Più di cento bambini e bambine dai 3 ai 5 anni di una Scuola dell’Infanzia nella Città Metropolitana di Torino: li hanno incontrati Angela Trevisan e Rosalia Marini, in rappresentanza dell’Associazione ANPVI, e questo è il racconto di quelle due ore, letteralmente volate in compagnia dei piccoli amici, «a toccare con mano – come scrive Angela Trevisan – che si ottiene molto di più da loro che dai grandi»
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Se il vostro desiderio è quello di sentir parlare di un incontro carico di insegnamenti, ma che allo stesso tempo testimonia una volta di più che l’ingrediente fondamentale per comprendere tante cose nella vita è l’ingenuità, direi che questo è l’articolo che fa per voi.
Il 7 febbraio scorso, la sottoscritta [Angela Trevisan] e Rosalia Marini, si sono recate, in rappresentanza dell’ANPVI di Torino (Associazione Nazionale Privi della Vista ed Ipovedenti), presso la Scuola dell’Infanzia Vittorio Ferrero di Leini (Torino). Lo scopo era un incontro di sensibilizzazione alla disabilità visiva e motoria con i bambini di tale scuola. L’emozione era tanta da parte di entrambe. Anche noi ci sentivamo un po’come al primo giorno di scuola.
Per l’occasione erano presenti più di cento bambini, nella fascia di età dai 3 ai 5 anni. Ho provato un’emozione particolare, proprio perché era la prima volta in cui mi sono trovata a rapportarmi con dei bimbi così piccoli e numerosi. Ero proprio io la capofila del progetto, con la responsabilità di riferirlo in modo adeguato alle maestre e di catturare l’attenzione di così tanti bambini.
Confesso inoltre che, prima di recarmi a vivere tale esperienza, nel mio cuore regnavano una certa perplessità e reticenza, ciò che era dovuto innanzitutto all’età dei bambini; essendo così piccoli, infatti, mi chiedevo se mi avrebbero seguita e compresa. Come sempre, però, in me hanno prevalso la voglia di fare e l’entusiasmo di vivere una nuova avventura.
Come poteva essere comprensibile, inizialmente regnavano sovrani la confusione, il caos e rumori di ogni genere. Poco a poco, però, quasi come per incanto, è calato il silenzio e sono riuscita a catturare l’attenzione dei bambini. I miei nuovi piccoli amici erano veramente interessati a me ed affascinati da quanto stavo facendo scoprire loro. Sembravano proprio come degli astronauti alla scoperta di un nuovo mondo a loro assolutamente sconosciuto.
L’incontro è iniziato con una piccola presentazione dei bambini da parte delle maestre. Nei giorni precedenti, infatti, avevano parlato con loro di diversità e che cosa si intende con tale termine. Occorre infatti ricordare che la scelta del 7 febbraio non è stata casuale, giacché era la Giornata dei Calzini Spaiati [se ne legga già ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.], come simbolo di diversità. Tale iniziativa è nata appunto per promuovere i valori fondamentali dell’inclusione, dell’accettazione e del rispetto delle differenze. E proprio per testimoniarne il senso, tutti i bimbi presenti indossavano un calzino diverso dall’altro.
Dopo di che sono stati mostrati ai bambini dei video di danza in carrozzina nei quali ero presente anch’io che ballavo con il mio gruppo Le Ruote Danzanti. Inutile dire che lo stupore da parte dei piccini e non, era davvero molto tangibile. I nostri piccoli amici hanno iniziato a sciogliersi e a raccontare della loro passione per la danza. Molti di loro, soprattutto le femminucce, amano danzare e l’hanno definita proprio la loro più grande passione. Erano davvero sorpresi che anch’io riuscissi a svolgere questa attività, ma con molta tenerezza mi hanno detto che non volevano che rimanessi sempre su quella sedia con le ruote. Continuavano a chiedermi se non potessi proprio camminare con le mie gambe, se non lasciavo mai quella sedia. Ho spiegato loro che le mie gambe non funzionano e che purtroppo non riesco a camminare. Usare tale sedia speciale, è il solo modo che ho per muovermi. Loro continuavano a ripetermi che non è giusto, che volevano fare una passeggiata con me. Vedendoli così preoccupati, ho cominciato a raccontare delle tante esperienze che vivo ogni giorno.
