Un anno senza Antonio Giuseppe Malafarina, ma con il suo sorriso e le sue parole

Difficile da pensare, ma ieri, 11 febbraio, è già passato un anno da quando abbiamo perso Antonio Giuseppe Malafarina, direttore responsabile di Superando dagli inizi del 2023, bravo giornalista, ma anche poeta e soprattutto Persona con la P maiuscola, che salutava sempre con un sorriso
Antonio Giuseppe Malafarina
Antonio Giuseppe Malafarina

Sembra quasi fantascienza pensare che ieri, 11 febbraio, sia già passato un anno da quando abbiamo perso Antonio Giuseppe Malafarina, direttore responsabile di Superando dagli inizi del 2023, ma soprattutto Persona cara e amica di chi scrive.
Antonio era un bravo giornalista, ma anche un poeta e soprattutto una Persona con la P maiuscola. Era stato bello, alla fine del 2022, proporgli a nome del nostro editore la carica di direttore responsabile del giornale e sentirlo accettare con «emozione decisamente intensa», come aveva scritto nel suo editoriale di presentazione. Aveva chiuso in tal modo un cerchio ideale con Franco Bomprezzi, nostro direttore responsabile per dieci anni, fino alla sua scomparsa nel 2014, e che Antonio aveva sempre riconosciuto apertamente come il suo maestro di giornalismo e di vita.
Negli ultimi suoi mesi di vita era riuscito a fornire un contributo sostanziale alla chiusura della guida Comunicare la Disabilità. Prima la persona, progetto da lui fortemente voluto, insieme ad alcuni colleghi e amici, e ben volentieri accolto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, per promuovere una comunicazione adeguata e rispettosa delle persone con disabilità negli organni d’informazione.
Di quella guida e altro parla Alessandro Cannavò, nel contributo pubblicato da InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it», che con grande piacere riprendiamo qui di seguito.
Da parte nostra, oltre a tenere sempre nella mente e nel cuore il sorriso con cui Antonio chiudeva ogni sua comunicazione, lo faremo anche con i versi del Muro liberato, grazie ai quali aveva arricchito il murale dedicato proprio a Franco Bomprezzi al Parco della Chiesa Rossa di Milano: Muri / proteggono / delimitano / isolano. / Minacciosi / placidi / rassicuranti / fieri / giovani e consunti / variopinti e anonimi / demoliti / supponenti ed eleganti / altezzosi, smarriti / poveri e agonizzanti. / Disteso / lungo il parco della Chiesa Rossa / narra / di musica e persone / culture e storia / un murale aggrappato a una parete / come l’esistenza / appesa all’umanità.
Anche un anno dopo, Antonio, grazie di tutto, e permettimi di dirtelo: un sorriso,
(Stefano Borgato)

Antonio Giuseppe Malafarina, un anno dopo il ricordo è pieno di progetti
di Alessandro Cannavò*

Quando qualcuno calerà il sipario / uscirò dalla vita di ognuno/
oh, sì, ne uscirò dalla porta maestra / quella per cui sono entrato/
sommessamente / silenziosamente / e non suonando/ rombando/ tuonando grancasse/
ma facendo lo stesso casino / restandovi dentro.

