Il Forum Europeo sulla Disabilità ha pubblicato un “Documento di sintesi sugli stereotipi di genere nei confronti delle donne con disabilità”, all’interno del quale vengono illustrati gli esempi degli stereotipi e dei falsi miti più comuni che le donne e le ragazze con disabilità affrontano ogni giorno e ovunque, e vengono proposte anche delle raccomandazioni per contrastarli ed eliminarli in modo efficace
«A causa di miti, stereotipi e scarsa conoscenza della disabilità, le donne e le ragazze con disabilità subiscono trattamenti discriminatori e abusi che colpiscono in particolar modo la loro salute e i loro diritti sessuali e riproduttivi, con conseguenze importanti e talvolta irreparabili sulle loro vite», è scritto nella nuova pubblicazione dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, dal titolo EDF position paper on gender stereotypes against women with disabilities, ovvero: “Documento di sintesi dell’EDF sugli stereotipi di genere nei confronti delle donne con disabilità” (la versione originale in inglese è disponibile a questo link, mentre quella in italiano, prodotta in modo automatico e dunque non verificata, è a quest’altro link).
Nel documento vengono illustrati gli esempi degli stereotipi e dei falsi miti più comuni che le donne e le ragazze con disabilità affrontano ogni giorno e ovunque, e vengono proposte delle raccomandazioni per contrastarli ed eliminarli in modo efficace.
Le donne e le ragazze con disabilità costituiscono il 29,2% della popolazione femminile nell’Unione Europea e circa il 60% della popolazione complessiva di 100 milioni di persone con disabilità in Europa.
In particolare nel testo vengono illustrati gli stereotipi di seguito elencati.
Le donne con disabilità non sono in grado di prendersi cura dei figli e dei parenti: sebbene i dati mostrino che nell’Unione Europea, il 28% delle donne con disabilità si prende cura ed educa i propri figli o nipoti, anziani o persone con disabilità, ogni giorno, rispetto al 20% degli uomini con disabilità, al 26% degli uomini senza disabilità e al 40% delle donne senza disabilità.
Le donne con disabilità non possono avere figli e/o costituisce il loro “miglior interesse” non averne: su questo aspetto il Forum Europeo sulla Disabilità, tra le altre cose, chiarisce che nessuna decisione può essere presa sulla base del principio del “miglior interesse”, che le donne con disabilità hanno diritti come tutte le altre persone e che la decisione sulla propria vita e sul proprio corpo può avvenire solo con il loro consenso libero e informato. Ma, nonostante ciò, spesso esse continuano a subire molte forme di coercizione riproduttiva (sterilizzazione forzata, contraccezione, aborto, gestione delle mestruazioni, nonché altre procedure mediche eseguite senza il loro consenso libero e informato).
Le donne e le ragazze con disabilità non hanno bisogno di educazione sessuale, non sono sessualmente attive e le altre persone devono controllare la loro sessualità e fertilità in quanto non sono ritenute in grado di prendere le decisioni giuste per se stesse: riguardo a questo stereotipo, si osserva che vi è una generale mancanza di consapevolezza, informazione, educazione e formazione, rivolta alle donne e alle ragazze con disabilità, alle loro famiglie e ai/alle professionisti/e dei settori sanitario, educativo e giuridico. I servizi per la salute sessuale e riproduttiva, compresi quelli di ginecologia e ostetricia, spesso non sono accessibili e non vengono forniti o vengono forniti pochissimi dispositivi di supporto tecnico e assistenza personale per garantire il rispetto della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi. Di conseguenza, le donne e le ragazze con disabilità sono più a rischio di sfruttamento sessuale, violenza, gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili.
Le donne e le ragazze con disabilità non hanno bisogno di un’istruzione generale: spesso esse continuano a essere viste come persone “malate” o come “persone che non saranno in grado di raggiungere l’età adulta” (si tratta del cosiddetto mito dell’eterno bambino). Per questo motivo, potrebbero avere meno accesso all’istruzione e, nel caso della scuola dell’obbligo, frequentano solo i livelli inferiori. In tutto il mondo, le ragazze e le giovani donne con disabilità soffrono di esclusione e discriminazione nell’ambiente scolastico.
Le donne e le ragazze con disabilità non sono testimoni affidabili: molte donne e ragazze con disabilità vengono ignorate dalla polizia, dal sistema di giustizia penale e da altri servizi di supporto, quando denunciano violenze sessuali e abusi, soprattutto a causa della loro disabilità. Inoltre, devono affrontare barriere per accedere alla giustizia e spesso gli operatori non si fidano di loro quando denunciano un caso.
Queste situazioni si perpetuano a causa di molti stereotipi, tra cui il mito che le donne con disabilità, soprattutto quelle con disabilità intellettiva, siano asessuate o che le donne con disabilità psicosociale siano ipersessuate, la qual cosa le rende testimoni non affidabili. Ci sono diversi casi di donne e ragazze con disabilità a cui è stato negato l’accesso alla giustizia e che continuano ad affrontare barriere. Una donna con autismo e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) ha riferito di essere stata considerata “una testimone non affidabile”, e una donna cieca ha riferito che le ripetute aggressioni sessuali sono state archiviate perché non poteva “identificare i suoi autori”.