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I bimbi mi hanno fatto, in modo assolutamente disinvolto e spontaneo, altre domande come «Vai al cinema anche se non vedi?», «Vai al ristorante?», «Pratichi altri sport?», «Cosa ti piace fare?». Confesso che la mia testa era decisamente appesantita dalle loro tante richieste, ma con gioia cercavo di rispondere a tutto ciò che mi chiedevano, riservando loro l’attenzione che meritavano. La loro preoccupazione rimaneva comunque quella di sapere se tutte queste attività venivano svolte da me sempre con la sedia a rotelle oppure no. Naturalmente si auguravano che dicessi loro che le svolgevo in piedi e camminando. Chiunque di voi mi conosce anche solo superficialmente per la mia grande sensibilità, può immaginare quanto mi sia commossa e quante lacrime di gioia mi abbiano suscitato i bambini con tali curiosità e preoccupazioni.
Quando ho raccontato loro che in acqua cammino da sola e senza paura, lo stupore dei nostri piccoli amici è stato tale da consigliarmi di diventare un pesciolino per poter vivere sempre in acqua.
Inoltre, mi hanno chiesto come faccio a dormire. Mi sono molto stupita di una domanda di questo genere e ho risposto loro che vado a letto, proprio come tutte le persone di questo mondo. Loro però mi hanno fatto un’osservazione molto più specifica: siccome tengo spesso gli occhi chiusi anche di giorno, si chiedevano se di notte li chiudo di più. Ho spiegato ai miei piccoli amici che, visto che i miei occhi non funzionano da quando sono nata, mi viene spontaneo tenerli chiusi spesso anche di giorno. Di notte mi comporto allo stesso modo.
Naturalmente non sono mancate domande sui colori e su come li percepisco. Ho spiegato loro che li associo alle sensazioni di caldo e freddo, basandomi su quanto mi è stato raccontato dai vedenti a proposito del colore differente dei vari oggetti. Ad esempio, il fuoco è caldo e rosso, quindi il rosso è un colore caldo. La neve è bianca e fredda, quindi il bianco è freddo. Mi hanno anche chiesto se sogno a colori o in bianco e nero e ho spiegato che nei sogni do una maggior importanza ai suoni, ai rumori e agli odori, rispetto ai colori. Ho colto l’occasione, infatti, per spiegare loro che chi non vede dalla nascita non riesce molto ad immaginarsi i colori, mentre invece chi ha perso la vista ad una certa età, mantiene vivo il ricordo delle forme e dei colori delle differenti immagini ed oggetti, come se li avesse lì presenti e li stesse guardando in quel momento.
I bimbi mi hanno anche chiesto di fare un girotondo e di ballare tutti insieme. Il bello è che tutto è nato spontaneamente, tra tutti i presenti si è creato un bel dialogo. Non credo di avere mai avuto tanti cavalieri pronti a ballare con me. Tutti volevano tenermi la mano e starmi vicini. Ho dovuto ricordare loro che di mani ne ho solo due e non cento, quanti erano loro. Avrei voluto dire di sì a tutti, ma non mi è stato possibile. Ad un certo punto ho avuto il timore di essere travolta e che mi buttassero giù, tanto era il loro entusiasmo di stare con me. Uno dei miei piccoli amici si è adeguato a stare dietro alla carrozzina, giacché non poteva stringermi la mano. Erano numerose da parte loro frasi del tipo: «Angela ti amo», «Angela sei una grande», «Angela ti voglio bene».