Un anno senza Antonio Giuseppe Malafarina. Il suo corpo totalmente paralizzato che “dialogava” con la sua mente sempre in viaggio tra mille idee, pensieri, proposte, provocazioni. La forza delle parole. Come quelle delle sue poesie, di cui qui sopra abbiamo riportato alcuni versi da Quando qualcuno calerà il sipario. Ma anche il peso delle parole, di cui era cosciente come giornalista, al punto da voler redigere, insieme a Claudio Arrigoni, una guida al linguaggio corretto sulla disabilità.
Ieri, 11 febbraio, l’omaggio ad Antonio è partito da qui in una giornata ricca di contenuti, organizzata da Simone Fanti, vicepresidente del Premio Bomprezzi-Capulli, insieme con la Fondazione Mantovani Castorina [Antonio Giuseppe Malafarina era presidente onorario di quest’ultima, N.d.R.]. Una giornata non solo di ricordi, ma con un piglio costruttivo attorno a una delle sfide, quella del linguaggio, che anche noi di InVisibili riteniamo di fondamentale importanza per smontare pregiudizi e favorire una svolta culturale sulla disabilità.
Ne hanno parlato, oltre ad Arrigoni, Martina Fuga, presidente di Coordown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), con la portavoce Marta Sodano; Eliana Liotta, direttrice del magazine «BenEssere»; e Fortunato Nicoletti, vicepresidente della Consulta per i Diritti delle Persone con Disabilità di Milano.
Come esprimersi nel modo corretto, usando i termini “giusti”, della disabilità? Un esercizio che richiede attenzione e umiltà. «Questa è la ragione per cui con Antonio scrivemmo il libro – spiega Arrigoni -. Ma attenzione, si tratta di un work in progress, così come è impensabile oggi che si parli di handicappati, termine in voga alcuni decenni fa, l’attuale definizione di persona con disabilità in futuro sarà sicuramente soggetta ad altre evoluzioni».
Eliana Liotta ha ricordato il suo incontro con Antonio per il rinnovo (a partire dal titolo) della sua rubrica che teneva già da tempo sul magazine. «Un incontro che purtroppo non ha avuto seguito perché Antonio è mancato alla vigilia dell’uscita del suo articolo per il quale gli avevo chiesto di trattare proprio il tema del linguaggio. E il suo insegnamento mi ha aperto la mente, mi ha cambiato la vita».
Martina Fuga ha raccontato la rivoluzione nella comunicazione della disabilità attuata da CoorDown, nata come una piccola associazione milanese alla quale si sono associate realtà simili di tutta Italia e che poi è diventato un esempio internazionale nel campo della sindrome di Down e più in generale delle disabilità intellettive. Ogni 21 marzo, Giornata Mondiale della Sindrome di Down, Coordown presenta un video spiazzante per il taglio innovativo, talvolta provocatorio, che sa smuovere le nostre sensibilità. «Abbiamo voluto eliminare subito ogni aspetto pietistico o medico assistenziale, ma anche un certo paternalismo: dunque niente testimonial famosi a sostenere una causa. Inoltre cerchiamo di evitare anche l’idea del super eroe, cioè di chi ce la fa ad affermarsi malgrado la disabilità. Le nostre sono storie di persone con la sindrome di Down che si battono in prima persona per il diritto a una vita normale, di pari opportunità».
Quanto ribadito da Marta Sodano, che nel 2019 ebbe la possibilità di presentare questi concetti a un’Assemblea dell’ONU. Marta lavora da anni nell’amministrazione di un’azienda, posto di lavoro conquistato grazie alle sue abilità e competenze. «Ci sono parole, espressioni o considerazioni che ancora mi feriscono. Ci battiamo per la nostra autonomia e per affermare la nostra volontà in ogni aspetto della vita, dal lavoro al sesso. Eppure mi sento ancora domandare: ma il tuo ragazzo è come te? Io davanti a questa domanda sarei tentata di pensare che mi chiedono se il mio ragazzo ha le mie stesse passioni, i miei stessi obiettivi. E invece la curiosità riguarda sempre la mia condizione di disabilità».
Fortunato Nicoletti ha riflettuto su come concretare nella vita quotidiana di una grande città i diritti delle persone con disabilità. «Se Milano può essere considerata avanti rispetto ad altre realtà urbane per la presenza di una Consulta, dobbiamo ammettere che questa città deve fare ancora molti passi avanti per quanto riguarda l’accessibilità. Un termine che per altro si è evoluto nel tempo: oggi accessibilità non vuol dire soltanto sostituire una scala con una rampa. Ora l’occasione da non perdere sono i Giochi Invernali Olimpici e Paralimpici. In termini di linguaggio e di cambiamenti concreti». «Lo sport, come l’arte, è da sempre un mezzo efficace per il cambiamento», ha ripreso Arrigoni.
Le mille sfaccettature della personalità e del talento di Antonio sono state poi ricordate da Roberta Curia, coordinatrice del Festival delle Abilità, di cui Antonio era una delle menti creative;  l’architetto e designer Giulio Ceppi, con il quale Antonio aveva fondato la società Diwergo, che era riuscita a ottenre una preziosa collaborazione con Alessi per riportare in alcuni oggetti domestici i famosi aforismi di Malafarina («Il piatto è il più democratico, mette tutti sullo stesso piano», «L’inclusione è una parola magica: quando c’è, sparisce»); Angelo Mantovani, padre della Fondazione Mantovani Castorina, che da medico ha ricordato il salvataggio di Antonio (dopo l’incidente che aveva avuto  a 18 anni), con un intervento che gli permise di respirare autonomamente; Milton Fernandez, direttore artistico a Milano del Festival della Letteratura e del Festival Internazionale di Poesia, che davanti al padre commosso, Bruno Malafarina, ha letto con intensità alcuni componimenti di Antonio, e ha parlato del premio alla poesia nel suo nome, che verrà lanciato quest’anno nella Giornata Mondiale del 21 marzo.
Si è parlato anche di tecnologia in questo primo anniversario così pieno di affetto ma anche di idee per il futuro, grazie alla Fondazione ASPHI, che ha presentato un nuovo sistema di interpretazione e “traduzione” delle voci disartriche.
E alla fine si è brindato con il vino di Eleonora Bianchi, fondatrice di Terre di d’Aenor, giovane etichetta di coltivazione biologica della Franciacorta. Perché, come scriveva sempre Antonio, si deve sempre chiudere con “un sorriso”.

*Il presente contributo di Alessandro Cannavò è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» e viene qui ripreso per gentile concessione.

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