È meglio per le donne e le ragazze con disabilità vivere in istituti residenziali: questo stereotipo fa sì che spesso le donne e le ragazze con disabilità, in particolare quelle con disabilità intellettive e psicosociali, non abbiano altra scelta che vivere in istituti residenziali a causa della mancanza di sostegno per una vita indipendente e comunitaria. Questo le espone a un rischio maggiore di numerose forme di violenza. I contesti istituzionali possono infatti contribuire a creare circostanze che portano a violenze e abusi a causa di fattori quali l’isolamento geografico, le asimmetrie di potere e le difficoltà per le vittime di cercare e ottenere aiuto esterno. Queste condizioni possono appunto portare a violenze e abusi che non solo sono più frequenti, ma anche più difficili da identificare, denunciare e sanzionare, favorendo così un contesto di impunità per gli aggressori.
Le donne e le ragazze con disabilità sono meno adatte e meno produttive in certi tipi di lavoro: i ruoli di genere tradizionali spesso prevedono che le donne assumano responsabilità di assistenza o domestiche, il che a volte è visto come un ostacolo all’avanzamento di carriera, oppure compromette la loro possibilità di entrare nel mercato del lavoro aperto e accedere a lavori altamente qualificati. Se combinato con la disabilità, questo può aggravare i pregiudizi, in quanto le donne con disabilità possono essere viste come meno “adatte” a lavori di alto livello o ben retribuiti, oppure possono dover affrontare il pregiudizio di essere troppo dipendenti o troppo difficili da accogliere sul posto di lavoro.
Al contrario, le donne e le ragazze con disabilità possono eccellere in una varietà di lavori, proprio come chiunque altro, ogniqualvolta i loro diritti e requisiti siano rispettati e, se necessario, siano predisposti gli opportuni accomodamenti ragionevoli e l’accessibilità.
Le donne e le ragazze con disabilità non possono essere leader: le donne e le ragazze con disabilità, in particolare quelle con disabilità psicosociali e intellettive, incontrano molti ostacoli per essere riconosciute come leader. Questo stereotipo deriva da una combinazione di abilismo e pregiudizi di genere. La società spesso percepisce la leadership come un requisito che richiede capacità fisiche o intellettuali che escludono le persone con disabilità. Inoltre, c’è una lunga storia di sottovalutazione delle capacità di leadership delle donne, soprattutto nella sfera pubblica e politica. Le norme culturali spesso limitano anche i ruoli delle donne ai compiti di cura o domestici, allontanandole ulteriormente dalle posizioni di leadership e quindi impedendo loro di avere una carriera in politica, sul posto di lavoro o nella loro comunità. La rappresentazione dei media spesso rafforza questi pregiudizi, dipingendo le donne con disabilità come dipendenti o passive.
Le donne e le ragazze con disabilità psicosociali sono violente e imprevedibili: le donne e le ragazze con disabilità psicosociali affrontano lo stereotipo di non essere affidabili e di non poter avere un lavoro come tutti gli altri. Alcune persone pensano anche che se hanno una crisi, devono essere istituzionalizzate con la forza. Inoltre, le donne e le ragazze con disabilità psicosociali che subiscono violenze, anche da parte di familiari, non ricevono lo stesso sostegno riservato alle altre donne in situazioni simili. Ad esempio, alcune organizzazioni riferiscono che le donne con disabilità psicosociali vittime di reati, compresa la violenza, non beneficiano delle Case rifugio e dei servizi di sostegno predisposti per le donne e le ragazze vittime di violenza di genere.
Infine, a causa di questo stereotipo, le donne e le ragazze con disabilità vengono spesso private della possibilità di crescere i propri figli, se il giudice deve prendere una decisione in merito. Ma lo stereotipo secondo cui le donne e le ragazze con disabilità psicosociali sono violente e imprevedibili è falso, stigmatizzante e discriminatorio.
Riguardo ai suggerimenti per contrastare tutti questi stereotipi, che qui abbiamo ricordiamo solo in modo sintetico, è proposto: che vengano garantite inclusione e leadership significative delle donne e delle ragazze con disabilità nei processi decisionali; interventi di sensibilizzazione inclusiva; collaborazione intersettoriale tra le organizzazioni di persone con disabilità e quelle delle donne, ma anche con governi, società civile, sindacati e imprese; servizi per la salute sessuale e riproduttiva inclusivi; implementazione della formazione obbligatoria e sensibilizzazione di tutti gli operatori/trici sanitari, gli educatori/trici, le forze dell’ordine, gli/le assistenti sociali e tutti i fornitori e i/le professionisti/e che lavorano a stretto contatto con le donne e le ragazze con disabilità; protezione giuridica e accesso alla giustizia effettivi; transizione dai contesti istituzionali a una vita indipendente e basata sulla comunità; rappresentanza nell’occupazione e nella leadership; statistiche disaggregate per disabilità e genere in tutti i settori, in modo da evidenziare le disparità di trattamento sul campo. (Simona Lancioni)
Si ringrazia Andrea Pancaldi per la segnalazione.
Il presente approfondimento è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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