Sicuramente non stenterete a credere che il punto forte dell’incontro è stato quando Milly, la mia dolcissima labrador, ha eseguito i miei comandi portandomi la bottiglia, il cellulare, i guanti, il cappello e le chiavi. Nonostante la grande confusione che regnava in quella palestra, Milly non ha quasi mai sbagliato. Si è dimostrata veramente attenta alle mie esigenze e capace nel suo lavoro. Ha fatto un solo errore, quando, anziché portare le chiavi, ha portato la bottiglia. I nostri piccoli amici, però, sono stati subito pronti a giustificarla, dicendo che di sicuro Milly aveva sbagliato per la tanta confusione che loro stavano facendo. Sostenevano infatti di avere avuto la prova che quanto le maestre ripetevano loro tutti i giorni, e cioè che se si fossero distratti, di conseguenza avrebbero sbagliato, era proprio vero. Questo errore mi ha offerto anche lo spunto per spiegare che tutti possiamo sbagliare e che è importante andare a scuola per imparare. Ho infatti raccontato che anche la mia amica a quattro zampe è più di un anno che va a scuola per apprendere come diventare il mio cane di assistenza, cioè per imparare ad aiutarmi al meglio, facendomi da occhi, da gambe e da braccia. Tra noi è nata una sintonia particolare: infatti, mentre lavoravamo insieme, spesso mi saliva in braccio riempiendomi di bacini. Non vi dico quanti applausi ha ricevuto Milly durante quella mattina, soprattutto quando portava correttamente gli oggetti richiesti. L’entusiasmo da parte dei bimbi era alle stelle, al punto che molti di loro, le hanno dato dei comandi semplici, quali “seduta!”, “terra!”. Naturalmente ogni volta in cui Milly eseguiva correttamente il comando richiesto, beneficiava di crocchette per premio.
Milly ha donato bacini a tutti i bimbi presenti, facendo conoscere loro quanto sia dolce e affettuosa.
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A tutti i bimbi sono stati consegnati i loro nomi scritti in Braille. Dato il numero elevato di bambini presenti, erano già stati preparati in precedenza, dividendoli per classi e scrivendo anche quelli delle maestre. Nel corso dell’incontro, infatti, tutte le insegnanti sono rimaste presenti, dimostrando tanto interesse e sensibilità. Numerosi bambini hanno provato a toccare il loro nome, non capacitandosi del fatto che quei puntini per loro magici e privi di senso, in realtà per me avessero un significato ben preciso.
A questo punto i bimbi più piccoli ci hanno salutato e sono tornati nelle loro classi. Sono rimasti solo quelli dell’ultimo anno. Ho spiegato loro come faccio a scrivere e leggere in Braille e i princìpi base di tale alfabeto. Per loro era tutto un mondo da scoprire. Hanno provato a scrivere sia con la Dattilobraille che con la tavoletta e il punteruolo. Dopo di che hanno provato a disegnare come un non vedente grazie al piano di gomma. Mi hanno creato tanti cuori, fiori e case, dicendomi ancora una volta quanto mi volevano bene.
Prima di chiudere l’incontro, da un bimbo è arrivata un’osservazione veramente sorprendente. Ha assicurato che la prossima volta in cui suo padre parcheggerà la macchina in un posto per le persone come me, lui mi penserà e sgriderà il papà.
Le due ore sono volate in compagnia dei piccoli amici. Ero molto stanca, ma estremamente soddisfatta. Il mio cuore era colmo di gioia. Mi sono ricreduta sull’importanza di organizzare questi incontri anche con i più piccoli, avendo toccato con mano che si ottiene molto di più da loro che dai grandi. Naturalmente sarebbero gli adulti ad avere maggior bisogno di essere formati ed educati in tal senso. Insegnando ai piccoli, che sono il nostro futuro, si ha la speranza che comprendano e che contribuiscano a rendere questo mondo migliore. Insomma, se tornassimo tutti un po’ bambini, con la loro spontaneità e ingenuità, certamente non penseremmo alle guerre e regnerebbero valori quali l’amore, la solidarietà, l’amicizia e la fratellanza.
Ringrazio sentitamente l’ANPVI per avermi offerto questa opportunità e per la fiducia riposta in me. Un sentito grazie anche alle maestre e a tutto il corpo dirigente del Vittorio Ferrero per l’attenzione riservata al nostro progetto e per l’accoglienza ricevuta.
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