitazione, servizio, questo, effettuato da un’associazione di volontariato. Come portare quindi mio figlio a scuola, in un giorno tra l’altro gioioso, con i bimbi in maschera per il carnevale?
Chiedo perciò al SIT se sia possibile – anche se non previsto – effettuare il trasporto per la mattina di martedì e magari in una data ora, non per mio capriccio, ma perché l’insegnante di sostegno ha degli orari precisi e il bambino non può stare a scuola senza quella docente.
Il SIT mi richiama e mi comunica che il trasporto lo possono fare, però «con l’orario canonico». Avviso la scuola, spiego il tutto e l’insegnante di sostegno mi rassicura, perchè lei c’è e così anche mio figlio avrebbe potuto divertirsi con il carnevale come tutti gli altri.
Ma il martedì l'”ora canonica” arriva e non si vede nessuno. Dopo mezz’ora chiamo il Servizio per sincerarmi che si tratti soltanto di un ritardo e mi risponde la stessa persona con cui avevo parlato neanche ventiquattr’ore prima, comunicandomi candidamente «che si è trattato di un equivoco» e che il trasporto non può essere fatto al di fuori dei giorni prestabiliti. Mi chiede anche con chi ho parlato… Cos’è? Il danno e la beffa?
A quel punto gli domando perché – visto che si è trattato di un equivoco e che lui se n’era accorto – non mi abbia avvisato, dandomi modo di arrangiarmi o almeno di provarci, per far si che mio figlio potesse andare a scuola; è rimasto in silenzio. Ma perché, poi, comportarsi così, se esistono delle regole precise? In ogni caso ho ringraziato educatamente, ho salutato e poi ho subito chiamato la scuola per avvisare che mio figlio non sarebbe andato.

Vale la pena aggiungere qualche altro commento? Forse è meglio ricordare ancora che lo scorso anno si erano “dimenticati” di venire a prendere mio figlio per tre volte al pomeriggio o che un’altra volta non avevano effettuato un trasporto, pur avendolo assicurato, obbligando così l’educatrice e la coordinatrice ad arrangiarsi con mezzi di fortuna. O anche che non serve comunicare in anticipo i giorni in cui – per visite mediche o terapie – il bambino sarà assente, «perché, signora, io lo scrivo su un foglio ma poi il foglio va perso», o che infine, ogni volta, ricevo delle spiegazioni in base alle “condizioni climatiche” piuttosto che alla competenza che dovrebbe contraddistinguere chi si occupa di trasportare persone con disabilità. Persone. Non pacchi!
In tutta Italia, dunque, sembra si seguano regole precise. Qui da noi, invece, “si recita a soggetto”, a spese di un bambino di quattro anni.

*Portavoce del Gruppo Genitori Tosti.

Share the Post: